Grande festa in Argentina, con la “Familia Piemontesa”
LUQUE. Si sta avvicinando, nelle terre d’Argentina, la 46ª edizione della “Fiesta Nacional de la Familia Piemontesa” (Festa Nazionale della Famiglia Piemontese), l’importante evento dedicato ai discendenti degli agricoltori piemontesi che da oltre 40 anni anima la località di Luque, situata nel dipartimento di Río Segundo nel sud-est della provincia di Còrdoba, distretto compreso tra le Pampas e le alture delle Sierras de Còrdoba.
Ideata nel 1973, durante il mandato del governatore provinciale Neri Nànzer, la manifestazione venne organizzata per la prima volta il 3 novembre 1974, per iniziativa dell’intendente (sindaco) di Luque, Hugo Lujàn, con l’obiettivo di celebrare le tradizioni culturali della “Familia Piemontesa”, la numerosa comunità formata dai discendenti degli emigranti piemontesi che si stabilirono in Argentina tra la seconda metà dell’Ottocento e il primo Novecento dedicandosi in prevalenza all’attività agricola e conservando, anche nelle generazioni successive, un legame sentimentale e identitario molto forte con i territori di provenienza.
La Festa della “Familia Piamontesa”, che quest’anno è in programma nelle date del 7, 21 e 22 febbraio, è un’occasione d’incontro per tutti coloro che si riconoscono nella comune origine piemontese e che intendono mantenere vivo il senso di questa appartenenza, rinnovando le ritualità culturali, musicali e gastronomiche che ne costituiscono l’espressione più evidente. Per la risonanza acquisita dalla manifestazione, che suscitò sin dai suoi esordi l’attenzione della Regione Piemonte, nella persona dell’allora consigliere Michele Colombino, e per il fondamentale contributo che la comunità piemontese ha dato allo sviluppo dell’Argentina, l’evento, ripetuto con frequenza annuale, è stato inserito nel calendario delle “Feste Nazionali” argentine.
Alla depressione seguita all’unificazione italiana, che aveva sottratto al Piemonte la centralità politica, s’era sovrapposta negli anni Settanta dell’Ottocento la crisi del settore agricolo, aggravata da scelte politiche che avevano favorito, a discapito delle produzioni locali, l’importazione di merci straniere a basso costo, tra cui grano nordamericano e riso asiatico. Tale situazione fu responsabile di un impoverimento generalizzato del ceto contadino che, in un primo tempo, risparmiò il solo comparto vitivinicolo, minacciato però dall’irrompere di veri e propri flagelli come l’oidio, la fillossera e la peronospera.
L’emigrazione piemontese in Argentina assunse dimensioni significative nel periodo compreso tra il 1876 e il 1915, quando molti braccianti e piccoli proprietari agricoli, colpiti dalla crisi economica, lasciarono le terre d’origine per intraprendere la via delle Americhe. In precedenza il Piemonte aveva conosciuto più che altro il fenomeno dell’emigrazione stagionale, praticata soprattutto dai montanari che, durante l’inverno, si recavano in pianura o in città, anche nella vicina Francia, a svolgere mestieri in cui s’erano specializzati, per poi far ritorno al paese d’origine e riprendere il normale lavoro agricolo. L’emigrazione stabile verso l’America, in particolare Argentina e, in misura minore, Brasile, si manifestò invece tra la seconda metà dell’Ottocento e il primo Novecento per una serie di fattori che avevano determinato per il Piemonte una congiuntura economica sfavorevole.
Le campagne pubblicitarie delle imprese di navigazione e i racconti di chi era stato nelle Americhe, con le aspettative di prosperità economica che alimentavano, fecero il resto, inducendo molti piemontesi, in particolare piccoli proprietari agricoli e braccianti, ma anche artigiani, a prendere la via del mare. I coloni si stabilirono in gran numero in Argentina, inizialmente nelle province di Buenos Aires e di Santa Fe e in seguito in quella di Còrdoba, impegnandosi nell’agricoltura e nell’allevamento e dando origine a un impetuoso sviluppo economico di questi territori, che ancor oggi mostrano riconoscenza per la dedizione al lavoro delle popolazioni del Piemonte. Si deve infatti principalmente ai coloni piemontesi il dissodamento delle terre e la nascita della cosiddetta “Pampa Gringa”, nome che designa una vasta e fertile pianura estesa nel centro-sud della provincia di Santa Fe e comprendente alcune zone della limitrofa provincia di Còrdoba.
La località di Luque, che ospita la Festa Nazionale della Famiglia Piemontese, venne ufficialmente fondata nel 1910 come punto di appoggio lungo le vie di comunicazione tra il porto fluviale di Rosario e la città di Còrdoba, ma l’origine della comunità si fa risalire a un periodo precedente quando, nel 1868, il pioniere Bartolomeo Minetti, nativo di Barge, acquistò da don Samuel Luque una prima estensione di terre, pari a circa 5000 ettari, su cui nacque la “Colonia Minetti”, dedita al commercio del legname, ma in grado di costituire, grazie al potenziamento dell’agricoltura, un importante nucleo di attrazione per braccianti e lavoratori. Il nome del centro abitato di Luque, che oggi annovera poco più di 6000 abitanti e che è il frutto di un progetto di urbanizzazione elaborato a partire dal 1904 all’interno della “Colonia Minetti”, è però legato a don Ignacio Luque, che fu il promotore della linea ferroviaria realizzata per agevolare il trasporto dei prodotti locali (grano e bestiame) al porto di Rosario.
La 46ª edizione della Festa Nazionale della Famiglia Piemontese, organizzata dalla Comisión de Fiesta Familia Piemontesa”, aderente alla Federazione delle Associazioni Piemontesi d’Argentina, in collaborazione con la municipalità di Luque, s’innesta quindi su solide radici storiche, culturali e identitarie e porterà alla ribalta come ogni anno le usanze e le tradizioni della comunità piemontese, con l’esibizione di cantanti e musicisti, l’offerta di spettacoli e rappresentazioni teatrali e la preparazione di specialità culinarie tipiche del Piemonte in abbinamento alle carni argentine.
Concludiamo questa breve presentazione della Festa di Luque con il grande poeta piemontese Nino Costa il quale, memore della figura del padre, scomparso proprio in Argentina, dove s’era recato in cerca di lavoro e miglior fortuna, aveva immortalato nei suoi componimenti poetici l’epopea dei Piemontesi trasferitisi aldilà dell’oceano, ricordando le esperienze positive di chi aveva cercato e forse trovato “ant l’América un canton dël Paradis“ (Nino Costa, da “Ai Piemontèis dl’Argentin-a, in Brassabòsch, 1928), ma anche mettendo in risalto gli aspetti drammatici, dovuti alla solitudine e alla lontananza forzata dalla terra dei padri, espressi con struggente maestria in “Sal e pèiver” (da “Rassa nostran-a”, 1924): Ma ‘l pi dle vòlte na stagion përduva o na frev o ’n maleur del só mësté a j’anciòda ‘nt na tomba patanuva spersa ‘nt un camposanto forëste (Ma il più delle volte una stagione perduta o una febbre o una disgrazia del mestiere li inchioda in una tomba ignuda, sperduta in un camposanto forestiero).
(in foto, alcuni momenti delle ultime due edizioni della manifestazione)