Caffè Elena di Torino, qui Carpano serviva il suo vermouth e Pavese s’ispirava per i suoi romanzi
TORINO. La data di nascita ufficiale del vermouth, vino liquoroso aromatizzato con erbe e spezie, si fa generalmente risalire al 1786, frutto dell’estro creativo di Antonio Benedetto Carpano, liquorista ed erborista che gestiva un rinomato locale posizionato in Piazza Castello, più o meno all’angolo con l’attuale Via Giovanni Battista Viotti, dove ora una lapide ne ricorda la figura. Quella bevanda alcolica aveva una personalità talmente unica e un sapore così corroborante e amabile da essere gradito tanto ai palati maschili come a quelli femminili: la sua ricetta di successo fu così tramandata e mantenuta inalterata fino ai giorni nostri. Da allora, decine di altri liquoristi si cimentarono nel produrre il proprio vermouth, con una ricetta personalizzata, ognuna delle quali differiva forse solo per un tocco, un pizzico in meno o in più di un’erba aromatica particolare.
La dinastia dei Carpano continuò a produrre il proprio famoso vermouth, quello che possiamo considerare il primo vermouth della storia, ma anche nuove varianti dell’originale. Nel 1847 Giuseppe Bernardino Carpano fonda la Fabbrica di Liquori e Vermouth G.B. Carpano. Nel 1889 l’azienda passa ai figli Luigi e Ottavio Carpano, che oltre al locale di Piazza Castello al civico 21, sul finire del secolo aprirono anche un locale in Piazza Vittorio Emanuele I (l’attuale Piazza Vittorio Veneto), precisamente al civico 5, per la somministrazione dei loro prodotti.
Agli albori del Novecento i Carpano danno l’abbrivio ad una produzione industriale, con la costruzione di uno stabilimento in Via Nizza, dove pochi anni dopo sarebbe stato costruito accanto l’imponente Stabilimento Fiat del Lingotto. La fabbrica di liquori raggiunse presto un’estensione di 5.000 mq. Nel 1917 la Carpano passa a Matilde Govone Carpano, moglie di Ottavio, che nel 1940 la cede alla famiglia torinese Turati. I bombardamenti del 1° Dicembre 1943 distruggono quasi completamente la fabbrica di Via Nizza, ma nel Dopoguerra, i nuovi proprietari, indebitandosi con le banche, riuscirono a ricostruire e a far ripartire l’attività produttiva, che tornò presto a crescere con un nuovo e prorompente impulso. Nel 1946 la Sede Giuridica e Amministrativa viene stabilita nel prestigioso palazzo Asinari di San Marzano in via Maria Vittoria 4 (rinominato Palazzo Carpano). Negli Anni Cinquanta e Sessanta, il vermouth Carpano raggiunge una notorietà internazionale, anche grazie alle efficaci campagne pubblicitarie create da Armando Testa. Alla scomparsa prima di Attilio Turati (a fine Maggio 1980), e poi di Silvio Turati (Ottobre 1980) la contessa Romilda Bollati di Saint Pierre, vedova di Attilio, trova il coraggio di restare al comando dell’azienda di famiglia ancora per un paio d’anni, fino a quando, nel 1982, decide di cedere il marchio Carpano alla società Fratelli Branca, che trasferirà la produzione a Milano.
Ma torniamo al Caffè Elena. L’insegna originale con il marchio della Carpano dipinto sul vetro della lunetta del sovrapporta dell’ingresso dello storico locale torinese al civico 5 di Piazza Vittorio, oltre a costituire una testimonianza della storicità di questo locale, è – in primis – un omaggio all’omonimo liquorista che ideò il vermouth, bevanda alcolica a base di vino liquoroso ed erbe varie, che come abbiamo ricordato fu inventato a Torino da Antonio Benedetto Carpano nel 1786, ma ci aiuta anche a ricordare l’intera dinastia dei Carpano che portò al successo internazionale questa bevanda nata a Torino.
Il Caffè Elena è oggi frequentato quotidianamente da centinaia di torinesi e turisti, che qui consumano colazioni, tramezzini, snack e spuntini, o si soffermano per degustare ricchi aperitivi ai tavolini disposti all’interno del locale, oppure sistemati nel sottoportico, o posizionati nell’ampio dehors allestito all’esterno sulla piazza. Certamente il locale è ora molto più affollato di quanto non lo fosse nella prima metà del Novecento, quando nella raccolta saletta vi si davano appuntamento poeti, scrittori e intellettuali, come Cesare Pavese, per dialogare tra loro appartati, o trovare ispirazione per le loro opere.
Il locale, non molto esteso in verità e composto di due vani, si affaccia sul sottoportico di un aulico palazzo progettato dall’architetto Giuseppe Frizzi (1797 | 1831). I serramenti sono in legno, come era consuetudine dell’epoca, e sono illuminati da lampioncini a parete: le vetrine sono delimitate da chiambrane in marmo rosa. L’insegna del Caffè Elena è composta da lettere affisse sulla facciata del palazzo.
Gli arredi interni sono rimasti quelli originali in entrambi gli ambienti: il primo, cui si accede dall’ingresso del locale, è caratterizzato da un imponente bancone con un ampio rosone scolpito al centro. È probabile che si trattasse di un banco preesistente e adattato al nuovo locale, forse proveniente da un altro antico caffè torinese di Contrada di Po. Le pareti dell’attigua raccolta saletta sono rivestite da una sobria boiserie in legno di noce, a pannelli rettangolari, movimentata da specchiere e due dipinti di Gian Maria Bertagna. I tavolini hanno un prezioso piano in marmo di “breccia pernice rossa”; le sedie e le poltroncine sono parimenti quelle originali.
Sergio Donna