“Involontario narciso”, l’ultima magnetica raccolta poetica di Ugo Mauthe, il poeta che fa parlare il silenzio
Non essendo io un recensore di professione, e tanto meno un re–censore, mi dovrà perdonare il recensito (che potrebbe anche essere, perché no?, un ‘re-censito’: intendo dire il re di un ipotetico regno poetico), se il mio linguaggio a commento della sua ultima lucente silloge sarà molto poco convenzionale, esimendomi dall’attingere a quel lessico spesso ampolloso e ridondante (e quindi spocchioso) di molti critici letterari autentici.
Bene, detto questo, devo ammettere che la silloge “involontario narciso” (titolo rigorosamente riportato con le iniziali minuscole anche in copertina) di un Poeta (che invece merita la P maiuscola), Ugo Mauthe, mi ha intrigato come non mai.
Intanto mi affascina quel suo saper giocare con le parole, farcendole sapientemente (talora in modo un po’ arcano, bisogna dirlo!) di allitterazioni, iperboli, metafore e ossimori, impensabili ai più, originali e geniali. E poi, io che scrivo prevalentemente poesie (poesie?) in rima e in metrica, non posso che esprimere sorpresa per il candore, la magia, la profondità, l’incanto, la musicalità che si sprigiona dai quei suoi versi “liberi”, senza vincoli di schemi preconfezionati, estetici e mentali. Dunque è vero: non è la metrica, non è la prosodia, non è – tantomeno – la rima che fanno la Poesia. La Poesia è nelle parole, nel loro intreccio sapiente, nell’armonia del reciproco intarsio, ma attenzione: la Poesia solo in piccola parte sta nelle parole scritte. La poesia è nei meandri delle parole sottese, è spesso nel silenzio che svela il pensiero, il sentimento, la gioia, il dolore, l’ansia del Poeta, non espressi in chiaro sulla carta, ma implicitamente celati (e svelati) tra i versi.
Del resto, è lui stesso che scrive: “ci sono più parole nella nebbia che nella piena luce”, e “se nulla vedi, tutto ascolti” (pag. 41).
I versi di Mauthe sono versi d’Autore. Con la A maiuscola, anche in questo caso, in contrasto netto con le lettere reiteratamente minuscole dei titoli e dei capoversi delle liriche contenute in questa silloge.
Si può essere “involontari narcisi” di noi stessi, catturati nostro malgrado dalla nostra immagine riflessa al fondo di un pozzo, o in un secchio, o in uno specchio, e che ci appare tremula, instabile (eppure inevitabilmente presente, mai volatile), per tutto il tempo che la contempliamo? Certo, si può essere attratti da quella visione, ma se non ci si bea, se non ci si crogiola nel contemplarla, e ne sappiamo cogliere i segni delle nostre debolezze e delle nostre imperfezioni, dell’invecchiamento, dei turbamenti interiori, dei nostri sensi di colpa, allora non si è affatto dei Narcisi, ma esseri razionali, obiettivi, saggi, tetragoni, consci dei propri limiti.
Il volto di Mauthe, rispecchiato nell’acqua di un secchio, di un lago o sulla superficie di un vetro lucente, di per sé rifletterebbe tutta la luce della sua anima interiore, del suo animo generoso, della sua modestia innata; ma lui non coglie quella luce o se ne sottrae, proprio perché è una persona umile. Va a cercare le ombre, piuttosto. Fortunatamente, noi Lettori – invece – percepiamo quella luce. E ci illuminiamo delle sue virtù: come della capacità di affrontare con pazienza un’attesa sospesa (perché fulminea trascorre la lentezza, pag. 20), o quella di mantenere la memoria dei sogni (perché i sogni ricordano altri sogni, pag. 23), ma anche quella di non farsi annegare nei ricordi (le vecchie foto… ci artigliano… con l’unghiata acidità del sottaceto, pag. 25). Mauthe non disconosce la fatica di vivere (“mai più nascere senza prima aver vissuto – per vivere occorre allenamento“, pag. 42), ma da uomo provato dal dolore e dall’esperienza quotidiana, sa anche volgere lo sguardo là dove “sorge quel sole bambino che tutto dissolve” (pag. 44) per recuperare nuove speranze e nuove energie. Considerazioni che hanno la monumentalità di un’epigrafe, di un aforisma, di un assioma inconfutabile, prerogativa di un’intelligenza non comune. Le immagini allo specchio, o quelle riflesse nell’acqua di un secchio sono la fotocopia degli stati d’animo del Poeta, cangianti a seconda della postura e dell’angolo di osservazione in cui lui stesso si pone ad osservare il mondo.
Versi che restano sempre insoliti, sorprendenti, efficaci, talora pure contraddittori, ma proprio per questo in grado di far “riflettere” nell’acqua di quel secchio anche il Lettore, come quando Mauthe scrive che le finestre provano “il senso di colpa d’aver lasciato entrare il fuori”, pag. 35, ma poi si ricrede, scrivendo: “fiocchi di silenzio / vagano per la stanza / apri la finestra amore mio / lasciamoli volar via / avvicinati se vuoi / uno ne hai sulle labbra / sciogliamolo tra noi”.
E ditemi se non è poesia sublime questa.
(Sergio Donna | 25 Ottobre 2023)
Ugo Mauthe, involontario narciso, 96 pagg., Il Convivio Editore, Castiglione di Sicilia (Ct), 2023, 12,50 €