Domenico Savio, il santo che Pio XI definì “grande gigante dello spirito”
TORINO. In Piemonte è tra i santi più venerati assieme a San Giovanni Bosco che lo definì “Piccolo, anzi grande gigante dello spirito”. Patrono dei pueri cantores, nonché dei chierichetti, entrambe mansioni liturgiche che svolse attivamente, Domenico Savio morì all’età di 14 anni ucciso dal colera. Oggi, i suoi resti mortali si possono venerare nella Basilica torinese di Maria Ausiliatrice.
I genitori e gli amici lo chiamavano “Minòt”, e fu il secondo di ben dieci fratelli, figli di Carlo, lavoratore del ferro, e di Brigida Gaiato, sarta. Il piccolo Domenico nasce a San Giovanni, frazione di Riva presso Chieri, agli estremi confini della provincia e della diocesi torinese il 2 aprile 1842 e viene battezzato nella chiesa dell’Assunta in Riva il giorno stesso.
Sul finire del 1843 la famiglia si trasferisce a Murialdo, frazione di Castelnuovo d’Asti. Qui nel 1848 Domenico inizia le scuole e nella chiesa parrocchiale del paese riceve la prima Comunione. Proprio in tale occasione, all’età di appena sette anni, traccia il suo progetto di vita che sintetizza in quattro propositi ben precisi: “Mi confesserò molto sovente e farò la Comunione tutte le volte che il confessore me ne darà il permesso. Voglio santificare i giorni festivi. I miei amici saranno Gesù e Maria. La morte ma non peccati”.
Domenico incontra Don Bosco all’età di 12 anni. E il fondatore dell’Ordine Salesiano rimane sbalordito dal suo modo di fare e dalle parole che pronuncia: “Io sono la stoffa, lei ne sia il sarto: faccia un bell’abito per il Signore!”. Il giovane sceglie il futuro santo come confessore, imparando presto a dimenticare se stesso, i suoi capricci ed a diventare sempre più attento alle necessità del prossimo. Sempre mite, sereno e gioioso, mette grande impegno nei suoi doveri di studente e nel servire i compagni in vari modi: insegnando loro il catechismo, assistendo i malati, pacificando i litigi.
Nell’estate del 1856 a Torino scoppia il colera: le famiglie ancora sane si barricano in casa, rifiutando ogni minimo contatto con altre persone. I colpiti dal male muoiono abbandonati. Don Bosco pensa di radunare i suoi cinquecento ragazzi, invitando i più coraggiosi ad uscire con lui. Quarantaquattro, tra i ragazzi più grandi, si offrono subito volontari. Tra loro, in prima fila, c’è Domenico Savio. Ammalatosi anch’egli, deve fare ritorno in famiglia a Mondonio, dove il 9 marzo 1857 muore fra le braccia dei genitori, consolando la madre con queste parole: “Mamma non piangere, io vado in Paradiso”.