I tanti volti di Torino: il Grattacielo Lancia di Borgo San Paolo
Simbolo dell’industrioso e creativo quartiere operaio torinese, fu progettato dall’architetto Nino Rosani, in collaborazione con Giò Ponti e venne costruito a metà degli Anni Cinquanta per accogliere oltre 500 impiegati
TORINO. È uno dei quattro grattacieli più noti della città. Il secondo in ordine di costruzione: il meno alto, ma forse il più discreto. Non si staglia sulla retrostante chiostra alpina ed è sicuramente quello che meno contrasta con l’armonioso sky line torinese.
Per gli abitanti di Borgo San Paolo, ha sempre rappresentato un simbolo di appartenenza ad una cultura e ad un quartiere. Visto dall’alto e da lontano, ad esempio dalla spianata di Cavoretto o dal terrazzo del Monte dei Cappuccini, per ogni sanpaolino costituiva e tuttora costituisce un punto cospicuo nel panorama urbano. E cercandolo con lo sguardo istintivamente, provava piacere ed orgoglio nell’identificare, inequivocabilmente, nel vasto scacchiere urbano, il proprio amato quartiere.
Tutti ormai lo hanno capito. Sto parlando del Grattacielo Lancia. Oggi, ufficialmente, viene chiamato “Palazzo Lancia”, ma per chi abita nel vecchio Borgo San Paolo, il suo nome è rimasto quello con cui lo chiamavano tutti coloro che in Lancia lavoravano: frotte di operai, carrozzieri, collaudatori, magazzinieri, impiegati, centraliniste, elettricisti, amministrativi, progettisti, tecnici, disegnatori e ingegneri.
Il Grattacielo Lancia fu realizzato negli anni Cinquanta. Autore del progetto fu l’architetto Nino Rosani. Nel tracciarne le linee, il tecnico si avvalse della collaborazione dell’architetto Giò Ponti, che un paio di anni dopo avrebbe disegnato la Torre Pirelli, il noto slanciato grattacielo milanese, che misura 127,10 metri di altezza, 18,50 metri di profondità nel corpo centrale, e 70,40 metri di larghezza, e che può essere considerato un “cugino primo” del Grattacielo Lancia, ricordandone un po’ lo stile e la linea, sia pur nelle sue maggiori dimensioni.
Al professor Piero Monti, il progettista Rosani affidò invece il compito di realizzare alcune bozze prospettiche del futuro grattacielo, “con un tocco di poesia plastica e cromatica”, di cui una, tratta dal volume “Le Antiche Fabbriche di Borgo San Paolo”, Ël Torèt – Monginevro Cultura, è riportata in questo articolo.
Il cantiere per la costruzione del grattacielo venne aperto nel 1953. Gli studi progettuali si protrassero fino al 1954. La struttura venne ultimata nel 1955: i primi uffici vi si trasferirono a fine 1957, ma il grattacielo Lancia diventò completamente operativo solo a partire dal 1958.
Dirigente fino al 1958 del Servizio Costruzioni e Impianti della Fabbrica Automobili Lancia, Nino Rosani ebbe come maestro lo stesso fondatore della fabbrica, Vincenzo Lancia, personalità veramente eccezionale per essenzialità di idee e chiarezza di pensiero. Nel “periodo Lancia”, l’opera di Rosani è maturata in un approfondito studio degli impianti di produzione, delle linee di lavorazione e delle costruzioni industriali. Architetto soprattutto “industriale”, anche se si è dedicato a rimarchevoli opere di edilizia residenziale, nonché di scuole ed impianti per scopi sociali e ricreativi, Rosani disegnò le varie Filiali Lancia in Italia e all’estero e l’ampliamento degli stabilimenti di Borgo San Paolo.
E’ alto 66,27 metri, ed è posizionato a cavallo di Via Vincenzo Lancia, con una galleria passante di 18 metri per 6. L’ampia apertura consente il transito delle auto e dei mezzi pubblici. Una linea di bus a due piani, la 64, di colore rosso e avorio, dell’Azienda Tranviaria Municipale (ATM), percorreva, negli anni Sessanta, tutta la Via Lancia, collegando Borgo San Paolo con Piazza San Carlo e Piazza Castello.
La costruzione del Grattacielo Lancia fu fortemente voluta dall’ingegner Gianni Lancia, che intendeva riunire tutti gli uffici amministrativi e tecnici della storica Casa di via Monginevro in un unico centro direzionale con circa 500 impiegati. Il grattacielo venne dotato di due ascensori veloci, collegati in duplex, nonché di un curioso impianto continuo (“paternoster”) a 36 cabine senza porte di chiusura, sulle quali e dalle quali bisognava entrare e uscire “al volo” cogliendo l’attimo, per il servizio di piccolo cabotaggio e per agevolare gli spostamenti del personale tra piani attigui.
Non appena costruito, il Grattacielo Lancia divenne subito il simbolo della fiorente attività lavorativa del quartiere e dell’operosità di tutti i lavoratori di Borgo San Paolo.
Verso la fine della prima decade degli anni Duemila, il grattacielo è stato privato dell’inconfondibile insegna Lancia, a luci azzurre al neon, che per cinquant’anni costituiva un caratteristico punto luminoso di riferimento nel paesaggio torinese, visto dalla collina, e che identificava, nelle serate di cielo sereno, tra i tracciati dei corsi e delle vie, in modo inequivocabile, Borgo San Paolo.
Sergio Donna