Andar per luoghi sacri: l’Abbazia di Novalesa, tra le più longeve del Piemonte
Il complesso abbaziale di Novalesa, in Val Cenischia (To), è tra i più antichi dell’arco alpino occidentale. L’atto di fondazione data, infatti, 30 gennaio 726. Il monastero venne dedicato ai santi Pietro e Andrea in un tempo in cui la Chiesa d’Oriente e d’Occidente non erano ancora separate. I monaci di Novalesa seguivano una regula mixta (di San Colombano e di san Benedetto). Proprio da Novalesa, l’abate Benedetto d’Aniane cominciò agli inizi del IX secolo l’opera di unificazione dei monasteri dell’impero imponendo la regola benedettina su richiesta di Ludovico il Pio. Questo fece dell’abbazia il centro propulsore dell’inizio dell’era benedettina che segnerà il medioevo. Sotto Eldrado, che fu abate della Novalesa del 820 al 845, la comunità conobbe il momento di maggiore fioritura spirituale.
Lo stesso Carlo Magno risiedette qui per lungo tempo prima di attaccare i longobardi di Desiderio alle Chiuse di San Michele, contribuendo così a rendere l’Abbazia molto potente. È in questo periodo che venne inaugurata la famosa biblioteca in cui i monaci amanuensi trascrissero e miniarono codici.
Nel 906 l’Abbazia venne distrutta ad opera dei saraceni., costringendo i benedettini a fuggire a Torino per scampare alle scorrerie, rifugiandosi in quello che oggi è il santuario della Consolata. I monaci superstiti fondarono in seguito il monastero di Breme: da qui nell’XI secolo alcuni monaci a tornarono a Novalesa con l’intento di promuovere la ricostruzione dell’abbazia. Nel 1646 i benedettini vennnero sostituiti dai cistercensi, i quali rimasero nel complesso della Val Cenischia fino al 1798, anno in cui il monastero fu soppresso e aggregato all’Ospizio del Moncenisio. Dopo la caduta dell’imperatore dei francesi, il monastero fu ripopolato da alcuni monaci benedettini che si unirono alla Congregazione Cassinese d’Italia nel 1821. La quiete non durò molto perché con le leggi di soppressione del 29 maggio 1855 del governo piemontese il monastero fu venduto all’asta e trasformato in albergo per cure termali. Nel 1972 il complesso fu acquistato dalla Provincia di Torino (oggi Città Metropolitana) e nel 1973 affidato alla custodia della Congregazione di San Giorgio, che ha intrapreso al suo interno un’importante attività di restauro di libri antichi.
La chiesa abbaziale è frutto di una riedificazione progettata tra il 1706 e il 1726 dall’architetto regio Antonio Bertola: venne costruita su un edificio precedente del XII-XIII secolo, del quale rimangono la torre campanaria romanica (non la cuspide, probabilmente coeva al rifacimento della chiesa) e tracce di apparato decorativo antico. In chiesa si conservano l’affresco con il Martirio di Santo Stefano, databile al Duecento, e il ciclo di affreschi conservato nella cappella Provana, raffigurante i Profeti, attribuito ad Antoine de Lonhy, e realizzato nell’ultimo quarto del XV secolo. Sono databili invece agli anni Ottanta del XV secolo le raffigurazioni dei santi presenti nel presbiterio. Nel chiostro, sul lato occidentale, nella lunetta sono affrescati il Pantocratore, Sant’ Eldrado e una benefattrice di nome Clara.
Ulteriori cicli di affreschi si conservano nell’area dell’antico refettorio, dove è presente un velario, e nella manica nord del palazzo abbaziale. Qui si trovano: la Camera degli stemmi, che prende il nome dal fregio vegetale con scudi sabaudi alternati ad armi della famiglia Aschieri, databile tra XIII e XIV secolo; la Camera delle rose, che prende il nome dalla decorazione che simula, su di un graticcio, un intrico di rose; il Salone Carlo Magno dove si conserva, nello sguancio di una finestra, una decorazione a finti conci gialli e blu; la Camera stellata che prende il nome dal cielo stellato affrescato in quell’ambiente.
Nel parco dell’Abbazia è possibile vedere quattro cappelle medievali, dedicate a San Salvatore, San Michele (conosciuta anche come cappella di San Pietro), Santa Maria Maddalena (contenente un dipinto raffigurante Maria con il Santo Graal) e Sant’Eldrado (al suo interno si conservano affreschi dell’XI secolo rappresentanti la vita di Sant’Eldrado e di San Nicola). È anche visitabile il Museo Archeologico dell’Abbazia.
Dal 2009 l’antico refettorio dell’abbazia ospita, invece, il Museo Archeologico, all’interno del quale sono confluiti numerosi reperti databili tra l’epoca romana e il periodo rinascimentale, rinvenuti nel corso degli scavi condotti presso l’abbazia tra il 1979 e il 2004.
Per quanto riguarda le visite turistiche è possibile prenotare scrivendo almeno tre giorni prima a visite@abbazianovalesa.org. Gli orari: alle 10.30 e 11.30 del sabato e alle 11.30 della domenica dal 16 settembre al 6 gennaio e dal 15 marzo al 30 giugno. Sono previste anche visite contemplative. Per maggiori informazioni visitare il sito all’indirizzo https://www.abbazianovalesa.org/
Piero Abrate