La Rocca di Arignano e la pietra filosofale di Cagliostro
Per secoli teatro di leggende su spiriti, fantasmi, alchimisti ed epidemie scampate, di recente è tornata a nuova vita la Rocca di Arignano. La monumentale struttura viene citata per la prima volta nell’anno 1047 in un diploma dell’imperatore Enrico III a favore del Capitolo di San Salvatore di Torino, anche se l’attuale costruzione, sulle rovine del precedente, è da attribuirsi alla fine del XIII secolo in concomitanza della più imponente ristrutturazione del territorio chierese avvenuta alla fine della guerra tra il potentissimo marchese Guglielmo VII del Monferrato e la confederazione dei comuni, tra i quali Chieri e Asti, appoggiati da Amedeo V di Savoia. Del complesso iniziale formato da un basso muro di protezione, un palazzo di abitazione e un mastio quadrato, perno per la difesa, sono tuttora visibili una parte del mastio e poco altro. Il castello superiore fu danneggiato pesantemente nel XIV secolo dalle milizie di ventura di Facino Cane. A fronte di questo attacco la rocca venne ristrutturata e ampliata con la costruzione di quattro torri, di cui solo una rimasta in piedi e presente ancora oggi.
La Rocca sorge nella parte più alta del paesino medievale e di fatto è rimasta praticamente immutata dal XV secolo. Si narra che verso la fine del Trecento il castello fosse abitato da una coppia di giovani sposi. Lui era molto geloso, un giorno accecato dall’ira strangolò la moglie mentre passeggiava in giardino. Poi la gettò in fondo ad un pozzo. E, come se nulla fosse, accusò un servo del delitto ed il poveretto, dopo un sommario giudizio, venne impiccato. Da quel momento nella rocca iniziò una vita di bagordi e di lussuria mentre nelle campagne si moriva di fame per una prolungata carestia. La popolazione stufa di soffrire la fame mentre il signore di turno sprecava cibo e denaro, si ribellò ed entrò nella rocca. Il castellano venne fatto prigioniero e di lui non si seppe più nulla. Il castello venne abbandonato e chiamato dai contadini “castello maledetto”. Da allora ad Arignano si racconta che il fantasma di una fanciulla completamente vestita di bianco vaghi per le stanze della rocca. Alcuni assicurano anche che all’imbrunire la bellissima contessa si affacci dalla finestra più alta del castello. Connessa a questa leggenda, c’è quella che riguarda un uomo che scavava in quei luoghi alla ricerca di un tesoro, finché non arrivò il fantasma della ragazza a consigliargli di scavare altrove, ma di fatto spaventando l’uomo che sarebbe scappato via.
Un altro mistero legato ad Arignano, come riporta anche il FAI, riguarda il celebre alchimista medioevale Cagliostro, che nella Rocca avrebbe lavorato alla mitica pietra filosofale, l’artefatto che permetteva di trasformare un metallo vile in oro. Simili frequentazioni, contribuirono ad alimentare l’aura esoterica che ammanta il Piemonte, regione che, secondo gli amanti dell’occulto, si trova sia alla sommità dell’immaginario triangolo della magia bianca (con Praga e Lione) che della magia nera (insieme a San Francisco e Londra). Da qui la fama del castello, il quale, oltre a fenomeni meritevoli della visita della giovane castellana strangolata dal marito, nasconderebbe anche un tunnel sotterraneo che condurrebbe direttamente alle leggendarie grotte alchemiche, luogo in cui è custodita proprio la pietra filosofale.
Infine, un racconto popolare narra che, durante la peste del Trecento narrata anche da Boccaccio nel Decameron avrebbe misteriosamente risparmiato gli abitanti del luogo, a differenza di quelli nei territori vicini.