Nati il 23 settembre: Carlo Allioni, il padre dell’Orto botanico di Torino
TORINO. Chi non conosce l’Orto botanico del Valentino di Torino, con le sue migliaia di specie di flora illustrata? Ebbene quel meraviglioso spazio naturalistico è in buona parte opera sua, del suo lavoro e dei suoi studi. Carlo Ludovico Allioni viene alla luce a Torino il 23 settembre 1728. Sulla data di nascita qualcuno ipotizza il 3 settembre, ma non esiste documentazione che confermi tale ipotesi. E’ figlio di Margherita Ponte e di Stefano Benedetto, medico consulente del re Vittorio Amedeo II. Conseguita la laurea in medicina nel 1747 viene aggregato al Collegio della facoltà medica e comincia a dedicarsi all’esercizio della professione, ottenendo addirittura la carica di protomedico del re Vittorio Amedeo III di Savoia. Ben presto, però, la sua attenzione viene catturata dalle Scienze Naturali e, in particolare, dallo studio delle specie vegetali. Il suo nome, infatti, sarà ricordato soprattutto per i suoi studi e i suoi lavori nel campo della botanica.
Allievo di Bartolomeo Giuseppe Caccia e collaboratore di Vitaliano Donati, nel 1755, a soli ventisette anni, pubblica il Rariorum Pedemontii stirpium, risultato dei suoi primi studi sistematici della vegetazione del territorio sabaudo piemontese, nel quale riportò anche essenze vegetali ancora sconosciute ai botanici del suo tempo. Tale lavoro porta il suo nome alla ribalta e a lui s’interessano importanti botanici e scienziati dell’epoca, primo fra tutti lo svedese Linneo. I suoi primi studi gli procurarono tanta fama da essere nominato, ancora giovanissimo, membro di parecchie accademie scientifiche: da quella di Madrid a quelle di Montpellier e Gottinga, dalla Royal Society di Londra alla Società fisiografica di Lunden e di molte altre.
Nel 1758 pubblica un trattato dal titolo Tractatio de milliarum origine, progressu, natura et curatione, nel quale espose i risultati dei suoi studi sulle febbri miliari (pellagra e flegmasie esantematiche), che avevano flagellato il Piemonte nella prima metà del secolo. Due anni più tardi viene nominato professore straordinario di Botanica all’Università di Torino, proponendo, tra i primi, il sistema di nomenclatura binomiale ideato da Linneo in Species plantarum. Assiduo sostenitore delle teorie del grande scienziato, con il quale intrattiene una fitta corrispondenza, finisce per essere soprannominato il “Linneo piemontese”.
Nel 1763 riceve l’incarico di direttore dell’Orto botanico di Torino. Sotto la sua direzione (durata fino al 1781 quando chiede ed ottiene la sospensione dall’attività didattica) modifica le finalità della struttura, fino ad allora soltanto didattiche, dando spazio alla ricerca scientifica. In seguito mantiene la carica di direttore primario del Museo di Storia naturale e dell’Orto botanico continuando le sue attività di ricerca e riorganizzazione. Si occupa di riorganizzare l’ordine delle specie vegetali e di incrementarne il numero: le specie ospitate nell’Orto salgono, infatti, da un migliaio a 4.500.
Nel 1785 realizza la sua opera più importante, Flora Pedemontana, che esce in due volumi di testo ed un volume di iconografia (92 tavole riferite a 221 delle specie descritte), nella quale descrive le virtù medicinali di 2.813 specie di piante del territorio piemontese, di cui 237 nuove specie. Questo trattato, considerato ancora oggi una delle più importanti opere floristiche in Europa e la più importante in Piemonte, gli consente di raggiungere una fama internazionale. La fondamentale opera botanica viene integrata dallo stesso Allioni nel 1789 con la pubblicazione di Auctarium ad Floram Pedemontana in cui aggiunge 150 specie ed apporta aggiunte e chiarimenti all’opera originaria.
Ma gli studi nell’ambito degli scienze naturali non si limitano al mondo della flora. Nel corso della sua brillante carriera si interessa anche di zoologia, geologia e allo studio dei fossili. Mette insieme una raccolta di oltre 6.000 campioni tra minerali, rocce, fossili e preparati zoologici e una collezione entomologica costituita da circa 4.200 insetti.
Dopo la sua morte, avvenuta a Torino il 30 luglio 1804, la maggior parte di questo materiale verrà venduta o andrà persa: l’erbario dell’Allioni (composto da circa 11.000 esemplari) sarà acquistato da uno dei suoi allievi, Giovanni Battista Balbis, che lo conserverà con cura, tenendolo sempre separato dal proprio per mantenerne l’integrità. Alla morte di Balbis, per sua disposizione testamentaria, sarà affidato al botanico francese Matthieu Bonafous, uno dei più grandi cultori di storia naturale dell’epoca, ammiratore e amico dell’Allioni, che in seguito ne affiderà la custodia all’Accademia di Agricoltura di Torino.