ENOGASTRONOMIA

Dal “pane mattone”, progenitore del pan carrè, alla magia del “tramezzino” torinese

TORINO. Chi lo chiama sandwich, chi lo chiama panino, chi lo chiama sanguiss, alla piemontese. Ma non confondiamolo con il tramezzino, vi prego. Già il tramezzino, termine italianissimo forgiato nel ventennio fascista (quando le parole esotiche erano assolutamente bandite) nientepopodimeno che dal Vate supremo, il sommo poeta Gabriele D’Annunzio.

Il sandwich, in effetti, è un’altra cosa. Ha la stessa impronta “nobile” e sofisticata del tramezzino, ma vanta chiare origini anglosassoni: il nome deriva da John Montagu, IV conte di Sandwich (1718 | 1792), che fu un militare, ammiraglio e diplomatico britannico. Il lord inglese era talmente coinvolto nei suoi impegni professionali, da non riuscire quasi mai a trovare il tempo per un pranzo o per una cena tradizionale. Continuava per ore a lavorare alla sua scrivania, dimenticandosi spesso persino di alimentarsi. Proprio quando non gli era più possibile controllare gli stimoli dell’appetito, allora chiedeva ai suoi domestici di servirgli del roast-beef  tagliato sottile, interposto tra due fettine di pane (assolutamente senza crosta), leggermente spalmate di burro salato. In realtà non è vero che il conte di Sandwich non si concedesse mai dei rigeneranti momenti di svago (era un accanito giocatore di carte). Neppure possiamo pensare che non mettesse mai le sue gambe sotto a un tavolo imbandito, ma si sa come vanno le cose: spesso sono proprio gli aneddoti un po’ artefatti e curiosi che fanno presa sulla fantasia della gente, e diventano consolidate leggende.

Il panino e il sanguiss (versione piemontese del panino) ha invece un aspetto completamente diverso: è molto più rustico, più famigliare e alla buona. Intanto, conserva la crosta del pane utilizzato. E poi è variegato sia nell’involucro che nel ripieno: biovette, rosette, michette, paesane, bastoni e pagnotte, tutte vanno bene, purché vengano tagliate a metà e farcite di ogni ben di Dio, lasciando libero sfogo alla fantasia del “farcitore”. Salame, pancetta, prosciutto cotto o crudo, arrosto, tonno, carciofini, gorgonzola, burro, acciughe: chi più ne ha più ne metta.

Lo storico Caffè Mulassano dove nacque nel 1926 il primo tramezzino

Il “tramezzino” torinese, per certi versi, ha delle similitudini con il suo progenitore inglese, il sandwich, quello inventato dell’omonimo lord, che esigeva companatici delicati tra due fette di pane al latte, soffice e senza crosta. Ma se ne distingue per l’aspetto e il contenuto. Stessa nobiltà dunque, ma al gusto snob del sofisticato conte di Sandwich, il “tramezzino” aggiunge la fantasia e la ricchezza degli italici sapori, di terra e di mare. Il caffè Mulassano di piazza Castello, a Torino, vanta la primogenitura dell’autentico “tramezzino”, che il Vate chiamò così per sottolineare che in quel delizioso panino, tra due delicate fette di pane, si nascondeva (anzi: prorompeva) un “intramezzo” di ghiottissimo ripieno.  Una targa all’interno dello storico locale recita così: “Nel 1926, la signora Angela Demichelis Nebiolo, qui inventò il tramezzino”.

C’è un altro particolare curioso che rende più peculiare, e ne conferma la piemontesità, il pane specificatamente utilizzato per il tramezzino. Quel pane è chiamato pan carré. Pane quadrato, appunto. Sapete perché?

Sul finire del quattordicesimo secolo, Amedeo VIII di Savoia obbligò i panificatori dello stato a produrre un particolare tipo di pane per i boia. Esistevano infatti formati specifici di pane per i medici, per i parroci, per i contadini (le paisan-e), per i militari (le munission), ecc. Ma non esisteva il pane per i boia. Nessun fornaio voleva produrre il pane per chi con la scure tagliava la testa alla gente, sia pure ai delinquenti e agli assassini. Era una tipologia di clientela che nessuno voleva servire. Del resto è facile comprendere come dai boia il popolo volesse tenersi ben bene alla larga. Ma anche i boia avevano diritto ad un pezzo di pane. Nel suo editto, Amedeo fu perentorio: «O accettate il boia come cliente o diventerete clienti del boia». Alcuni panificatori non si diedero per vinti e cominciarono a servire il pane capovolto ai carnefici, per scaramanzia. Di fronte all’intransigenza del duca, i panettieri si ingegnarono a produrre un pane a forma di mattone (quadrato, appunto) in modo da poter essere consegnato al contrario senza che nessuno avesse di che lamentarsi.

Fu l’origine del pan carré, che venne poi utilizzato per confezionare i “tramezzini”. Segreto e magia di una tartina double face, dal contenuto debordante e invitante: prosciutto e funghi, speck e brie, toma di Lanzo, insalata russa, tonno, mortadella, porchetta e zucchine, polpa di granchio, carciofini … sono davvero infinite le varianti di farcitura di questa specialità torinese dalle lontane origini anglosassoni.

Sergio Donna

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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