A spasso per Torino: c’era una volta la cascina Airale…
TORINO. Sicuramente almeno una volta l’avrete vista transitando in via Zanella, la strada che da un lato costeggia il cimitero monumentale di Torino e dall’altro il parco della Colletta. Ci riferiamo alla cascina Airale, o meglio a quel che rimane di questa struttura bombardata nel corso della Seconda guerra mondiale (l’8 dicembre del 1942 per l’esattezza) e mai più recuperata. In effetti, oggi la cascina si presenta oggi come un imponente edificio rurale ormai slegato dal contesto ambientale urbano: è ridotto a rudere, in completo stato di abbandono.
Il toponimo è palese in quanto si rifà al termine latino ajra che sta ad indicare il luogo centrale alla corte, dove si batteva il grano. Non a caso, la sua funzione originaria fu proprio quella di granaio della Real Casa all’interno del Regio Parco. Non si sa bene la data esatta della costruzione, ma è palese l’origine medievale. Si sa, comunque, che era già esistente quando il duca Emanuele Filiberto acquistò il Viboccone, nel 1567, perché i documenti dell’epoca sostengono che la proprietà comprendesse “il ristretto del’Ayralle col suo ricetto…di origine medioevale”.
Il Viboccone, per chi non lo sapesse, fu una delle residenze predilette del Duca Emanuele Filiberto, quella in cui poteva dedicarsi alla caccia, una delle sue passioni, senza allontanarsi troppo da Torino. Esso rappresentò il primo dei diversi parchi con residenza ducale che, a partire da allora, sorsero attorno alla capitale: le cosiddette Maison de plaisance (oltre a Regio Parco non si possono dimenticare quelle di Mirafiori e del Valentino). Nei pressi di tali “ville” sorsero circa 26 cascine, dette grange (dal francese granche – granaio), indispensabili al sistema di sostentamento durante i soggiorni della corte. Della residenza di Regio Parco non è giunto nulla ai nostri tempi se non la cascina Airale.
Di certo sappiamo che nel corso dell’assedio francese del 1706, la cascina ospitò l’area di difesa del Regio Parco, rifornendo di viveri le truppe piemontesi fino alla vittoria finale. Nel 1790 venne censita e rilevata dall’architetto Amedeo Grossi come “cascina con grosso edificio di S.S.R.M. sita alla destra della strada del Regio Parco dirimpetto alla Verdina”.
L’edificio risulta composto da un corpo di fabbrica a corte chiusa e con impianto planimetrico a “C” di notevoli dimensioni. Nelle mappe del Catasto Napoleonico del 1805, si registra un ampliamento planimetrico attraverso la costruzione di una nuova manica a levante. Nelle mappe del Catasto particellare Gatti del 1820 la cascina non subì trasformazioni, ma venne denominata “L’Airale, Cascina Vachetta” e risultò composta da case rustiche, casi da terra (depositi di attrezzi e prodotti agricoli), vivaio, prati, campi e orti. Nel 1829 parte dei terreni della cascina vennero ceduti alla Città di Torino per la realizzazione del Campo Santo. Nel 1840, secondo quanto scritto sui rilievi del Rabbini, la cascina continuò ad essere in possesso dell’avvocato Ernesto Vacchetta, proprietario del Palazzo del Gerbido e marito di una delle figlie di Vittorio di Sant’Albino. Tra Otto e Novecento, cascina Airale manne inalterata la sua struttura, senza sostanziali modifiche all’originaria conformazione architettonica. Nel Novecento sopravvisse al progetto che voleva il suo abbattimento per costruire un porto fluviale sul Po.
Con la realizzazione del parco della Colletta, nel 1978, dopo l’esproprio degli ultimi proprietari, è diventata di proprietà comunale. Ma lo stato di conservazione costrinse a dichiararla inagibile e ciò nonostante, sino al 1982 ospitò una famiglia di agricoltori con tanto di gregge al seguito.
Dal 1997 è inserita nella lista di quei monumenti appartenenti al patrimonio storico artistico cosiddetto “minore” che dovrebbero essere sottoposti a tutela. Legambiente ha proposto di trasformarlo in un centro di Educazione Ambientale rivolto all’infanzia.