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Oglianico, il ricetto ritrovato e gli affreschi di Sant’Evasio

Il paese canavesano di Oglianico, adagiato sulla sponda destra del torrente Orco, si caratterizza per la presenza di un ricetto medievale, recentemente riportato all’antica bellezza a seguito di una campagna di restauro, e per la manifestazione “Calendimaggio – Idi di maggio” che è entrata da tempo a pieno titolo tra le feste popolari più importanti e sentite del Piemonte.

La torre-porta d’accesso al ricetto, di cui si trova una riproduzione all’ingresso del Borgo Medievale di Torino.

Pur assomigliando a un villaggio fortificato, il ricetto (dal latino receptum, nel significato di ricovero, rifugio) è una particolare tipologia edilizia che si diffuse tra XII e XIV secolo nel Piemonte settentrionale, dal Canavese al Novarese.

Secondo quanto ci dicono gli studiosi del settore, il ricetto non assolveva funzioni abitative, bensì di immagazzinamento delle derrate alimentari (soprattutto granaglie, da cui la definizione di “silos fortificato”), di ricovero per il bestiame e di produzione e conservazione del vino (cantina comunitaria). Solo in circostanze eccezionali, dipendenti dal manifestarsi di un pericolo (tempore guerrarum), la popolazione locale, che risiedeva normalmente in abitazioni esterne al ricetto, vi si trasferiva per il tempo necessario alla difesa.

Il ricetto di Oglianico venne costruito nel corso del Trecento, in un periodo turbolento per le comunità canavesane, in cerca di protezione dalle frequenti incursioni di soldataglie e mercenari che imperversavano nelle campagne, al servizio dei signori che si fronteggiavano nella cosiddetta “Guerra del Canavese”.

Il lungo conflitto, descritto nelle sue fasi principali dal cronachista novarese Pietro Azario, autore del De bello canepiciano, aveva tratto origine dalle discordie sempre più accese tra le due più potenti casate canavesane, i conti Valperga e i conti San Martino, e si era poi allargato con il coinvolgimento dei marchesi del Monferrato, intervenuti in appoggio dei Valperga, di parte ghibellina, e dei principi di Savoia-Acaia, sostenitori dei San Martino, della fazione guelfa.   

Inoltre sono da registrarsi i frequenti contrasti tra la comunità di Oglianico e gli abitanti delle località di Busano, Salassa e, in particolare, Favria, quest’ultima rientrante per lungo tempo nei domini del marchese del Monferrato. Era questo il contesto socio-politico in cui si maturò la decisione di costruire il ricetto, su iniziativa della comunità e naturalmente con il permesso dei signori locali (vi si riconoscono, quindi, i tratti tipici del ricetto popolare, in opposizione al ricetto signorile, che era invece una pertinenza del castello).

Percorrendo le strade interne, ci si accorge come il ricetto di Oglianico, protetto da una cortina difensiva solo in parte conservata e da un fossato (non più esistente) alimentato dalle acque del torrente Levesa, abbia mantenuto sostanzialmente integro l’impianto urbanistico, con 62 cellule edilizie raggruppate in otto isole e un anello intorno (l’antica “via di lizza”, che correva lungo il perimetro delle mura, non è più leggibile, essendo stata cancellata dall’ingrandimento delle cellule più esterne, che hanno incorporato la cortina muraria).

La torre-porta vista dalla via centrale interna.

La struttura edilizia delle singole unità, disposte su due livelli collegati in origine da una scala a pioli che veniva appoggiata esternamente alla “lobbia”, è stata invece alterata nel tempo, in conseguenza della trasformazione ad uso residenziale del ricetto, che appare oggi assorbito nel tessuto abitativo del borgo.

L’accesso al ricetto è assicurato da un unico varco, protetto da una torre-porta, ben conservata nella tessitura muraria in ciottoli di fiume e pietrame di piccola pezzatura, con inserti successivi in laterizio e un belfredo a base triangolare (torretta di avvistamento) nell’angolo destro in alto, mentre il lato verso l’interno risulta aperto, con soppalchi di legno (smontabili in caso di assedio) che lo suddividono in quattro piani. Una volta venute meno le esigenze difensive, la torre di Oglianico, di cui si trova una fedele riproduzione ottocentesca nel Borgo Medievale di Torino (1884), assunse la funzione di torre civica, con funzioni di richiamo della popolazione, e in seguito di torre campanaria.

All’interno del ricetto, incorporata in una delle isole, troviamo la cappella di Sant’Evasio, una dedicazione inusuale per l’area canavesana. Provvista di una pianta rettangolare a navata unica, terminante in un’abside semicircolare, la chiesetta si trova menzionata per la prima volta in un documento del 1329, che la cita come cappella “campextris” (campestre), lasciando supporre che, in quel periodo, il ricetto non fosse ancora stato realizzato e che l’edificio sorgesse al di fuori dell’abitato di Oglianico. Un altro dato a supporto di questa ipotesi è il dislivello di circa un metro tra il pavimento della chiesa e il piano di calpestio del ricetto che, al momento della sua costruzione, venne collocato su un rialzo del terreno ricavato in modo artificiale per accentuare le possibilità di difesa.

La fondazione della cappella di Sant’Evasio viene quindi fatta risalire a un periodo precedente rispetto alla data di edificazione del ricetto, nell’XI o XII secolo, mentre l’apparato pittorico che ne orna l’area absidale è datato alla metà del Quattrocento (con tracce di affreschi più antichi). Il ciclo comprende, nella fascia inferiore, la teoria degli apostoli, raffigurati a gruppi di tre nell’atto di dialogare tra loro, e la scena della crocifissione (che non è in posizione centrale, ma collocata in corrispondenza della falda acquifera sottostante l’edificio, che era fonte di energia purificatrice) e, nella fascia superiore, il Cristo benedicente in mandorla attorniato dai simboli degli Evangelisti.

Cappella di Sant’Evasio – il Cristo benedicente raffigurato in mandorla.

Un itinerario di visita a Oglianico include anche una sosta davanti all’ingresso della secentesca villa Fresia, appartenuta ai conti Fresia, oggi purtroppo in condizioni di abbandono, privata anche dell’ampio parco con alberi fruttiferi e piante esotiche da cui in origine era circondata, e un breve tour alla scoperta degli affreschi che decorano le pareti di alcune abitazioni, tra cui immagini sacre e sindoniche, la raffigurazione dei beati Amedeo IX di Savoia e San Luigi IX di Francia, e gli stemmi del duca Vittorio Amedeo I e di Maria Cristina di Francia, prima Madama Reale, con la Madonna e San Cassiano, risalenti a metà Seicento.

Paolo Barosso

Giornalista pubblicista, laureato in giurisprudenza, si occupa da anni di uffici stampa legati al settore culturale e all’ambito dell’enogastronomia. Collabora e ha collaborato, scrivendo di curiosità storiche e culturali legate al Piemonte, con testate e siti internet tra cui piemontenews.it, torinocuriosa.it e Il Torinese, oltre che con il mensile cartaceo “Panorami”. Sul blog kiteinnepal cura una rubrica dedicata al Piemonte che viene tradotta in lingua piemontese ed è tra i promotori del progetto piemonteis.org.

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