La Consolata, una delle chiese più amate dai torinesi, si appresta a festeggiare il 20 giugno
TORINO. La chiesa della Consolata è il Santuario per antonomasia per i Torinesi, caro e amato dalla città, che ne ha seguito i più importanti momenti storici: l’assedio del 1706, il sacerdote e confessore Giuseppe Cafasso, il terribile “cholera morbus” che a più riprese funesta la metà dell’Ottocento – con l’innalzamento della colonna votiva a lato all’antico ingresso su via della Consolata, oggi chiuso – e l’ultima guerra mondiale, che ispirerà al poeta piemontese Nino Costa la poesia La Consolà.
Fra storia e leggenda, il Vescovo Eusebio di Vercelli (primo Vescovo e prima Diocesi in Piemonte) dona al Vescovo Massimo di Torino una effigie della Madonna che ha portato con sé dall’esilio in Palestina. L’immagine viene collocata nel primitivo Oratorio dedicato a S. Andrea, oggi parte inferiore del complesso della Consolata. Ai tempi di S. Massimo la chiesa di S. Andrea si trova in un minuscolo quadrato post-romano, che oggi potremmo identificare con i lati su via della Consolata, via Carlo Ignazio Giulio, via Pietro Micca/Cernaia e piazza Castello.
Nel X secolo qui arrivano i monaci benedettini della Novalesa, scacciati da invasori arabi; trovando rifugio in una chiesetta; nel 1014 Arduino, Marchese di Ivrea e Re d’Italia, dopo il sogno che è immortalato sul frontone della attuale Cappella delle Grazie (la “Visione di Re Arduino”, dipinta dal Morgari), fa restaurare la cappella originaria dove si conservava l’effigie. Di questo fatto abbiamo notizia dalla Cronaca di Fruttuaria, il potente complesso monastico fondato da Guglielmo da Volpiano, di cui oggi rimane la chiesa parrocchiale di S. Benigno Canavese.
Nel 1104 si svolge la vicenda del “cieco di Briançon” che, guidato da un altro sogno, arriva a Torino, ritrova l’immagine, nel frattempo perduta, della Vergine e riacquista la vista.
Difficile, sin qui, delineare i precisi confini, come detto, fra storia e leggenda. A noi Torinesi, piace raccontarla in questo modo, suffragati da molte precedenti narrazioni storiche.
La storia del cieco di Briançon è descritta in sei episodi del ciclo pittorico settecentesco di Felice Cervetti, nel tamburo esagonale della cupola del Santuario: La visione del cieco, Il cieco narra la visione ai fratelli, Il cieco narra della visione alla fantesca, Il viaggio attraverso la val di Susa, La visione di Pozzo Strada, Il ritrovamento della sacra immagine.
Torino, che non è città munita di torri, come avvenuto altrove in Piemonte (pensiamo ad Asti o a Chieri, ben più importanti centri commerciali e finanziari nel Medioevo), conserva la Torre di S. Andrea, oggi campanile della Consolata, che il Marchese Adalberto di Torino concede ai benedettini appena arrivati quale loro difesa. L’Abate di Breme Gezone (980 – 1002) incarica l’architetto benedettino Bruningo ad effettuare la prima trasformazione dell’edificio religioso e il primo intervento e restauro sulla torre. In essa, abbiamo notizia di campane in funzione nel 1349, suonate per quarant’anni, fino alla sua morte nel 1475, da tale Bartolomeo Porcherio, detto il “monaco della campana” (1). Al campanile “restaurato” ha dedicato una monografia l’ing. Eugenio Olivero, nel 1940 (2).
La prima descrizione esaustiva della antica chiesa di S. Andrea ci viene dalla Visita Apostolica di Mons. Angelo Peruzzi, Vescovo di Sarsina, alla Diocesi di Torino, in ottemperanza alle disposizioni del Concilio di Trento e su incarico del Papa Gregorio XIII.
In tempi successivi, a Guarino Guarini si deve il radicale progetto di ampliamento del 1678 e a Filippo Juvarra l’aggiunta di un presbiterio ovale (1729). La facciata neoclassica risale al 1860, ulteriori arricchimenti avvengono negli anni 1899-1904 sotto la guida di Carlo Ceppi.
Una storia curiosa, fra sacro e profano, riguarda le statue processionali della Consolata, più volte sostituite nei secoli, una volta a causa della misteriosa sparizione della statua argentea del peso di 117 kg., voluta da Maria Cristina vedova del Re Carlo Felice, che era tenuta chiusa in un forziere, ma non sufficientemente sorvegliata, se il 18 aprile 1853 detto forziere viene aperto e risulta vuoto! La statua non sarà mai più ritrovata.
La Consolata di oggi e il suo apparato liturgico devono molto al Canonico e Beato Giuseppe Allamano, del quale è stata annunciata la canonizzazione lo scorso 23 maggio: https://www.diocesi.torino.it/site/il-beato-giuseppe-allamano-sara-santo-messaggio-dellarcivescovo/
Egli ha fatto scrivere, nel 1904, in occasione dell’ottavo centenario del ritrovamento dell’effigie, la prima storia “moderna” della Consolata (3), cui ne sono seguite altre, su nuove impostazioni metodologiche di studio, con una ricerca che è proseguita fino ai giorni nostri.
Il 20 giugno è il giorno della festa della Consolata, che si celebra con molte funzioni, dopo una lunga preparazione: i “nove sabati”, dal 20 aprile al 15 giugno, inaugurati dal Beato Allamano nel 1899 come un “Avvento della Consolata” e la novena, dal 11 al 19 giugno.
Nella giornata di oggi vi saranno celebrazioni alle ore 6.30 (presieduta da padre Carmine Arice, Superiore Generale del Cottolengo), 8, 9.30, 11 (presieduta dall’Arcivescovo di Torino e Susa, Mons. Roberto Repole), 12.30, 16, 18.
Alle 12 la Supplica alla Consolata, presieduta dall’Arcivescovo; alle 20.30 la Processione, che si concluderà con l’ultima Messa del giorno, celebrata da don Michele Viviano, Rettore della Basilica di Maria Ausiliatrice.
Augurandoci una buona festa della Consolata, riprendiamo alcuni versi del nostro poeta Nino Costa, dalla omonima e citata poesia:
«Ave Maria… quand che nòst cheur at ciama
e ij sangiut a fan grop drinta la gola,
ti, Madòna ‘d Turin, parèj ‘d na mama
it ses cola ch’an pasia e ch’an consola».
Ezio Marinoni
Note
1. Cfr. Carla Torre Navone, Le chiese di Torino nel Centro Storico, Edizioni OS.NA, Bra, 1977, pag. 32
2. Ing. Eugenio Olivero, Il campanile della Consolata restaurato, 1940.
3. Domenico Franchetti, Storia della Consolata con illustrazioni critiche e documenti inediti, Torino, 1904.