Pininfarina: la storia quasi centenaria di un marchio che in tutto il mondo è sinonimo di stile
PRIMA PARTE. Sull’onda del compianto per la recente scomparsa di Paolo Pininfarina, nipote del fondatore dell’azienda creata in Borgo San Paolo nel 1930 da Battista Farina, detto Pinin, dedichiamo due articoli alla storia di questo glorioso marchio
Battista Farina, detto Pinin, nasce a Torino il 2 novembre del 1893 da una famiglia di ristoratori originaria di Cortanze, piccolo paese dell’astigiano, che conta non più di 300 anime.
Uno dei dieci fratelli di Pinin, Giovanni Farina, più anziano di dodici anni, da un po’ di tempo lavora come carrozziere presso le Officine Marcello Alessio. È Giovanni a trasmettergli la passione per le automobili, ma soprattutto per le linee e il design delle carrozzerie, passione che lo accompagnerà per tutta la vita. Fu Giovanni, esperto riparatore di carrozzerie, a convincere il padrone dell’officina ad assumere come apprendista il giovanissimo Pinin. Nel 1910, Giovanni decide di mettersi in proprio aprendo un’officina per le riparazioni delle carrozzerie per automobili.
Con l’amatissimo fratello Battista (Pinin) e con l’altro fratello Carlo, costituisce la Società Stabilimenti Farina, con sede in Corso Tortona 12. L’attività va a gonfie vele, grazie ad un provvidenziale e proficuo rapporto d’affari con la Fiat. In quegli anni, quando si era dotati di un forte spirito imprenditoriale e di una grande passione per i motori e per le auto, il passaggio dalla riparazione delle carrozzerie alla creazione di nuove scocche per i vari chassis prodotti dalle aziende automobilistiche risultava alquanto semplice e naturale. E in effetti, i Fratelli Farina si cimentano in questa attività con grande entusiasmo e pari successo. Arrivano però gli anni del primo conflitto mondiale. I comandi militari requisiscono tutte le vetture già costruite o in corso di allestimento all’interno della Carrozzeria Farina, e Pinin decide di dedicarsi personalmente alla produzione di aerei per uso bellico. Battista Farina, negli anni della Grande Guerra, dirige in prima persona la produzione di un modello di aereo, l’Aviatic, utilizzato come velivolo per la scuola di pilotaggio. Gli fu riconosciuto un encomio solenne dalla Direzione Tecnica della Regia Aviazione Militare, per l’efficienza del motore e la perfetta maneggevolezza in volo.
Nel 1920, Battista Farina entra in contatto con Henry Ford. A Detroit, il grande finanziere americano resta colpito dalla genialità di questo italiano con il pallino del design, dallo stile creativo innovativo e seducente, e gli proprone di fermarsi nel Michigan per collaborare con la sua azienda. Ma Farina ha il cuore in Italia, nella sua Torino, e non si lascia tentare dalle seduzioni d’oltreoceano. Quel che vuole veramente Pinin è costituire una nuova fabbrica tutta sua, in cui dar sfogo alla propria creatività.
La comune passione per i motori e per le auto finisce per far cementare l’amicizia tra Pinin Farina e monsù Vincenzo Lancia. I due s’intendono a vista. Condividono progetti ed idee. Così, quando nel giugno del 1930 Pinin Farina si decide finalmente a compiere il gran salto, e cioè a metter su una fabbrica tutto da solo, indebitandosi persino con i suoi familiari, l’amico Vincenzo lo sostiene nell’iniziativa non solo moralmente, ma anche finanziariamente. La neonata “Società Carrozzerie Pininfarina” s’insedia così in Corso Trapani 107, in Borgo San Paolo. Gli ampi locali si estendono su una superficie di circa 9250 metri quadrati. Con una forza lavoro di novanta operai specializzati, Pinin Farina inizia subito a costruire automobili in serie limitate e speciali, destinate soprattutto ad un mercato di nicchia, costituito da una clientela senza problemi economici. Le splendide vetture di Pinin Farina sono esposte ai principali Saloni Internazionali dell’Automobile, e subito si mettono in luce per la cura dei loro interni e per l’eleganza delle linee. La folla le ammira, e si accalca intorno con commenti di approvazione. Erano vetture Fiat, Lancia, Alfa Romeo e Isotta Fraschini, ma allestite con carrozzerie speciali, particolarmente curate ed esclusive. Tutto il bel mondo internazionale faceva a gara per acquistare quelle splendide automobili fabbricate in Borgo San Paolo: tra i numerosi clienti, Farina annoverava la Casa Reale di Romania, quella dell’Irak, e persino uno sceicco dell’Hegiaz. Nel 1932 anche Guglielmo Marconi volle acquistare una vettura carrozzata e firmata Pinin Farina. Negli anni seguenti, la fabbrica torinese registra una marcata crescita produttiva ed uno spiccato aumento del fatturato. Nel 1939, l’organico raggiunge i 500 dipendenti e gli Stabilimenti Farina sono ormai in grado di produrre ottocento vetture all’anno.
Nel 1940, l’Italia entra in guerra. Accantonata, com’è logico, la produzione di automobili fuoriserie, Pinin Farina si orienta verso la fabbricazione di veicoli per il Regio Esercito: autoambulanze, autocarri e sedili per aerei Fiat. Farina riesce a ottenere una serie di provvidenziali commesse dall’Arsenale di Piacenza per la costruzione di carri da traino, slitte ed imbarcazioni: il che permette all’azienda di mantenere, nonostante l’economia di guerra, una forza lavoro di circa 250 operai. I tradizionali combustibili energetici per far funzionare gli impianti sono ora fortemente razionati, per cui, negli stabilimenti di Corso Trapani, si deve far ricorso all’energia ottenuta dalla combustione della segatura. Per questo combustibile di assoluta emergenza, ma alla bisogna rivelatosi efficace, la Pininfarina si approvvigiona dalla Segheria di Ornavasso, comune situato tra il lago Maggiore e il lago d’Orta (ora in provincia di Verbania).
Negli anni della Resistenza, Pinin Farina entra in contatto con le formazioni partigiane che operano sulle colline astigiane, con cui collabora attivamente. Sfidando la polizia di regime, Pinin le rifornisce di veicoli, ma anche di pneumatici, di parti di ricambio e carburante, provenienti dallo stabilimento di Borgo San Paolo. Anche lo stabilimento Pininfarina di Montechiaro d’Asti è in stretto rapporto con i nuclei partigiani dell’astigiano, e in particolare con la 19^ Brigata Garibaldi. I dipendenti si fanno carico delle riparazioni e della manutenzione dei camion e delle auto in dotazione ai partigiani: negli ultimissimi mesi del conflitto riusciranno persino a produrre e distribuire clandestinamente ai combattenti della Resistenza armi e munizioni (Sten e caricatori per mitra Beretta).
Nonostante lo scoppio di un incendio che nel 1946 devasta lo stabilimento di Borgo San Paolo, negli anni successivi al conflitto l’attività della Pininfarina riprende a pieno regime. Ma sarà la produzione della Cisitalia 202, una piccola berlina Gran Turismo, dalle linee eleganti e raffinate (disegnata da Giovanni Savonuzzi e progettata da Dante Giacosa, per la Cisitalia di Pietro Dusio), a consacrare il definitivo successo dell’azienda. La vettura nel 1947 meritò di essere esposta al Museo d’Arte Moderna di New York, per l’eleganza e la purezza delle sue linee. Così commentava Sergio Pininfarina quest’automobile: «Nata dalla fertile collaborazione tra la Cisitalia e la Pininfarina, la 202 berlinetta è considerata una delle otto vetture più significative di tutti i tempi: essa ha influenzato, forse più di ogni altra, il disegno delle auto sportive di tutto il mondo».
Tra il 1948 e il 1958 la Pininfarina è ormai un complesso industriale di grandi dimensioni, che produce modelli che sono entrati meritatamente nella storia dell’automobilismo. Ne citiamo qualcuno. Nel 1953 viene realizzato il filante coupé Fiat 1100, venduto in 700 esemplari. Nel 1954, al Salone dell’Automobile di Bruxelles, viene esposta la Lancia Aurelia S, una vettura sportiva dalle linee perfette, una delle più belle vetture in assoluto mai disegnate dalla matita di un carrozziere. Un successo che consacra ed esalta la classe del grande stilista torinese. Nel 1955 è la volta dell’Alfa Romeo Giulietta Spider: ne verranno prodotte 27.000 esemplari. E ancora: l’elegante e sontuosa Lancia Florida, sempre del 1955. Nel 1959 inizia la collaborazione tra Farina e Ferrari: al Salone di Parigi di quell’anno viene presentata la 250 GT a passo corto, una vettura superba, dalle linee accattivanti, che sa mixare la classe e la grinta sportiva delle auto del Cavallino rampante con l’eleganza inimitabile del design di Pinin Farina. Per sviluppare la produzione secondo i criteri della massima razionalizzazione del lavoro, la Pininfarina, nel 1958, trasferisce la sede dell’attività nel nuovo sito industriale di Grugliasco, alle porte di Torino: l’area si estende su 36.500 metri quadrati. Gli anni successivi segneranno un notevole incremento della produzione con un conseguente sensibile aumento degli addetti.
Nel 1961, Pinin Farina lascia il timone dell’azienda al figlio Sergio Farina. In quello stesso anno, con decreto firmato dall’allora Presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi, i Farina cambieranno il proprio cognome in Pininfarina, in onore del fondatore dell’azienda. Pinin, “l’uomo nato con l’automobile”, si spegnerà qualche annopiù tardi, il 3 aprile 1966, stremato da una lunga malattia.
Nel 1967 la Pininfarina lascia definitivamente la struttura industriale di Borgo San Paolo, per concentrare nella sede di Grugliasco produzione e attività amministrativa, non lontano dalla nuova sede della sua eterna gemella-rivale, la Bertone. Il 1968 è l’anno in cui fa il suo debutto la 124 spider: un successo di portata internazionale, con un produzione complessiva che raggiunge i 150 mila esemplari firmati Pininfarina. I decenni successivi saranno caratterizzati da cicli di prorompente crescita produttiva, alternati a fasi di grave contrazione delle vendite, a seconda degli alti e bassi del mercato dell’auto.
Il destino dei due grandi carrozzieri torinesi, Pininfarina e Bertone, entrambi nati e cresciuti industrialmente in Borgo San Paolo, corre davvero su binari quasi paralleli, nei periodi di espansione, come in quelli di recessione, e persino nei risvolti più drammatici. Entrambe queste aziende sono sempre e comunque riuscite, dopo le fasi critiche, a ritrovare la via della rinascita e del successo. Particolarmente ostili furono le articolate e sofferte vicende economico-politiche dell’autunno 2009, in parte risolte con interventi pubblici e privati per il rilancio dei due storici marchi.
Fine prima parte (continua)
Sergio Donna
Fonti bibliografiche:
Nino Balestra e Cesare De Agostini, Cisitalia, Automobilia, Milano, 1980
Sergio Donna, Le Antiche Fabbriche di Borgo San Paolo | Cent’anni di ruggente e gloriosa storia industriale torinese, Ël Torèt | Monginevro Cultura, Torino, 2022