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Addio a Pernigotti, chiude un altro storico stabilimento piemontese

NOVI LIGURE. Era nata un anno prima che si facesse l’Italia. Il Piemonte stava concludendo gli anni caldi di quel Risorgimento che avrebbe portato all’Unità d’un Paese diviso da sempre da mille campanili e rivalità, stati e starelli, ducati e contee. Diciamo era, perché nei giorni scorsi è stata scritta la parola fine sul futuro della Pernigotti, azienda piemontese considerata una delle eccellenze nel settore dolciario. È durata cinque generazioni la storia di questa impresa iniziata nel 1860, con l’apertura da parte di Stefano Pernigotti di una drogheria nel cuore di Novi Ligure. Drogheria che nel volgere di qualche anno  si è trasformata in una piccola fabbrica, diventando nell’arco di vent’ani fornitrice ufficiale del Re.

Agli inizi del XX secolo l’azienda è una delle più importanti del settore, con macchinari all’avanguardia e un sistema produttivo in grado di dare vita a lavorazioni pregiate e ricette uniche. La seconda generazione si dimostra all’altezza dell’eredità ricevuta è grazie al suo ingegno e alla profonda conoscenza delle tecniche di lavorazione dolciaria che Paolo Pernigotti, per far fronte al divieto di usare lo zucchero in vigore durante la guerra, perfeziona e commercializza una rivoluzionaria ricetta per il torrone a base di miele concentrato.

Passano pochi anni e nel 1927 inizia la produzione del Gianduiotto, il cioccolatino che fonde in una forma inconfondibile cacao e pasta di nocciole e che diventa uno dei simboli più apprezzati della tradizione italiana nel cioccolato. Negli anni successivi la ricerca Pernigotti non si arresta e l’azienda cresce, cambia sede e continua a proporre prodotti che entrano nella storia e nelle case di tutti gli italiani come il Cremino, le Pepitas e il Nocciolato, per arrivare negli Anni Settanta a essere una delle più importanti realtà nel settore del cioccolato.

Nel 1995 Stefano Pernigotti vende il marchio alla famiglia Averna che lo cede nel 2013 al gruppo Toksöz. Il turchi raccolgono questa grande tradizione per guidarla in un processo di internazionalizzazione con l’intento di esportare il piacere del grande cioccolato italiano in tutto il mondo. Oggi però, il gruppo, quello stesso che aveva mostrato entusiasmo nell’assumerne la direzione, ha deciso che le 100 persone ancora occupate nello stabilimento produttivo di Novi dovranno andare a casa.

Ad annunciare la chiusura dello stabilimento novese sono stati gli stessi sindacati che hanno precisato che «i pochi impiegati del settore commerciale che rimarranno saranno trasferiti a Milano».

 

 

 

 

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