“Pijesse na sumia”, ovvero ubriacarsi, e “sumia dël cul plà”
Colore e fascino dei modi di dire in lingua piemontese
Da qualche tempo, le scimmie sono tornate protagoniste della cronaca a causa del dilagare di una malattia: il cosiddetto vaiolo delle scimmie. Viviamo in effetti un momento piuttosto critico dal punto di vista sanitario, con il dilagare di virus e morbi che minacciano e minano la salute dell’uomo in forma endemica o addirittura pandemica: il vaiolo delle scimmie, appunto, la peste dei cinghiali, le varie influenze aviarie, per non parlare del Covid, che a partire dai primi mesi del 2020 è dilagato nel globo mietendo centinaia di migliaia di vittime umane, e ancora non è stato sconfitto.
Le scimmie sono animali simpatici: sono quelli geneticamente più prossimi all’uomo, ed è naturale che nei loro confronti si provi curiosità, interesse e simpatia. E sanno pure intenerirci, come quando una giovane scimmia femmina stringe il suo cucciolo al petto per allattarlo con tenerezza e materno amore.
Spesso sono dispettose, talvolta persino beffarde; sono intuitive, intelligenti, talora buffe nei loro atteggiamenti; ingegnose nel crearsi attrezzi, curiose nell’osservare il mondo, sempre attente ai brusii e ai rumori sospetti, agilissime nel muoversi tra le fronde, nel mimetizzarsi, nel saltare tra i rami ed appendersi alle liane.
Sono dei mimi, o se volete degli imitatori eccezionali. È risaputo che sono particolarmente predisposte a riprodurre le azioni, i gesti, le movenze di altri consimili, e anche dell’uomo. Tant’è che, proprio da questa indole che fa delle scimmie dei perfetti Alighiero Noschese, è nato il verbo “scimmiottare”, che sta proprio ad indicare ciò che le scimmie sanno fare perfettamente: le imitazioni.
Alcune scimmie hanno il sedere blu, altre hanno il sedere rosso, altre ancora hanno il sedere pelato. Proprio sul sedere delle scimmie, chissà perché, in alcune regioni e in alcuni dialetti italiani si sono diffusi particolari locuzioni e modi di dire. I Toscani, ad esempio, usano l’espressone: “pelato come il culo delle scimmie”, che calza a pennello quando ci si ritrova senza un quattrino, praticamente “al verde”.
E in Piemonte? A proposito di scimmie, i nostri vecchi (dico i nostri vecchi perché le giovani generazioni di piemontesi hanno dimenticato la maggior parte delle colorite ed espressive frasi idiomatiche create dai loro progenitori) usavano dire: “na sumia dël cul plà”, ovvero: una scimmia del culo pelato. La frase aveva un senso negativo, ed era generalmente riferita (spesso la si pensava semplicemente tra sé e sé) a persone nei cui confronti non si nutriva una buona considerazione, anzi. “Sumia” era considerata una persona senza personalità, persino poco intelligente (non si offendano le scimmie vere), e quindi poco affidabile. Il fatto poi, che in particolare, quella persona fosse equiparata ad una “sumia dël cul plà”, ne sottolineava la ridicolaggine e la scarsa considerazione da parte di chi la proferiva o semplicemente la pensava.
Non possiamo dimenticare che in piemontese la “sumia” è anche una sonora ubriacatura, di quelle che ti stordiscono e ti possono abbruttire a livello animale. Al giorno d’oggi, tra i pochi piemontesofoni superstiti, “avèj la sumia a còl”, per estensione, oltre al significato di essersi preso una più o meno bonaria “ciucca” di vino o di birra, può significare essere in preda a un’overdose di stupefacenti: brutta e triste cosa.
Chiudiamo con un monito di Friedrich Nietzsche che ci fa pensare: “In passato foste scimmie, ma ancor oggi l’uomo è più scimmia di qualsiasi scimmia”.
Sergio Donna | 19 Settembre 2022