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Esodato dal 2010, trova lavoro a tempo indeterminato a 66 anni come bidello

TORINO. Otto anni. Tanto ha dovuto attendere Giovanni Pellegrino, 66 anni, per ottenere un posto di lavoro dopo essere diventato nel 2010 uno dei tanti esodati piemontesi. Merito (si fa per dire) della riforma Fornero. Ma Pellegrino, siciliano trapiantato nel capoluogo sabaudo da quando aveva 17 anni,  anche se disoccupato non si è perso d’animo ed ha continuato a bussare alle porte di decine di aziende per tornare a lavorare. Otto anni fa, l’allora cinquantottenne magazziniere accettò la proposta della cooperativa dove lavorava di licenziarsi. Tanto da lì a poco sarebbe andato in pensione. Ma così non è stato e Giovanni Pellegrino si è trovato trovato disoccupato a tempo indeterminato. Ora il lieto fine, per quanto tardivo: il posto fisso è arrivato, sotto forma di contratto da bidello in una scuola di Torino. A soli tre mesi dall’agognata pensione.

La sua storia Pellegrino l’ha raccontata da Repubblica Torino: «Una volta il posto fisso ce l’avevo – spiega l’ex magazziniere -. Per uno che ha sempre lavorato fin da ragazzino, come me, la condizione di esodato è stata davvero brutta. All’improvviso mi sono ritrovato a star lì senza niente da fare». Nel corso di questi anni Giovanni ha spedito domande e consegnato il proprio curriculum ovunque, ma la risposta dal privato è stata sempre la stessa: troppo in là con gli anni per sperare di poter trovare un’occupazione «Era pesante, tutti i miei figli lavoravano e io no – prosegue -. Finché una mia conoscente mi ha consigliato di fare domanda nella scuola. Devo riconoscere che il mondo dell’istruzione è l’unico mondo dove nessuno si è mai fatto problemi per la mia età». Alla fine la chiamata è arrivata,  con un’offerta di un contratto a tempo indeterminato. A tre mesi dalla soglia della pensione. Come dire: meglio tardi che mai.

«Per evitare sorprese – conclude -, ho deciso che concluderò l’anno scolastico. Sono rimasto scottato una volta e non vorrei esserlo nuovamente. Finirò a 67 anni e mezzo, ancora di più di quanto preveda la legge Fornero, ma preferisco così. Che siano loro a dirmi che devo stare a casa». 

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