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Curiosità e spigolature sui “piedi” nei proverbi e nei modi di dire della lingua piemontese


Quanti sono i modi di dire piemontesi che si riferiscono ai piedi? Molti, moltissimi. Alcuni di questi trovano un riscontro analogo anche in altre parlate regionali, altri sono invece una prerogativa della Lingua piemontese. In ogni caso, si tratta quasi sempre di metafore, molto colorite ed espressive.

Cominciamo con “Pisté ij pé a quaidun” (“Pestare i piedi a qualcuno”). Certo, può capitare di farlo involontariamente, magari quando si viaggia sul tram o sul bus: in certe ore di punta ci si può ritrovare stretti come sardine in scatola, un passeggero accanto all’altro, e può bastare un piccolo sobbalzo per farci ritrovare con un piede sulla scarpa di un altro viaggiatore. In questo caso, ci si scusa con un “pardon” ricevendo in cambio dal malcapitato vicino quanto meno uno sguardo di disappunto se non proprio un’imprecazione, che nella migliore delle ipotesi può limitarsi a un “Ch’a fasa atension: a l’ha pistame ij pé!” (“Faccia attenzione: mi sta pestando i piedi!”). O anche (ma in questo caso l’espressione esprime una ben più marcata seccatura) con un “Ma ch’as gava d’ant ij pé!”, ovvero: “Ma si tolga dai piedi!”.

La stessa locuzione verbale può però riferirsi a qualcosa di più profondo di un semplice fastidio fisico, quando ad esempio colui che ne subisce gli effetti vuole esprimere la molestia, o addirittura il danno che gli abbiamo generato per aver invaso il suo territorio o violato la sua sfera di competenza in un compito, in una funzione, in un terreno, in un’attività che non ci competeva. Insomma: gli abbiamo procurato decisamente un problema; gli abbiamo cioè “pestato i piedi” metaforicamente.

Si diceva che i modi di dire sui piedi nella Lingua piemontese sono numerosi e spesso molto coloriti. Un altro di questi è ad esempio il seguente: “Desse la sapa sij pè”. L’espressione è notissima anche nella Lingua italiana. “Darsi la zappa sui piedi” significa arrecare un danno a se stessi, sia pur nell’intenzione di ottenere un vantaggio alternativo, compiendo un’azione che finisce per essere assolutamente scompensata dal danno congiuntamente causato a noi stessi, con un bilancio costi-benefici decisamente negativo.

Un’altra locuzione tipicamente piemontese è “Nen avèj frèid ai pé” (“Non aver freddo ai piedi”). In questo caso non ci si riferisce alla gelida temperatura delle nostre o delle altrui estremità inferiori (cui si potrebbe porre parziale rimedio infilando un robusto paio di calzettoni di lana o indossando delle calzature più massicce e imbottite), ma piuttosto alla situazione economico-finanziaria personale o di terze persone. Chi dispone di un livello reddituale elevato e di un patrimonio consistente, a differenza di chi si trova nella quotidiana difficoltà a sbarcare il lunario, è evidente che possa procurarsi delle adeguate calzature per far fronte ai rigori dell’inverno. I poveri in canna, invece, devono spesso affrontare la pioggia, la neve e le temperature più rigide della stagione invernale mal equipaggiati, esponendosi da capo a piedi ai disagi meteorologici.

Sempre in tema di piedi, c’è poi un’altra pittoresca espressione della Lingua piemontese: “Tiré fòra dij pé sùit”, oppure: “Tiresse fòra con ij pé sùit” (“Uscire con i piedi asciutti”), significa tirarsi fuori da una situazione incresciosa e complicata, diciamo da un pantano piuttosto pericoloso (come le sabbie mobili), senza alcuna conseguenza, e con i piedi asciutti, appunto. In altre parole, l’espressione sta a significare che siamo riusciti ad uscire indenni dai pericoli di un’insidiosa palude, senza sporcarsi le mani e senza bagnarsi i piedi.

Certo il campionario di locuzioni, proverbi e modi di dire piemontesi sui piedi non finisce qui: ne riportiamo ancora qualche esempio, il cui significato metaforico è peraltro eclatante e pertanto non stiamo ad approfondirlo; come “Rasoné con ij pé” (“Ragionare coi piedi”); “Un travaj fàit con ij pé” (“Un lavoro fatto coi piedi”); “Ten-e doi pé ant la midema scarpa” (“Tenere due piedi nella stessa scarpa); “La Superbia a part a caval ma a torna a pé” (“La Superbia parte a cavallo ma ritorna a piedi”), e così via.

Davvero unico il fascino della Lingua piemontese e incomparabile la sua bellezza.

Sergio Donna

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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