Gli 800 torèt torinesi: non solo getti continui di acqua fresca corrente, ma autentiche Muse ispiratrici
Ma ci sono anche molte altre fontanelle dalla foggia “alternativa”
TORINO. I torèt sono uno dei simboli di Torino. Nessun’altra città italiana vanta un numero così notevole di fontanelle dal getto continuo di acqua fresca corrente (sono quasi 800, disseminati nel territorio comunale!). Non c’è viale, giardino o mercato rionale torinese, in cui non sia posizionato almeno un torèt, così come non esiste una scuola, una chiesa, un edificio pubblico, nelle cui immediate vicinanze non sia presente una fontanella verde dalla testa di toro.
Ogni tòret, fontanella-icona della città, è una fusione in ghisa grigia lamellare, alta circa un metro, trattata con un fondo antiruggine e rifinita con una verniciatura a smalto, di colore verde bottiglia (Ral 6009).
Secondo l’Archivio Storico della Città di Torino, la prima fontanella pubblica in lega di ghisa, con getto fuoruscente dalla bocca di una testa di toro, venne installata il 17 luglio 1862. L’idea del responsabile della rete idrica urbana era di istallare un congruo numero di quel tipo fontanelle sull’intera area comunale, non solo per offrire un’opportunità ai cittadini di servirsi dell’erogazione continua di fresca acqua potabile, ma anche per stabilizzare la pressione della rete attraverso dei punti di “sfogo”.
Queste tipiche fontanelle in ghisa, dalla forma di parallelepipedo la cui parte superiore è centinata, ricordano vagamente una stele egizia (i legami tra la città e l’antico Egitto, come è noto, sono molteplici). In realtà, i torèt non sono proprio tutti perfettamente uguali. Le differenze (peraltro poco spiccate e dovute soprattutto alle lievi difformità degli stampi utilizzatI in fonderia, nonché alla diversa datazione della fusione) riguardano soprattutto la testa del toro, che può ricordare quella di un esemplare maturo, piuttosto che di un torello più giovane. Ma, come si diceva, questi sono particolari che solo un occhio attento può percepire e assolutamente ininfluenti: il torèt resta un’icona torinese dai tratti e dal profilo inconfondibili, riconosciuta come tale in ogni parte del mondo.
Esistono tuttavia alcuni torèt, diciamo così, anomali, o se si vuole, “fuori serie” Andiamoli dunque a cercare.
In piazza Carlo Alberto, ad esempio, sono stati posizionati due torèt, diciamo, modernizzati. Non sono in ghisa però, e non sono nemmeno verdi: sono delle fontanelle in granito, a forma di prisma, che riproducono in basso rilievo, sulla pietra, un toro stilizzato, simbolo della città. I Torinesi, con il consueto garbo subalpino, ma con efficace determinazione, hanno fatto capire agli amministratori che i torèt tradizionali sono tutt’altra cosa, e che le imitazioni non avranno mai il fascino dell’originale. E così qualsivoglia timido progetto di un loro eventuale restyling è naufragato sul nascere.
Non mancano poi fontanelle verdi di foggia diversa, disseminate in vari luoghi della città, nelle piazze o nei giardini.
C’è una fontanella, ad esempio, al Parco della Pellerina, che può ricordare vagamente un torèt, più per il colore che per la forma, per la verità: la differenza più macroscopica è che, in luogo della testa di toro, è dotata di una testa di un altro animale. Qualcuno sostiene che si tratti di una leonessa, qualcun altro ritiene che si tratti del muso di un giovane orso. Quel che è certo è che non si tratta di una testa di toro.
Un altro – raro, per la verità – tipo di fontanella torinese è quello che si trova in Piazza del Corpus Domini, all’angolo con Via Porta Palatina. Anche questa fontanella, più che un torèt anomalo, è una vera e propria fusione dalla foggia a se stante. Dei torèt condivide però il materiale (fusione in ghisa), lo smalto (color verde bottiglia), e soprattutto, il getto d’acqua, fresca e cristallina. In più, nella parte alta della fontana, da una vaschetta, scaturisce uno zampillo verticale alto una ventina di centimetri, che consente ai passanti di bere e di rinfrescarsi alla bisogna.
Il torèt, lo dicevamo in apertura di questo articolo, è diventato un’icona tipica della città, un simbolo. In dimensioni ridotte, proprio come succede per le riproduzioni in miniatura della Basilica di Superga e della Mole Antonelliana, è anche divenuto un simpatico gadget, un souvenir portafortuna per i turisti che visitano la città.
In formato gigante e reinterpretato secondo la fantasia dell’artista Nicola Russo, il torèt, rinominato Toh, è altresì diventato un monumento. Realizzato in tre esemplari, Toh è stato temporaneamente posizionato in tre diversi luoghi della città, in attesa di essere venduti all’asta: il ricavato sarà devoluto alla Fondazione Piemontese della Ricerca sul Cancro. Dei tre maxi-torèt, opera dello scultore napoletano Nicola Russo, da tempo residente a Torino, abbiamo già diffusamente parlato in un altro articolo di questo giornale e non ci soffermiamo ulteriormente: chi volesse rileggerlo può cliccare su questo link:
https://www.piemontetopnews.it/toh-i-tre-maxi-toret-dellartista-nicola-russo/
Un altro artista torinese, Leo Poldo, ha creato dei torèt alternativi: opere d’arte in ceramica o gesso, dorati e argentati: sculture da appendere sulle pareti di casa. Per le opere in ceramica, l’artista utilizza maiolica e oro lustro. Per il torèt dorato, impiega gesso e oro foglia. Tra gli artistici torèt di Poldo esistono anche quelli creati secondo l’antica tecnica giapponese del kintsugi. A proposito di questa tecnica, così commenta l’Artista: “…Le mie cicatrici, siano esse dell’anima o del corpo, sono parte di me. È ciò che mi rende forte: ed è per questo che nelle mie opere, le metto in bella mostra con l’oro. Kintsugi in giapponese significa riparare con l’oro, ed è una tecnica-filosofia oggi molto usata oltre che in ambiente artistico, anche nella psicologia occidentale”.
Ah, il fascino irresistibile dei torèt! Davvero possiamo affermare che non sono solo fontanelle. Ma autentiche Muse.
Bibliografia: Autori Vari, Torèt | Le fontanelle verdi di Torino, Ël Torèt-Monginevro Cultura, Torino (www.monginevrocultura.net)