Galliate, a caccia del nascondiglio ideato da Leonardo e del tesoro di Ludovico il Moro
Nel mezzo di una vasta piazza di Galliate, a due passi dal capoluogo Novara, appare in tutta la sua imponenza il castello, che il duca di Milano Galeazzo Sforza fece edificare nel 1476 su precedente rocca militare viscontea. I lavori dovevano dare alla fortezza la destinazione di residenza di caccia per lo svago della corte milanese e proseguirono in tal senso anche dopo la morte del duca con la successione di Ludovico il Moro, anch’egli appassionato cacciatore. La pianta dell’edificio segue uno schema rettangolare e il sistema di difesa comprende un ampio fossato attorno alle mura con la presenza di alcune bombardiere, alternate e feritoie. Ai quattro angoli si elevano quattro torrioni, che sporgono dalla cerchia delle mura, collegati tra loro da passaggi sotterranei e ancor oggi in buono stato di conservazione.
Nel 1496 cominciarono già i primi lavori di miglioramento, con l’apertura di ampie finestre e la costruzione di nuovi vani, che proseguirono nei secoli seguenti. I mutamenti più importanti alla struttura del castello furono portati nel corso del secolo XIX e da quel periodo in poi, sia l’amministrazione civica di Galliate, sia alcuni privati, divenuti in parte proprietari, riadattarono i vasti locali a seconda delle diverse necessità e funzioni. Oggi, la torre castellana di nord-est e, in parte, l’attiguo cammino di ronda ospitano il Museo “Angelo Bozzola”, che raccoglie sculture, dipinti e opere grafiche donate dall’artista galliatese alla sua comunità di origine, mentre negli ambienti della manica e della torre angolare di sud-ovest trova spazio la biblioteca comunale.
A Galliate, leggenda e fatti storici vanno a braccetto. A partire dal tesoro di Ludovico il Moro che si dice sia ancora celato nel castello. Si parla di due tonnellate d’oro oltre a gioielli, candelabri e una quantità smisurata di monete d’argento. Sul finire del XV secolo, in seguito all’occupazione francese dei Valois, Ludovico Sforza mise in salvo le sue ricchezze dividendole in due parti: la prima viaggiò nel 1499 verso la Svizzera ed il Tirolo e gli venne sottratta dal futuro imperatore Massimiliano; la seconda, nell’imminenza dell’invasione, venne nascosta nel castello di Galliate. Ma dopo la morte del Moro non se ne seppe più nulla. Certo è che in alcune carte manoscritte di Leonardo da Vinci, progettista di un nascondiglio all’interno del maniero, si troverebbe traccia del tesoro ducale e al segreto per ritrovarlo là dove si accenna a un misterioso “mattone anomalo entro una fila regolare”. Il segreto per ritrovare il nascondiglio starebbe in un mattone diverso da tutti gli altri. In tanti l’hanno cercato nel corso dei secoli passati, ma senza fortuna. Il tesoro sarebbe ancora nascosto dove lo occultarono Ludovico il Moro e Leonardo da Vinci.
Alcuni degli ultimi inquilini del castello raccontano però di misteriosi passi che dopo la mezzanotte scendevano pesantemente da una torre e si perdevano nei sotterranei, immancabilmente tutte le sere. C’è chi è convinto che si tratti della presenza di qualche fanciulla del borgo rapita dagli Sforza che – è risaputo – amavano molto il gentil sesso. Si dice che quando erano stanche delle grazie delle giovani donne le facessero sparire nei sotterranei o in qualche pozzo attrezzato con lame pronte a trafiggerne i corpi magari ancora vivi. Ma c’è anche chi è convinto che i misteriosi rumori siano opera di un castellano vissuto nel XIX secolo, che a un certo punto sarebbe sparito e nessuno ne abbia più saputo nulla. Raramente si allontanava dal maniero e dietro quelle mura scavò e cercò cavità occulte. Pare si chiamasse Antonio Guzzetto e che sia stato sepolto nel castello, ma non è mai stato trovato il luogo e il nome non è registrato negli archivi. Di lui esiste un ritratto, un olio su tavola di fine Ottocento, ma non si sa altro.
Sul finire del secolo scorso, Maria Novarino, allora proprietaria di una parte del castello, confermava l’esistenza di strane, ma innocue, presenze che l’avevano convinta a trasferirsi in un’altra ala della magione. Dai suoi scritti si sa che un’affittuaria di un’ala del castello, tale Ester Gattinoni, a metà del Novecento sentiva distintamente intorno a mezzanotte un passo pesante salire le scale fino in solaio o scendere in cantina. Una sera il marito, armato di randello, era corso su per le scale per fermare il ladro ma si era trovato di fronte a una porta chiusa a chiave e alle scale vuote.
Piero Abrate