L’incredibile storia dei Bastian Contrario, fra banditismo e nobiltà subalpina
Al confine tra Piemonte e Repubblica di Genova durante la guerra del 1672 è esistito un personaggio, nobilitato dal romanzo storico breve dello scrittore Luigi Gramegna (1846 – 1928), che spesso è citato nel quotidiano, soprattutto tra i piemontesi, parlando di persona che contraddice per sistema e polemizza: Bastian Contrario.
La descrizione (un bandito piemontese del Seicento, ribelle alle prepotenze ed ai soprusi dei nobili che mortificavano e umiliavano il popolo e dal popolo guardato con simpatia, fa subito immaginare) la personalità di quest’uomo, nominato una sola volta nel memoriale, o diario autografo del duca Carlo Emanuele II, il quale ne parla come di “suddito bandito catalogato” del Piemonte, perché autore di una scorreria nei territori genovesi, anche se è risaputo che il duca, pur d’impadronirsi della Repubblica di Genova, non esitò a ricorrere a macchinazioni e complotti.
Lo scrittore novarese Luigi Gramegna descrive, all’interno del suo romanzo storico Bastian Contrario. Un bandito piemontese del XVII secolo, pubblicato per la prima volta in volume nel 1945 da Viglongo con illustrazioni a colori di Ugo Garcia, questo bandito che si colloca nel ciclo degli avvenimenti della storia sabauda.
Il testo, inserito in un un contesto storico corretto, il 1665, è arricchito anche da fatti di fantasia. Sebastiano Contrario, il “bel Bastiano”, è un maresciallo dei corazzieri ducali di soli 24 anni, ma capace di uccidere, dopo una grave provocazione, Ugo di Valgemma, fratello di Lidia, una nobile che Bastiano ama, ricambiato. A seguito dell’uccisione
il giovane diventa capo di una gruppo di banditi-gentiluomini, divenendo presto popolare, compiendo furti ecclatanti in cui si fa beffa della polizia.
Sul letto di morte della madre, assistita dall’amata Lidia fattasi suora, Bastiano promette di costituirsi, ma, nel frattempo, rinforzerà la sua banda con uomini liberati dalle prigioni, formando un corpo di spedizione per la guerra. L’eroismo e la furbizia di Bastiano non basteranno, tanto che non si avranno più notizie del bel Bastiano dopo la disfatta di Castelvecchio di Rocca Barbena. La leggenda racconta che il suo cadavere sia stato ritrovato in un burrone, con una ciocca di capelli di Lidia in una mano, ma, forse, perse la vita nell’esplosione della polveriera di Castelvecchio.
A Torino, invece, il Bastian Contrario, in piemontese “Bastian Contrari” (pronunciato bastiàn cuntràri), per antonomasia è considerato il Conte di San Sebastiano, che, nella battaglia dell’Assietta nel 1747, fu l’unico a disobbedire all’ordine di ripiegare sulla seconda linea. Il suo gesto, insieme con quello di alcuni fedeli granatieri da lui comandati, determinò l’esito favorevole di tutta la battaglia contro l’esercito franco-ispanico.
Potrebbero coincidere le due ipotesi, in quanto il mercenario ricordato a Castelvecchio era un militare insofferente, poi diventato disertore e brigante, come nella descrizione di Gramegna. L’autore, però, nelle note del libro spiega il motivo del modo di dire, che in realtà deriverebbe dal comportamento in una commedia teatrale dialettale posteriore del suo personaggio.
Tracce del Bastiano sono state seguite addirittura dall’Accademia della Crusca, e risalgono al 1819. La prima attestazione di “bastian contrario”, infatti, è attribuita al giornalista e scrittore torinese Ludovico Di Breme, il quale scrisse su Il Conciliatore un articolo intitolato: “Ai Signori associati al Conciliatore il compilatore Bastian-Contrario”.