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Tangenze di Castalia: è dedicata a Giulia Cecchettin l’ultima opera poetica di Lia Cucconi

Si tratta di un poemetto in 40 strofe di endecasillabi con cui la poetessa e artista torinese di origine emiliana lancia un grido di dolore contro gli abusi e la violenza nei confronti delle donne

È ormai alla stampa “Tangenze di Castalia” l’ultima opera di Lia Cucconi, poetessa e artista torinese formatasi all’Accademia Albertina, con un curriculum alle spalle di più di venti sillogi poetiche pubblicate, di cui almeno la metà nel dialetto modenese-carpigiano, quello della sua terra di origine. Lia Cucconi è infatti nata a Carpi, ma vive a Torino dal 1961. Questa volta, si tratta di un poemetto in 40 strofe, quasi tutte di 10 versi, per un totale di circa 400 versi, intitolato Tangenze di Castalia, che è dedicato a Giulia Cecchettin, simbolo di tutte le vittime della violenza maschile e di un arrogante patriarcato ancora dilagante, inveterato, che non vuole morire.

Ho avuto l’onore di leggere in anteprima la stesura di questo poemetto, nella versione finale (quella che precede l’ormai imminente stampa dell’opera). Conosco infatti Lia Cucconi già da diversi anni, avendo lei ha partecipato ad alcune edizioni dei Concorsi Letterari indetti dall’Associazione Monginevro Cultura (Poesia Granata e Lampi di Poesia), di cui sono presidente, e nei quali più volte si è brillantemente imposta quale vincitrice: una poetessa di indiscusso valore, che ama scrivere in metrica libera (con uno stile fluido, musicale, punteggiato di metafore geniali, con magiche sospensioni ad effetto del verso) per cui considero un privilegio il poter leggere quest’ultima sua opera in anteprima.

Il titolo Tangenze di Castalia, e la dedica, già ci preannunciano il tema di questi versi, che suonano come un lamento esasperato, un grido lancinante di ribellione e di rifiuto per la violenza in generale, e in particolare di quella nei confronti della donna. Tutto parte da Castalia, la mitologica ninfa di Delfi che per sfuggire all’insistente, reiterato corteggiamento di Apollo finì per suicidarsi, gettandosi dal Monte Parnaso nelle acque di una fonte, che da lei prese il nome. Secondo una variante della leggenda, fu proprio Apollo, per vendicarsi del rifiuto della donna da lui vanamente amata, a tramutarla in una sorgente, dando però alle sue acque la virtù di ispirare poesie a chiunque se ne dissetasse. Non è dunque un caso se questa fonte è diventata sacra alle Muse. Ma Castalia è anche il simbolo di una donna-eroina, che a costo di difendere la propria libertà, non esita a sacrificare la vita, e al tempo stesso l’emblema di ogni donna perseguitata e tormentata dall’arroganza maschile al punto di essere indotta al suicidio.

L’autrice Lia Cucconi

Lo spietato assassinio di Giulia ha gettato noi tutti nell’abisso dell’angoscia – “È l’abisso di noi stessi…la tua vita…” (Strofa 1) – ma contemporaneamente ci ha elevati sulla luminosa ribalta della consapevolezza di quanto lungo sia ancora il cammino per estirpare dal cervello di molti maschi l’atavico concetto che la donna (il presunto “sesso debole”) sia una loro proprietà esclusiva, una schiava, sulle cui spalle è lecito imporre l’onusto macigno di una presunta inferiorità, fisica e mentale. È Il “mantra… del tu non sei… importante…/ non sei capace… non vali tanto…” (Strofa 16). Alienazione pura, delirio mentale sbandierato come valore, ahimè, eppure ancora oggi troppo diffuso e persino contagioso.  Il patriarcato sopravvive infatti, spesso sotto la cenere, spesso sotto mentite spoglie: “Dicotomia… fra l’essere e il dire… / del patriarca il senno…del potere umano…” (Strofa 20), pronto ad esplodere “Fra scaffali di idiozie… e… illegalità  / lei donna sa… che la beltà… è rosa / in celesti spine sciolta… Lo sa!” (Strofa 24). E lui, assassino nell’ombra, medita e premedita, istigato dalla perversa ossessione di possederla: lei – che per lui – è “la chimera…la mera calura…la voce che oscura” (Strofa 5). Mentre lui – per lei – diventa ossessione e tormento.

Sublimi, col sapore della preghiera e della esortazione i primi versi della Strofa 34. “Fermati un attimo e ascolta… il richiamo…/ dei ricordi… dei sogni…deposti / nel fragile seme… della speranza…/ donna… che lotti tutta solitaria…”. Struggenti quelli della Strofa 3: “Se la tristezza giace… donna chiama… / con la voce del mare… il grido a croce”, voce straziante e inascoltata della donna in pericolo che invoca un vano aiuto.

Una silloge che fa meditare, un poemetto che è un grido di dolore, ma anche un grido di battaglia e di riscatto per una definitiva emancipazione sociale. Il volume sarà presto disponibile in Libreria. Chi volesse prenotarne una copia può scrivere all’autrice: lia.cucconi@gmail.com

Sergio Donna

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino", "Statue di Torino" e "Ponti di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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