Dal 28 giugno al 6 luglio in mostra al Teatro Sociale di Pinerolo “Les Turinoises, il nostro Tour”
PINEROLO. Venerdì 28 giugno alle 18 nella sala Caramba del Teatro Sociale di Pinerolo, in piazza Vittorio Veneto con ingresso anche da via Trieste, è in programma l’inaugurazione della mostra “Les Turinoises, il nostro Tour”, ideata e allestita dal giornalista Aldo Peinetti, caporedattore sportivo del settimanale L’Eco del Chisone. L’elaborazione delle immagini e delle foto è opera di Dario Costantino, fotografo dello stesso settimanale pinerolese. La mostra, patrocinata dalla Città metropolitana di Torino, rientra nel programma degli appuntamenti collaterali alla partenza della tappa della Grande Boucle che porterà i corridori da Pinerolo a Valloire. Attraverso foto e riproduzioni di articoli tratti dalla stampa francese del tempo, la mostra è un tributo ai corridori torinesi protagonisti con vittorie di tappa al Tour de France, da Federico Gay, vincitore nel 1922, a Italo Zilioli nel 1970, passando per il canavesano Giovanni Brunero e per il misconosciuto Bartolomeo Aymo, di Virle.
Negli anni ‘30 fu Francesco Camusso, ribattezzato dai suoi sostenitori “Il Camoscio di Cumiana”, a vincere tre frazioni del Tour, mentre il giavenese Giuseppe Martano sfiorò il clamoroso successo nella classifica finale della Grande Boucle nel 1934, cedendo solo al più fortunato Antonin Magne, futuro campione del mondo. A fare la parte del leone tra i corridori torinesi e a lasciare un’impronta indelebile nella memoria degli appassionati fu però il “Cit”, al secolo Nino Defilippis, del quale spicca, per l’onda emozionale suscitata, il successo nella Gap-Torino del 1956. Sulle strade della Grande Boucle il “Cit” (soprannome affibbiatogli niente di meno che da Fausto Coppi) si aggiudicò complessivamente sette frazioni.
L’excursus storico della mostra pinerolese si conclude con il 1970, quando nel Tour andato al “Cannibale” Eddy Merckx, toccò ad Italo Zilioli il privilegio di vestire la maglia gialla, spodestando il suo capitano. La mostra, arricchita dall’esposizione di alcune bici d’epoca appartenenti al collezionista Luciano Rizzo, sarà visitabile fino a sabato 6 luglio: il sabato e la domenica dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 19, nei giorni feriali dalle 16 alle 19. Un’apertura straordinaria con l’orario festivo è prevista per lunedì 1° luglio, giorno della tappa Piacenza-Torino e vigilia della partenza da Pinerolo.
Tutto ebbe inizio nel luglio 1922
È il 19 luglio 1922, siamo a Metz, nel Dipartimento francese della Mosella, teatro d’arrivo della tappa del Tour de France partita da Strasburgo. Sulla ribalta sale il vincitore Federico Gay, al quale spetta l’ouverture della qualificata lista di successi torinesi che nell’arco di una cinquantina d’anni fotografa diverse epoche del ciclismo. Perché, in oltre un secolo, i corridori della provincia di Torino non hanno primeggiato solo sulle strade italiane. L’ex aviatore Gay, magari sconosciuto carneade per i più, precede il nome illustre di Brunero, a segno nella Nizza-Briançon del Tour 1924 vinto da Bottecchia. Stessa frazione che sorriderà per i due anni consecutivi a Bartolomeo Aymo, nativo di Virle Piemonte, un altro interprete di spicco del ciclismo eroico e polveroso, capace di raggiungere un doppio podio parigino.
Quella che viene presentata nella mostra visitabile sino al 6 luglio a Pinerolo è un’esposizione che si abbevera alla fonte della stampa francese: è un tributo, in chiave transfrontaliera, che mette in luce la considerazione verso le imprese italiane che riflettono le cronache di illustri giornalisti transalpini, a partire da Henri Desgrange, fondatore del Tour. È una dinamica ben nota su entrambi i versanti delle Alpi Occidentali: il ciclismo come grande motore di interesse mediatico e di perdurante partecipazione popolare. Basti dire che l’antesignana dell’Equipe, l’equivalente francese della nostra Gazzetta dello Sport, vale a dire “L’Auto”, nei tempi eroici del ciclismo tirava 800 mila copie, oppure che i rotocalchi sopperivano con un’ampia documentazione fotografica alla curiosità di chi era stato testimone oculare di entusiasmanti giornate sportive e voleva riviverle.
Altri sfogliavano le pagine e lasciavano correre l’immaginazione, magari sognando che, sì, un giorno i corridori sarebbero transitati anche sull’uscio di casa propria. Se gli anni ’30 del XX secolo videro i torinesi conquistare altre quattro tappe, grazie alla tripletta di Camusso e all’acuto del mai abbastanza considerato Martano, il simbolo del ciclismo torinese del dopoguerra è il fermo-immagine di Nino Defilippis osannato dal pubblico dello Stadio Comunale di Torino, al termine della più clamorosa di sette affermazioni sulle strade del Tour de France, l’ultima nel 1960. Dieci anni dopo ci penserà Italo Zilioli a rinverdire le gesta del predecessore, concedendosi il lusso di vestire la maglia gialla per sette giorni.