I nocciolini di Chivasso, una tentazione irrinunciabile per tutti i ghiottoni
La storia in breve dei dolcini più piccoli del mondo (presenti quest’anno anche al Salone del Gusto) raccontata dalla titolare dell’antica ditta Fontana, la signora Anna Maria Genisio
«Ci sono delle specialità dolciarie piemontesi che s’identificano immediatamente con il paese o la città d’origine». Così esordisce la signora Anna Maria Genisio, titolare della storica ditta “Dolciaria Fontana”, uno dei più noti produttori di nocciolini di Chivasso.
In effetti, è vero. Si dice “amaretto”, e si pensa a Mombaruzzo. Si dice “torcèt”, e si pensa a Lanzo e alle sue Valli; si dice “polentina” e ci viene in mente Ivrea. Si dice “focaccia” e ci viene in mente Susa. Si dice “bicciolano” e pensiamo a Vercelli; se invece pronunciamo la parola “canestrello”, ci viene in mente Biella. La cosa funziona anche al contrario. Non l’avete mai notato? Se diciamo Aosta, ci vengono in mente le “tegole”. Se diciamo Cuneo, ci vengono in mente i “Cuneesi al rhum”, e così via. Potremo continuare ancora a lungo.
Ma intanto continua con il suo orgoglioso sorriso la signora Anna Maria: «Se diciamo “nocciolini”, a cosa pensate, voi? Tutti, sono sicura, risponderete: “Chivasso!”. Eh sì. Perché Chivasso è veramente la patria dei “nocciolini”».
La storia dei dolcini più piccoli al mondo è davvero curiosa, e ci piace ascoltarla da questa gentile e graziosa signora dal garbo subalpino: «C’è chi li chiama fiabescamente “delizia delle fate”, c’è chi li chiama “piccole meringhe” o “mini amaretti”, e c’è chi si azzarda a nominarli ancora con il romantico nome originario piemontese: “noasèt”. Quel termine è piemontese autentico ma venne poi bandito dal regime fascista perché ricordava troppo la parlata d’Oltralpe (la noisette, nel lingua dei cugini francofoni è appunto la nocciola, ndr), per cui venne sostituito con quello con cui oggi tutti chiamano questi mini-dolcini al gusto di nocciola, noti ormai in ogni parte del mondo come i “nocciolini di Chivasso”».
La signora Anna Maria ci racconta che l’origine dei nocciolini si perde nella notte dei tempi, ed è sicuramente plurisecolare. Pare che già all’inizio del 1800, il pasticcere Giovanni Podio producesse gli antenati dei nocciolini, minuscoli amaretti a base di nocciola, grandi come bottoni, che chiamò “noasèt”. Il primo documento che storicamente attesta tuttavia l’esistenza dei nocciolini (ma non si chiamavano ancora così) fu la ricevuta di registrazione e deposito presso il Ministero del Commercio del Regno d’Italia del termine “noasetti” abbinato al marchio di fabbrica del laboratorio del maestro confettiere (allora i pasticcieri erano soprattutto confettieri) Ernesto Nazzaro. Il deposito avvenne nel 1904, ma i “noasetti” di Nazzaro avevano già ottenuto un autorevole riconoscimento, quattro anni prima, all’Esposizione Universale di Parigi del 1900, quando furono esposti in raffinate scatole di latta. Nazzaro fece conoscere i “noasetti” alla Famiglia Reale, e i Savoia divennero i più efficaci promoter o testimonial (come diremmo oggi) di quella irresistibile ghiottoneria in miniatura.
Qualche tempo dopo, il pasticciere Luigi Bonfante pensò invece di impacchettare i nocciolini in sacchetti cilindrici di carta color rosa: un involucro accattivante e originale, ancor oggi adottato, e che rese subito il prodotto accattivante anche per il suo aspetto esteriore.
I nocciolini di Chivasso sono da tempo inseriti nell’elenco dei PAT (Prodotti Agroalimentari Italiani) e costituiscono una specialità dolciaria d’eccellenza, tipica di Chivasso. Il successo dei nocciolini sta nella semplicità dei loro ingredienti: nocciole trilobate tonde gentili del Piemonte (tostate e macinate) e amalgamate con zucchero e albume d’uovo. Tutto qua. Certo, tutto qua. Ma quale impegno nel formarli uno ad uno, disporli con criterio e cura sulla carta da forno, regolarne la cottura al punto giusto, farli raffreddare, staccarli, sgranarli e impacchettarli nei mitici sacchetti rosa a forma di tubo! La qualità delle materie prime, e il lungo processo di preparazione manuale, che richiede pazienza e conoscenza, ne fanno un prodotto d’eccellenza, capace di stuzzicare anche i palati meno avvezzi alle ghiottonerie.
Aggiunge Anna Maria Genisio: «Attenzione, però. I “nocciolini” sono come le ciliegie. Uno tira l’altro. E c’è chi se li mangia a pugnate. Sono gustosissimi come dessert a fine pasto, ma ottimo è puro il loro abbinamento con lo zabajone (esiste in proposito addirittura una “Confraternita dël sambajon e dei nocciolini”, i cui membri sono cultori di questo raffinato abbinamento, ndr). I nocciolini si accostano in modo armonico anche con il bicerin, oppure con il cioccolato fondente».
Alla pasticceria Bonfante, è possibile gustare anche un eccellente gelato ai nocciolini di Chivasso. Insomma, fate voi: le combinazioni sono infinite e soggettive. Largo alla creatività.
Al giorno d’oggi, la produzione di questi mini-dolcetti chivassesi è ripartita tra numerosi laboratori artigiani: gli storici Bonfante e Fontana, Noasetti (dal 1850), le pasticcerie Tallia e Piccoli, la biscotteria Il Dolce Canavese, e qualche altro ancora. Difficile stabilire quali siano i nocciolini migliori. Se proprio volete cimentarvi in un confronto, acquistatene un pacchetto da ogni produttore, magari alla “Festa dei nocciolini” che ogni anno, a settembre, si tiene nelle vie del centro di Chivasso. Ma attenzione: rischierete di mangiarveli tutti senza aver cavato il ragno dal buco.