E’ mancato a 83 anni Angelo Caroli, campione con la Juve, poi giornalista e scrittore
Angelo Caroli ci ha lasciati all’età di 83 anni. Da parecchio tempo soffriva di una malattia degenerativa ed era ricoverato in una struttura torinese. Con lui ho condiviso gli anni più belli della mia carriera giornalistica nella redazione di Stampa Sera. Erano gli Anni Ottanta e Novanta. Il giornalismo era innanzitutto passione, desiderio di comunicare, di stupire, condividere. Gomito a gomito abbiamo apprezzato il nascere del giorno, perché a quei tempi i giornali della sera (oggi non esistono più se non nella memoria di chi ci ha lavorato) avevano orari simili al primo turno della Feroce (la Fiat, per intenderci). Quando le rotative dei giornali del mattino avevano cessato di stampare l’ultima ribattuta, noi giornalisti di Stampa Sera cominciavamo a pigiare sui tasti delle vecchie Olivetti, per raccontare storie che i giornali del mattino avevano lasciato nel dimenticatoio. Tu Angelo, capo servizio dello sport, già alle 6 del mattino eri pronto a stupire con il tuo sapere di sportivo provetto. E pochi colleghi erano in grado di tenerti il passo in fatto di strategie, moduli, sistemi e formazioni da mandare in campo.
Eri juventino perché la Vecchia Signora ti aveva accolto e nelle sue fila, accanto a campioni come Boniperti e Sivori, avevi conquistato uno scudetto. Un sogno che si era avverato dopo essere stato campione di atletica leggera e recordman italiano nel salto in lungo, categoria Juniores. Ma le soddisfazioni erano continuate anche una volta appese le scarpette al chiodo. Da protagonista eri diventato cantore delle imprese sportive, prima sulle colonne del Tuttosport, poi su quelle di Stampa Sera, infine, alla soglia della pensione, nella redazione de La Stampa. Parallelamente all’attività giornalistica avevi continuato a coltivare anche la passione per la poesia e per la narrativa. Quante le serate trascorse assieme a reading, presentazioni, disfide letterarie, convegni, dibattiti. Eri competente e poliedrico, tanto da essere in grado di dedicarti anima e corpo nello stesso periodo a un libro di saggistica su Trapattoni o Pantani e a un romanzo dalle tinte noir o gialle.
L’ultima volta che ci siamo visti nella struttura che ti ospitava mi avevi dato una carezza. Qualche mese dopo sarebbe scoppiata la pandemia e non sarei più potuto venire a trovarti. Quella carezza ora la sento sulla mia pelle. Lieve e paterna. Mi mancheranno le tue paterne lezioni di calcio e di tattica, i voli pindarici tra crepuscolari ed ermetisti. Mi mancherà la tua voce e il tuo sorriso. Ora da lassù continua a vegliare su di noi. E dai un bacio a Marilù che da anni attende di potere condividere con te l’eternità.