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Lucedio ospita un ciclo di incontri per celebrare i 900 anni del complesso abbaziale

Sulla scia delle celebrazioni per i 900 anni dalla fondazione dell’abbazia cistercense di Lucedio, la provincia di Vercelli organizza da venerdì 25 ottobre a domenica 1° dicembre un ciclo di incontri sul tema “Arte, erbe, cultura e tradizioni, dai Cistercensi ad oggi”.

Lucedio
Veduta della ex chiesa abbaziale di Santa Maria di Lucedio, con l’elegante campanile duecentesco.

L’iniziativa, che si tiene nella splendida cornice architettonica del complesso monastico, situato nel territorio delle grange vercellesi, riaccende i riflettori su uno dei beni culturali più significativi dell’area vercellese, iscritto nell’elenco dei siti AISAC (Associazione Italiana Siti e Abbazie Cistercensi) e che, a breve, verrà inserito nei percorsi turistici pensati per mettere in rete le tante fondazioni cistercensi presenti in Europa.

Il programma del ciclo di incontri, ambientati nella sala capitolare dell’abbazia di Lucedio, è iniziato oggi, venerdì 25 ottobre, con la conferenza sull’arte medievale dal titolo “Ombra e luce nell’estetica contemporanea” che ha visto come relatrice Loredana Finicelli, docente dell’Accademia di Belle Arti di Frosinone, mentre nelle giornate di domenica 27 ottobre e domenica 17 novembre l’attenzione sarà rivolta al mondo botanico con due appuntamenti a cura dell’erboristeria “Erba d’Ca di Vercelli”, il primo sul tema “Erbe scure, erbe chiare: officinali e medicinali”, con focus sulle “erbe dell’armonia e del benessere per infusi e tisane”,  e il secondo intitolato “Erbe scure, erbe chiare: aromatiche e balsamiche”, incentrato invece sulle “principali erbe utilizzate in farmacopea e in cucina”.

Si parlerà poi, nella data di venerdì 22 novembre alle ore 17.30, della tanto attesa campagna di restauro della chiesa barocca appartenente al complesso abbaziale, che verrà illustrata da Anna Maria Aimone, funzionaria del Mic (Ministero della Cultura) e storica dell’arte, nel suo intervento dal titolo “La chiesa di Santa Maria di Lucedio: i restauri attesi”. Il ciclo di incontri si concluderà domenica 1° dicembre con l’esibizione dell’attore vercellese Roberto Sbaratto, che proporrà al pubblico i testi tratti dal catalogo del progetto artistico “Verso la Luce”, opera costituita da tre installazioni inaugurate lo scorso giugno a Lucedio su progetto di Carla Crosio, scultrice vercellese di fama internazionale, quale tributo alla ricorrenza dei 900 anni dalla fondazione della comunità monastica.

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Veduta del complesso abbaziale di Lucedio con la chiesa del Popolo (a sinistra) e la ex chiesa abbaziale di Santa Maria (a destra) – ph Alberto Chinaglia.

Il complesso abbaziale di Lucedio si compone, attualmente, di una parte privata, di proprietà dell’azienda agricola “Principato di Lucedio”, specializzata nella coltivazione del riso, che comprende ambienti medievali come la sala capitolare, il chiostro, il refettorio e la sala dei conversi (il converso era un laico che, avendo fatto voto di povertà e donato i beni al monastero, entrava a far parte della comunità), e di una parte pubblica, costituita dal bellissimo campanile, con base quadrata sormontata da quattro registri superiori di forma ottagonale, che risalta nel paesaggio delle risaie per il delicato gioco cromatico tra il bianco dell’intonaco e il rosso delle lesene aggettanti, e dalla ex-chiesa abbaziale di Santa Maria, che oggi si presenta in forme tardo-barocche impreziosite da raffinati stucchi interni (vi è, poi, la cosiddetta “chiesa del Popolo”, attribuita all’architetto Giovanni Francesco Prunotto, che deve il nome al fatto che fosse destinata alle funzioni religiose aperte ai laici e ai contadini, mentre la chiesa di Santa Maria era riservata ai monaci).

Lucedio si trova, inoltre, all’interno dei confini del parco naturale del Bosco della Partecipanza e delle Grange Vercellesi, che comprende il Bosco delle Sorti della Partecipanza, uno dei pochi esempi rimasti in area padana di foresta planiziale, sopravvissuta grazie all’applicazione di norme molto restrittive sui tagli, in vigore fin dal Medioevo, e due aree umide di notevole pregio, la Palude di San Genuario e la Fontana Gigante, non intaccate dall’estensione della superficie coltivata a riso.

Lucedio

Un po’ di storia

L’abbazia di Lucedio venne fondata nel 1123 da un gruppo di monaci cistercensi provenienti dalla Borgogna (abbazia di La Ferté) su terreni donati dal marchese Ranieri I del Monferrato e, in parte, acquisiti dai benedettini della vicina abbazia di San Genuario di Crescentino (in origine, intitolata a San Michele Arcangelo). Era, infatti, d’uso comune nel Medioevo che i signori donassero terreni alle comunità monastiche non solo come atto di devozione cristiana, ma anche per incrementare il prestigio dinastico e, da un punto di vista pratico, per avvalersi delle notevoli competenze agronomiche sviluppate dai monaci nella gestione di appezzamenti in precedenza incolti o trascurati, che venivano resi produttivi grazie all’adozione di tecniche innovative di coltivazione e alla messa in opera di sistemi d’irrigazione all’avanguardia per il periodo.

Con il tempo, il legame tra Lucedio e i marchesi del Monferrato si rafforzò a tal punto che l’abbazia divenne uno dei principali poli devozionali della casata e luogo di sepoltura prescelto da diversi esponenti della dinastia.

Inoltre, i monaci cistercensi seppero trasformare in breve tempo un territorio acquitrinoso e coperto da boscaglie in area produttiva, aumentando di molto il valore dei terreni, conquistandosi anche il merito di aver sperimentato e introdotto per primi in Piemonte, nella prima metà del XV secolo, la coltivazione del riso, destinata a divenire, nei secoli successivi (soprattutto con la vasta opera di canalizzazione delle acque realizzata nell’Ottocento), la vera fonte di ricchezza per le popolazioni rurali delle pianure vercellesi e novaresi.   

L’abbazia di Lucedio, come tutte le comunità cistercensi, diede origine da un lato a nuove realtà monastiche, create per filiazione, come l’abbazia di Rivalta Scrivia nei pressi di Tortona, e dall’altro lato ad una rete di grange, unità agricole autonome dislocate sui terreni di pertinenza dell’abbazia e governate da un monaco converso, specializzato nella conduzione agricola dei fondi, che doveva rispondere del proprio operato ad un superiore, il cellerario.

La Grangia Darola, appartenente alla rete di grange creata dai monaci di Lucedio.

Lucedio, da un punto di vista politico, seguì le vicende del marchesato monferrino, passando dalla dinastia degli Aleramici ai Paleologi, poi ai Gonzaga, quando questi acquisirono la reggenza del Monferrato, infine ai Savoia, che nel 1784 affidarono l’abbazia e la sua rete di grange alla Commenda Magistrale dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.

Dopo la frammentazione dell’immensa proprietà a partire dal periodo napoleonico, Lucedio acquisì dignità di Principato nel 1861, come risulta dalla scritta che campeggia sul portale d’ingresso della tenuta, avviandosi a diventare un’azienda agricola condotta secondo criteri moderni.

Paolo Barosso

Giornalista pubblicista, laureato in giurisprudenza, si occupa da anni di uffici stampa legati al settore culturale e all’ambito dell’enogastronomia. Collabora e ha collaborato, scrivendo di curiosità storiche e culturali legate al Piemonte, con testate e siti internet tra cui piemontenews.it, torinocuriosa.it e Il Torinese, oltre che con il mensile cartaceo “Panorami”. Sul blog kiteinnepal cura una rubrica dedicata al Piemonte che viene tradotta in lingua piemontese ed è tra i promotori del progetto piemonteis.org.

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