Vittorio Emanuele II, un “cuore di re” immortalato in un gesto di paterna tenerezza
Non molti torinesi conoscono l’esistenza di questa statua benché sia conservata dal 1886 nel giardino torinese della Tesoriera. Recentemente è stato completato il restauro. A realizzarla fu Ettore Ximenes, uno scultore palermitano discendente da una nobile famiglia spagnola
L’hanno chiamata cuore di re. È una statua che non tutti conoscono, benché sia conservata da oltre 130 anni (per la precisione dal 1886) in un giardino torinese. Forse perché la scultura è posizionata in un contesto appartato, all’ombra di piante secolari, quasi come se volesse mantenersi discreta e poco invadente, per non esporsi al pubblico in modo troppo sfacciato. Eppure la scultura è un capolavoro, ed ora che è stata restaurata, dopo anni di esposizione alle intemperie e al logorio del tempo, è tornata a risplendere in tutto il suo magnifico splendore.
Ho tenuto i lettori già fin troppo sulle spine, ed è ora di svelare sia il nome di quel giardino, sia quello del soggetto scolpito. Il parco è quello della Villa della Tesoriera (gioiello barocco inaugurato nel 1715), ora sede della Biblioteca Musicale Andrea della Corte, di Corso Francia 192. Il “cuore di re” è quello di Vittorio Emanuele II (Torino, 1820 – Roma, 1878). A questo punto, è doveroso svelarvi anche il nome dello scultore che l’ha realizzata: si tratta di Ettore Ximenes.
L’originalità di questo capolavoro sta nel fatto che ritrae un sovrano non in un atteggiamento ieratico, militaresco, con tanto di sciabola e di medaglie al petto, come si conviene ad un re immortalato in un’immagine ufficiale. La statua, di un realismo e di un’efficacia sorprendente, coglie invece il re d’Italia in un atteggiamento di vita privata. È seduto su una roccia, in abiti venatori, e regge un bambino sulle ginocchia, mentre un cane segugio sta seduto ai loro piedi. Un momento di relax, forse dopo una battuta di caccia, in cui il re appare disteso, sereno, con lo sguardo bonario, affettuoso, come quello di un padre o di un nonno che condivide con un figlioletto o un nipote un momento di intima vita familiare. Il fanciullo, dal canto suo, regge dietro la schiena il suo cappello, in un atteggiamento spontaneo, disinvolto, a confermare il realismo di una scena quasi bucolica e di grande effetto.
Lo scultore, discendente da una nobile famiglia d’origine spagnola, fu figlio d’arte (suo padre, Antonio, è stato un abile calligrafo e noto miniaturista). Ettore Ximenes (Palermo, 1855 – Roma, 1926) si formò all’Accademia delle Belle Arti di Palermo. Poi si trasferì a Napoli, dove ebbe come maestro, tra gli altri, Vincenzo Gemito. Fu scultore, ma anche illustratore di opere di Edmondo De Amicis e di Policaro Petrocchi, e valente pittore. Le sue sculture (in prevalenza personaggi storici, religiosi e mitologici) sono caratterizzate da uno spiccato e stupefacente realismo. Sono disseminate in molte regioni italiane (ci sono statue di Ximenes ad Aquileia, a Sarno, a Enna, Parma, Roma, Milano, e a Pesaro). In Piemonte, oltre alla citata scultura del Parco torinese della Tesoriera, si conserva a Peveragno un suo monumento dedicato a Pietro Toselli, eroe dell’Amba Alagi. Dal 1911 alla sua scomparsa, Ximenes lavorò quasi esclusivamente su commissione di governi stranieri. Sono decine le sue opere conservate in varie città di ogni continente: da Washington (monumento a Dante Alighieri) a New York (monumento a Giovanni da Verrazzano); da Rio de Janeiro (Mausoleo Raul Suarez de Moura) a Kiev (monumento allo zar Alessandro II). È una sua opera anche il monumento al generale Belgrano di Buenos Aires. Con Manfredo Manfredi, Ximenes collaborò inoltre alla realizzazione del monumento dell’Indipendenza di San Paolo, in Brasile.
Insomma, un artista prestigioso di fama internazionale. Aver la fortuna di conservare a Torino una sua scultura di straordinaria bellezza, posizionata in un pubblico giardino che gli fa corona, accanto a un gioiello dell’architettura barocca, è per noi torinesi motivo di orgoglio e di onore. Se ancora non lo avete fatto, vi consiglio caldamente di andare al più presto ad ammirarla. Ne vale davvero la pena.