La scomparsa di Paolo Pininfarina, maestro di umanità e di design
SECONDA PARTE. Con questo articolo si conclude il servizio dedicato alla storia della Pininfarina, fondata a Torino in Borgo San Paolo da Pinin Farina – “l’uomo nato con l’automobile” – nel 1930
Ai primi di ottobre del 2009, i dipendenti del Gruppo Pininfarina, divisi tra gli stabilimenti di Grugliasco, Cambiano, San Giorgio e Bairo, risultavano pari a circa 1600 persone. Negli stabilimenti di Grugliasco erano concentrati i reparti lastratura e verniciatura. Nelle sedi canavesane, invece, venivano attuati i finissaggi delle Alfa e delle Ford. La pesante crisi economica internazionale in atto aveva comportato per la Pininfarina una drastica riduzione della produzione, con continui, reiterati ricorsi alla cassa integrazione, anche straordinaria. A quella data, i ventilati piani di salvataggio o le tentate scalate all’acquisto del pacchetto della Pininfarina sembravano essersi definitivamente insabbiati, con grave pregiudizio per il futuro dell’azienda. Ma il 15 Ottobre, Paolo Pininfarina annunciava: «Oggi è un bel giorno: stiamo facendo la cosa giusta nella direzione di uscita dalla crisi». Erano infatti appena state definite le linee strategiche dell’operazione per salvare la Pininfarina, con capitali sia pubblici che privati. La Regione Piemonte, tramite la Finpiemonte Partecipazioni, avrebbe stanziato 15 milioni di euro per acquistare lo stabilimento di Grugliasco. Lo storica azienda poteva così ridurre la propria dimensione per ritornare ad essere competitiva.
L’imprenditore Gianmario Rossignolo, dal canto suo, s’impegnava a prendere in affitto dalla Regione i locali di Grugliasco per almeno sei anni, al canone annuo di 650 mila euro: gli stabilimenti sarebbero stati utilizzati per produrre tre nuovi modelli di vetture d’alta gamma, ecocompatibili, caratterizzate da scocche aventi un maggior contenuto d’alluminio, per renderle più ecologiche e più leggere, ma al tempo stesso molto più sicure, grazie all’impiego di una speciale gabbia protettiva. La realizzazione del primo prototipo era prevista per la primavera del 2011. A pieno regime, la produzione annua complessiva si sarebbe dovuta assestare sulle 8-9000 unità, circa 3000 vetture per ogni modello. Dal canto suo, la nuova Pininfarina avrebbe potenziato la sua attività nel settore della componentistica e della progettazione delle auto, dei veicoli e degli autobus a motore elettrico. Nel novembre 2009 si era ventilata la possibilità che lo stabilimento Pininfarina di Grugliasco potesse accogliere anche il Centro Stile Ferrari, alla cui direzione era stato recentemente chiamato l’architetto Flavio Manzoni. L’azienda, vista anche l’alta percentuale di impiegati sul totale dei propri dipendenti, avrebbe dato impulso al settore del design e dell’ingeneering, proprio come era parallelamente successo per la Stile Spa, di Lilli Bertone, con sede a Caprie, che aveva da poco riacquisito i diritti sul marchio Bertone. Le produzioni per il completamento delle commesse Alfa e Ford, negli stabilimenti Pininfarina del Canavese, terminarono a fine 2010. A fine ottobre 2010 Gianmario Rossignolo e i dirigenti della De Tomaso aveva intanto presentato ai delegati i primi due prototipi di auto di alta gamma che l’azienda, con un organico di 900 dipendenti, sarebbe stata chiamata a produrre. L’esordio ufficiale dei modelli fu stabilito per l’edizione 2011 del Salone di Ginevra.
Nel Gennaio del 2011, su alcuni quotidiani e alcune riviste specializzate nel comparto automobilistico, si lesse che la Baic, quinto costruttore del mercato dell’auto cinese, sarebbe stata interessata all’acquisto della Pininfarina, in linea con la strategia espansionistica di quest’azienda del Sol Levante, intenzionata a rilevare importanti gruppi stranieri, in modo da rendersi autonoma dai partners dell’epoca (Daimler Benz e Hyundai) sotto il profilo tecnologico e commerciale. Ma già nell’autunno del 2010, anche l’azienda austro-canadese Magna avrebbe espresso interesse a rilevare l’azienda torinese; e pure il finanziere bretone Vincent Bolloré (che con Pininfarina aveva già da tempo stretto una partnership nella progettazione e nella costruzione delle auto elettriche di futura generazione), si sarebbe dichiarato pronto a entrare con una quota di partecipazione nell’azienda torinese leader nel design industriale e automobilistico in caso di un riassetto del capitale sociale. Al di là delle cronache e delle illazioni economico-finanziarie dell’epoca, l’Ufficio Stampa della Pininfarina ammise che i vertici aziendali erano in fase di raccolta e valutazione delle offerte, ma la storica fabbrica dalle origini sanpaoline, simbolo del made in Italy, restava al momento ancora saldamente guidata da Paolo Pininfarina.
Ma la nuova vocazione aziendale sembrava ormai quella di un graduale passaggio dall’auto al design. Quando il 7 Agosto 2008 Andrea morì tragicamente, vittima di un incidente stradale, fu il fratello Paolo a prendere in mano da solo il timone dell’azienda. Il padre Sergio scomparve quattro anni dopo, il 3 Luglio 2012. E era stato proprio lui, Sergio Pininfarina, pochi giorni dopo la perdita di Andrea, ad affidare a Paolo (classe 1958 e laurea in ingegneria al Politecnico di Torino) il compito di sviluppare il settore dei progetti non automobilisti, nel quale credeva moltissimo. In un’intervista dell’epoca a La Stampa, così si espresse Paolo Pininfarina: “Feci notare a mio padre che a mio fratello facevano capo decine di migliaia di dipendenti, mentre io avrei gestito un gruppo limitato di persone. Ma lui mi rispose: Vedrai, entro i prossimi trent’anni la nostra attività sarà molto meno basata sull’auto, e molto di più sul design”.
Il 14 Dicembre 2015 Paolo, per le difficoltà del comparto automobile, è costretto a cedere il ramo dell’azienda all’indiana Mahindra, con un investimento di quasi 25 milioni di euro, il 76% delle azioni della Pincar, holding della famiglia Pininfarina.
Per uno che aveva ereditato dal nonno e dal padre una passione viscerale per l’automobile, non dev’essere stato facile entrare in quest’ottica: “L’auto – diceva Paolo Pininfarina in quella stessa intervista a La Stampa già citata – è stato il centro della mia vita di uomo, progettista e imprenditore”. Eppure, Paolo ha saputo reagire e ricoprire il ruolo di “innovatore” d’avanguardia conducendo l’azienda nel design del futuro con lungimiranza, genialità e chiarezza di idee, senza mai tradire, anzi rafforzando, la tradizionale filosofia aziendale e il fascino suggestivo del marchio Pininfarina.
E in effetti, pur non avendo tralasciato del tutto l’automotive, oggi la Pininfarina è soprattutto sinonimo di design: edilizia, oggetti di uso comune, arredamento di interni. E Paolo Pininfarina è stato il principale artefice di questa nuova e prestigiosa vocazione industriale, con il pregio di mantenere alto nel mondo il prestigio di un marchio quasi centenario e dal carisma indiscusso.
Il 9 Aprile 2024, anche Paolo Pininfarina ci ha lasciati. Silvio Angori – l’Amministratore delegato del Gruppo – così commentava la perdita di questo grande uomo: “Gli siamo tutti riconoscenti per aver tutelato la nostra storia e la nostra identità aziendale”, ma soprattutto – aggiungiamo noi – per aver svolto il suo ruolo di oculato imprenditore con grande umanità. Per questo la sua comparsa ha lasciato uno strascico di commozione e di rimpianto.
Sergio Donna
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Fonti bibliografiche
Nino Balestra e Cesare De Agostini, Cisitalia, Automobilia, Milano, 1980
Sergio Donna, Le Antiche Fabbriche di Borgo San Paolo | Cent’anni di ruggente e gloriosa storia industriale torinese, Ël Torèt | Monginevro Cultura, Torino, 2022
Carlo Biscaretti di Ruffia, Carrozzieri di ieri, Carrozzieri di oggi, Anfiaa, Gruppo Costruttori
Carrozzerie. Torino, 1952