A spasso per Residenze sabaude: il Castello del Valentino di Torino
TORINO. Nel cuore verde del parco ottocentesco di Torino, il Castello del Valentino ha conosciuto nei secoli diverse destinazioni d’uso prima di diventare sede della Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino.
Le prime origini dell’edificio risalgono al XVI secolo ma il suo aspetto attuale si deve in gran parte agli interventi voluti dal 1620 dalla duchessa Cristina di Francia, prima Reggente dello Stato sabaudo, che lo scelse come palazzo di rappresentanza, ampliandolo secondo il gusto francese e promuovendo la ricca decorazione delle sale al piano nobile.
L’edificio costituisce esempio emblematico di maison de plaisance suburbana sulle sponde del Po. La proprietà del Valentino (residenza, giardini, orti e boschi) fu acquistata da Emanuele Filiberto di Savoja nel 1564: della villa fluviale cinquecentesca esistono resti materiali nelle strutture del corpo centrale.
In relazione alla nuova funzione di maison de plaisance, l’edificio fu trasformato da Maria Cristina di Francia a partire dal 1620-21, sotto la direzione degli architetti Carlo ed Amedeo di Castellamonte. Con riferimento a modelli e cultura d’oltralpe, venne rifatto il sistema di copertura (opera di maestranze savoiarde), furono ampliate le torri esistenti e costruiti due nuovi padiglioni anteriori collegati da maniche porticate concluse in forma di emiciclo. Contemporaneamente si lavorò alla decorazione degli interni.
Al pari di un buon numero delle altre residenze sabaude, l’età contemporanea assegnò al Castello del Valentino una funzione militare. Il 19 dicembre 1805, infatti, il governo francese stabiliva che il complesso fosse assegnato all’esercito e vi fosse insediata una scuola di Veterinaria. Resta traccia di questa pur breve destinazione d’uso nelle decorazioni delle aperture del padiglione sud-orientale che, in origine, consentivano l’accesso alla terrazza di collegamento con il padiglione occidentale.
Con la Restaurazione, i Savoia sostanzialmente confermavano l’utilizzo militare della residenza: nel 1824 vi furono insediate due compagnie di Artiglieria leggera, mentre a partire dal 1831 fu sede del neonato corpo Pontieri del Genio, che divideva l’uso degli ex appartamenti reali con la Regia Camera di Agricoltura e Commercio, la quale poteva disporne per organizzare periodiche esposizioni industriali.
L’uso militare, ribadito in qualche modo anche dal passaggio della proprietà dell’edificio dalla Corona al demanio dello Stato nel 1850, perdurò sino al 1857, quando, in previsione della VI Esposizione Nazionale dei Prodotti per l’Industria dell’anno successivo, il Ministero delle Finanze, dopo averne approvato il progetto, assegnò l’incarico a Luigi Tonta e Domenico Ferri della complessiva trasformazione del castello, il quale, nell’occasione, acquisì la forma che tuttora mostra.
Durante il periodo bellico della seconda guerra mondiale l’edificio fu colpito e danneggiato dai bombardamenti del 1942 e del 1943, che procurarono gravi lesioni al tetto e distacchi ai soffitti e agli intonaci affrescati di alcune sale interne, che tuttavia furono prontamente restaurati già a partire dal 1945.
Dalla fine degli anni quaranta del Novecento l’edificio, di proprietà del Politecnico di Torino, ospita i corsi di laurea triennale e magistrale del Dipartimento di Architettura. Dal 1997 l’edificio è inserito nella lista del patrimonio dell’umanità come elemento parte del sito seriale Unesco Residenze Sabaude.
Oggetto di recenti restauri che hanno restituito anche la colorazione originale degli esterni, l’edificio è stato riconsegnato all’antico splendore. Da ammirare numerosi affreschi del XVII secolo, mentre gli arredamenti seicenteschi sono andati perduti, portati via dai soldati di Napoleone nel XIX secolo. Tra le sale più interessanti al primo piano (dove hanno sede gli uffici della Direzione del Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino) troviamo il Salone centrale, la Stanza dello zodiaco (riaperta nel 2007), la Stanza verde, la Stanza del Valentino, la Stanza delle rose, il Gabinetto dei fiori e la Stanza dei Gigli. Nel 2018 è stata riaperta al pubblico una cappella secentesca del Castellamonte, murata agli inizi del XX secolo e riscoperta durante gli ultimi lavori di restauro dell’edificio.
Piero Abrate