A spasso nella storia: i Savoia e la Valle Gesso, tra Terme di Valdieri e Riserva reale di caccia
VALDIERI. A partire dal 1855, un particolare legame si creò fra i Savoia e la Valle Gesso. A Valdieri, ricca di acque termali nasceva, infatti una Riserva di Caccia Reale e un palazzo destinato ad ospitare la nobiltà per la villeggiatura estiva. Valdieri era considerato un luogo ideale proprio per il complesso termale di cui disponeva. Un trattato sui benefici di quelle acque era stato redatto due secoli prima da Bartolomeo Viotto, mentre in un memoriale il duca Emanuele Filiberto ricordava che nel 1559 a Valdieri si era rinfrancato dopo la battaglia di San Quintino. Da allora lo sviluppo delle scienze chimiche e l’aumentato interesse per le proprietà terapeutiche delle acque termali avevano valorizzato questo sito decentrato e scomodo rispetto alle grandi vie di comunicazione, portando qui personaggi dell’aristocrazia di tutta Europa.
Tra il 1857 e il 1870 Casa Savoia aveva deciso di realizzare la residenza estiva di Sant’Anna di Valdieri, le palazzine di caccia di San Giacomo di Entracque e del Piano del Valasco, rendendo questo territorio un luogo ufficiale della villeggiatura reale. Alle Terme erano stati costruiti quattro chalet di foggia svizzera, due dei quali ancora esistenti e oggi completamente restaurati: la “Casa della Bela Rosin” e il prospiciente “Casino di Caccia”. Il 10 luglio 1857 per volere del Re Vittorio Emanuele II era stata posata la prima pietra di quello che oggi è l’Hotel Royal delle Terme Reali di Valdieri.
Le tre generazioni di casa Savoia che si sono succedute in Valle Gesso hanno lasciato un’impronta profonda nelle Alpi Marittime. Non soltanto perché ne hanno segnato il territorio con palazzine, chalet, ricoveri, imposte di caccia e chilometri di sentieri e mulattiere che oggi fanno la gioia degli escursionisti, ma anche perché i re cacciatori hanno impresso ricordi ancora vivi nella memoria collettiva. Il colpo di fulmine fra Casa Savoia e le Alpi Marittime era scoccato il 29 agosto 1855, in occasione di una visita al paese di Entracque dei principi Vittorio Emanuele e Ferdinando Duca di Genova. Il giovane principe Vittorio Emanuele, conosciuto come appassionato cacciatore di camosci (e, pare, di belle pastorelle), era rimasto affascinato dall’abbondanza (degli uni e delle altre) in questo angolo di montagne alla periferia del regno. Le Marittime offrivano al futuro re d’Italia selvaggina, scorci incantevoli, un clima salubre e le acque curative delle Terme di Valdieri. Una volta incoronato, il re decise di fare della Valle Gesso l’ennesimo dei suoi distretti venatori, ottenendo dai comuni di Valdieri e di Entracque la concessione esclusiva dei diritti di caccia, e, successivamente, anche di pesca su gran parte dell’alta Valle Gesso. Nasceva così, nel 1857, la Riserva reale di caccia di Valdieri e Entracque.
La palazzina forse più pittoresca realizzata dai Savoia è quella del piano del Valasco. Concepita come residenza adatta anche a soggiorni prolungati, era stata progettata nel 1868. La costruzione, annunciata da lontano dalle caratteristiche torrette merlate in stile neomedievale, è posta proprio al centro del verde pianoro di pascoli circondato da una conca di cime innevate, nel cuore cristallino delle Alpi Marittime. Molto amata e fortemente voluta da Vittorio Emanuele II, la palazzina nel corso del tempo era stata abbandonata, destinata al ricovero di soldati e margari, incendiata più volte e, infine, restaurata. Nel 2002 è iniziata la nuova vita della ex casa di caccia, che oggi è diventata un insolito rifugio alpino con annessi bar e ristorante, per un pernottamento o una semplice sosta tra mura prestigiose e cariche di storia.
L’architettura della palazzina del Valasco, come quella delle terme, degli chalet e delle altre residenze reali, esprime un’idea di montagna ben diversa da quella delle popolazioni locali: è l’espressione tangibile di una visione del territorio alpino fortemente cittadina, caratterizzata dalla cultura internazionale tardoromantica di fine Ottocento e dal nuovo stile di vita en plein air delle classi urbane borghesi. Anche se si tratta della proiezione in legno e mattoni di uno sguardo cittadino, ciò nondimeno l’architettura di molti degli edifici fatti costruire dai Savoia si fa ancor oggi apprezzare per la sua qualità e per il tentativo di interpretazione non banale dell’ambiente montano.