Alla ricerca di un po’ di frescura alle sorgenti del Tanaro…
ORMEA. Il caldo si fa sentire, la città diventa asfissiante con quel manto di afa che opprime strade e viali. Perciò, non c’è niente di meglio che prendere la macchina e fuggire verso luoghi più freschi, che danno sollievo al corpo. Nella zona dell’Alta Valle Pesio e Valle Tanaro, al confine con il territorio ligure, si trova il Rifugio Mongioie. La base di partenza è situata presso l’abitato di Viozene, una frazione di Ormea (Cn), a 1550 metri di altezza, da cui partono moltissimi percorsi trekking di difficoltà più o meno elevata. Uno dei sentieri più suggestivi è quello, che viene chiamato “Sentiero delle Vene del Tanaro”, che porta, attraverso un semplice cammino in quota, alle sorgenti del fiume Tanaro.
L’ideale è partire di mattina: la sensazione di vedere il sole farsi piano piano strada nel cielo e l’aria rinfrescare tutto il paesaggio montano è davvero impagabile e forniscono ancora più energia per iniziare la camminata.
Il percorso è semplice, ma molto suggestivo. Il dislivello non ci spaventa (circa 300 metri e poco più), il quale permette di godersi per bene la passeggiata senza affaticarsi troppo. Si cammina immersi nella vegetazione fiorita dell’arco alpino, mitigato dal vicino Mar Ligure. La morfologia della zona è caratterizzata da montagne calcaree; prima fra tutte, il Mongioie, montagna delle Alpi Liguri, che raggiunge i 2630 metri d’altezza. Continuando la passeggiata, si possono ammirare gruppi immensi di specie diverse di conifere, come larici e abeti, e anche un po’ di vegetazione arbustiva sparsa qua e là.
Lungo la strada non mancano alcuni cartelloni informativi, che spiegano come è composta la fauna del posto. Accanto alle sorgenti, si trova infatti la Grotta delle Vene, che ospita il più importante roost di chirotteri svernanti del Piemonte (sono state segnalate 7 specie degli ultimi 15 anni). La colonia più numerosa all’interno della Grotta è quella del rinolofo minore (Rhinolophus hipposideros).
Le Grotte delle Vene si sono formate attraverso l’erosione provocata dall’acqua proveniente da delle specie di buche sulla superficie carsica ad alta quota, chiamate inghiottitoi. Sono visitabili, ma con l’aiuto di un’esperta guida alpina o di uno speleologo.
Dopo il cartello che indica la diramazione del sentiero per raggiungere le Grotte, si arriva alla parte finale del percorso. Ecco che si presenta il traguardo: un affascinante ponte tibetano, moderno nel suo genere, sospeso di fronte alle sorgenti del Tanaro. Se si è particolarmente fortunati, può capitare anche di scorgere qualche camoscio scendere dalle pendici, ma purtroppo non è così usuale.
Il Tanaro sgorga dalle rocce: percorrendo il ponte tibetano si sente solamente il rumore dell’acqua del fiume e la sua giovane foga. A questo punto la natura ci impone di far silenzio, raccomandandoci di ascoltare solamente la voce della sorgente. Dal ponte si ammira un paesaggio spettacolare, un tripudio di verde e azzurro, e ancora la valle e l’acqua del fiume, che avanza con sicurezza nel suo percorso.
Il “Sentiero delle Vene del Tanaro” emoziona tanto; le sorgenti dei fiumi sono sempre una piacevole scoperta, perché sembra di assistere alla nascita di un bambino, ma se ci si sofferma un attimo a riflettere è come fare un procedimento mentale al contrario. Infatti, si arriva alle sorgenti conoscendo molto di più il fiume “da adulto”, piuttosto che appena nato. Ci avete mai pensato?
Il Tanaro è il secondo fiume per lunghezza del Piemonte (al primo posto, ovviamente, c’è il fiume Po). Pensando all’etimologia del nome, mentre si osserva la sua sorgente, si capisce come il suo significato precede la sua fama. “Tanaro” deriva infatti dal celtico “Taranus” e dal brittanico “Taran”, che significano “temporale, tuono”. Non poteva esserci un nome più azzeccato, la sua prorompenza infatti è proprio simile a quella di un tuono!