Nati l’8 settembre: lo scrittore vercellese Achille Giovanni Cagna
Achille Giovanni Cagna nasce a Vercelli l’8 settembre 1847 da un’umile famiglia e dopo l’espulsione dalla scuola tecnica iniziò a lavorare assieme al padre stipettaio. La sua passione per la letteratura sboccia tardivamente e lo scrittore segue il tipico percorso dell’autodidatta, aiutato da alcune amicizie particolarmente influenti, come quella di Giuseppe Cesare Abba, Edmondo De Amicis e soprattutto Giovanni Faldella. Nel corso della sua vita, all’opera di di narratore affianca quella di poeta. Collabora anche a periodici e quotidiani: da Vita Moderna di Milano a Paese di Torino.
I suoi esordi, Falene dell’amore e Un bel sogno (1871) sono però ispirati da autori come Medoro Savini e Antonio Ghislanzoni, vista l’impronta sentimentale portata alle descrizioni commoventi e patetiche emersa nei due racconti. Della sua produzione narrativa si ricordano: Provinciali (1886), Alpinisti ciabattoni (1888), La rivincita dell’amore (1891), Contrada dei gatti (1924) ed altre ancora. Con la pubblicazione di Provinciali appare più chiaro l’influsso faldelliano. In questo libro, lo scrittore focalizza la sua minuta attenzione sulla vita di provincia, caratterizzandosi per l’affresco del contesto cittadino visto dalla sua angolazione particolare, espresso grazie al gusto delle impressioni e di un linguaggio colorito impreziosito da invenzioni lessicali talvolta tendenti alla crudezza.
Nelle sue opere viene vivacemente rappresentata la vita di un certo mondo piccolo-borghese. Dall’amico Giovanni Faldella gli deriva una ricerca stilistico-linguistica in chiave espressionistica. Quello che è considerato il suo capolavoro: Alpinisti Ciabattoni, viene rivalutato da Croce e, Gobetti, soprattutto per le sue innovazioni linguistiche, che seguirono il percorso creativo aperto da i Provinciali estendendolo dal punto di vista dell’ispirazione. Il libro narra le disavventure di una coppia di commercianti in vacanza.
La sua produzione in versi è costituita da tre raccolte, Povera cetra! (Milano, 1874); Serenate (Milano, 1875) e la più tarda Valsesia (Vercelli 1907), ispirate ad un facile sentimentalismo che risolve le proprie componenti fondamentali, moralismo e sentenziosità, in una struttura di tipo esclusivamente discorsivo, che di lirico conserva solo il rispetto di esili forme metriche. Lo scrittore si cimenta, infine, in varie opere teatrali e pubblica anche due volumi di versi. Muore a Vercelli il 23 febbraio 1931 all’età di 83 anni.