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Ricette: fagioli cotti in pignatta alla moda di Saluggia

I legumi, cotti a fuoco lento nella tipica “tupin-a” in terracotta, da almeno 400 anni sono una delizia per il palato di poveri e ricchi

Magia del fagiolo, piccolo scrigno di proteine vegetali, che ha fatto dei semi contenuti nel baccello d’una leguminosa originaria dell’America Centro-Meridionale, una preziosa e tradizionale fonte proteica per le classi più povere della popolazioni, che non potevano permettersi il consumo della carne. Ma i fagioli sono pure molto ricchi di vitamine del gruppo B, di calcio, di fosforo, di ferro e sono quindi consigliati anche nel trattamento delle anemie.

Le regioni italiane dove oggi è maggiormente diffusa la sua coltivazione sono il Piemonte, il Veneto, la Campania e il Lazio. In Piemonte si trovano vaste coltivazioni intensive di fagioli di alta qualità attorno a Fossano (Cn); a Saluggia (Vc) l’area di coltivazione è più circoscritta, ma il prodotto è di indiscutibile pregio.

A Saluggia operano due Cooperative agricole di coltivatori specializzati (la Cooperativa Agricola Valverde, e la Agrinova, Società Agricola Cooperativa), ma molti sono i produttori indipendenti, tutti con una produzione selezionata d’eccellenza.

Il fagiolo di Saluggia è una varietà di phaseolus vulgaris di dimensioni piuttosto piccole che viene coltivato nel territorio comunale della cittadina, ma anche in alcuni appezzamenti di terreno nei Comuni limitrofi di Livorno Ferraris, Cigliano e Crescentino.

Il fusto della pianta raggiunge al massimo 50-55 centimetri; i fiori, di colore bianco, sono di grandi dimensioni. I baccelli hanno una forma cilindrica e arcuata, e sono di colore bianco-giallo con caratteristiche striature rosse.

La semina del fagiolo di Saluggia, che si alterna alla coltivazione dell’orzo, viene effettuata tra giugno e luglio; la raccolta invece avviene a settembre. Dopo la raccolta, i fagioli vengono fatti essiccare. L’essiccamento può avvenire naturalmente, al sole: in tal caso, i fagioli vengono distesi e disposti all’aria aperta, ma in un contesto protetto. Oppure, vengono riposti in un apposito essiccatoio, a basse temperature. Dopo questa fase, si procede alla pulitura dei baccelli, in modo da separare le impurità più grossolane e di eliminare gli eventuali corpi estranei residui.

Da fonti storiche documentate, risulta che la coltivazione del fagiolo di Saluggia risale  almeno al 1535, e da allora si è sempre più sviluppata e specializzata nel tempo, fino a rappresentare un’importante fonte di reddito per l’economia locale.

Il fagiolo di Saluggia è alla base di alcuni piatti tradizionali vercellesi come i fagioli nella pignatta alla Saluggiese (ovvero i faseuj ant la tupin-a: un’appetitosa zuppa di fagioli), o la  panissa, una sorta di risotto coi fagioli, simbolo dell’eccellenza gastronomica di questa provincia.

Riportiamo qui di seguito la ricetta per preparare i faseuj ant la tupin-a alla maniera di Saluggia:

Ricetta per fagioli nella pignatta alla maniera di Saluggia

Mettere a bagno 1 kg di fagioli di Saluggia, per almeno 12 ore; dopo di che, versarli in una pignatta di terracotta, unitamente a una cotenna arrotolata (previ) con aglio, pepe, rosmarino e noce moscata quanto basta; aggiungere 1/2 cipolla rossa; 2 foglie di alloro e/o un pizzico di salvia.
Riempire d’acqua la pignatta, metterla in forno a fino a che sia ultimata lentamente cottura. Importante: servire i fagioli con un mestolo nei piatti fondi, avendo cura che la pignatta sia posizionata al centro della tavola, perché la sua presenza è coreografica e fonte di allegria per tutti i commensali.

Per concludere, vi propongo una mia breve poesia bilingue, dedicata proprio ai faseuj ant la tupin-a, un piatto delizioso, sicuramente uno tra i protagonisti assoluti della variegata e incomparabile cucina piemontese:

AL BEUJ  | A BOLLORE

Ant la tupin-a,
a beujo già ij faseuj
’nsema le cone.

Nella pignatta, le cotiche e i borlotti bollono insieme.

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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