Simbolo di memoria storica e appartenenza al territorio: ecco gli antichi giochi del Piemonte
I giochi con la palla sono documentati dall’antichità. Già la civiltà romana, a partire dal secondo secolo a.C., ne tratta, e, nella storia, medici illustri li raccomandarono. In Italia questi giochi furono in auge nel Quattrocento e nel Cinquecento, ma anche altri si tramandarono, arricchendo e caratterizzando le tradizioni di ogni regione, al fine di salvaguardare le comunità ludiche.
In Piemonte esistono diverse comunità, formate da persone che, attraverso il gioco, mantengono in vita la memoria storica, sociale, e del territorio in cui risiedono, oltre a evidenziarne il valore emotivo e comunicativo. Tra queste comunità, ne spiccano quattro: quella delle bijé (birilli), del ferro (ruzzole), delle trottole, e della tella (corse).
A Farigliano, in provincia di Cuneo, alla famiglia dei birilli appartengono quei giochi attraverso cui l’abbattimento degli elementi disposti sul terreno avviene lanciando una boccia sferica, o irregolare, un birillo, o una piastra metallica. Si tratta di una tra le pratiche più antiche, diffusa sia tra uomini sia tra donne, dove importanti sono abilità e strategia. Bisogna fare un salto indietro al 3.200 a.C. per trovare i primi reperti archeologi in pietra nella tomba di un bambino egiziano a Nagada. A Roma è stato ritrovato un sarcofago conservato nei Musei Vaticani, poi in epoca medievale, e infine in Polinesia, con un gioco simile nominato “Ula Maika”, il gioco dei birilli ha avuto fortuna.
Passando a Meana di Susa e Mattie, in provincia di Torino, ecco le ruzzole, dove si lancia e fa rotolare il più lontano possibile un oggetto a forma di disco di dimensioni varie, come il rulletto e il ruzzolone, quest’ultimo rappresentato da una forma di formaggio stagionato. Inizialmente praticato soprattutto da gente di campagna, all’aria aperta, il gioco fu in seguito apprezzato anche dalle classi nobiliari, e dagli ecclesiastici. Se ne ritrovarono tracce nella “Tomba dell’Olimpiade” presso la città etrusca di Tarquinia, durante l’impero romano, e il Medioevo in cui era molto diffuso, mentre nel Seicento, ritenuto pericoloso, fu vietato.
Restando a Mattie, le trottole si diffusero nel tempo a livello mondiale, ed è bizzarro sapere che, grazie al loro movimento non controllabile, furono utilizzate sia come strumenti per predire il futuro, sia come gioco d’azzardo. La funicella e la frusta le fanno muovere fin dai tempi degli Egizi, dei Greci, e anche Omero ne parla, così come Virgilio, e Dante. Probabilmente già le popolazioni indigene africane e asiatiche praticavano questo gioco, oggi rimasto nell’uso tra i bambini, che giocano con ghiande e trottole di legno.
Infine a Prunetto, vicino Cuneo, la tella rappresenta la corsa, che spesso era collegata al lavoro nei campi, alle festività patronali nei piccoli paesi, ai palii, o alle esercitazioni militari. La corsa poteva avvenire anche con le botti, e con le anfore per le donne, ma il significato risale alle origini dell’umanità, quando gli uomini correvano per cacciare, o per scappare dai pericoli. E ancora, una delle abitudini del filosofo Seneca era quella di correre ogni giorno col suo schiavo Fario, il quale spesso doveva far vincere il padrone per evitare le sue ire. Dall’altra parte del mondo, in Amazzonia, il gruppo etnico Payacù organizza sfide che consistono nel trasportare di corsa dei ciocchi di legno nella foresta, a dimostrazione della forza fisica maschile.
Sopravvivono in piccoli villaggi, e frazioni lontano dalle città le comunità ludiche, che costruiscono i loro giochi artigianalmente, utilizzando i materiali del luogo in cui sono nate.