Al via le operazioni di allagamento: come cambia il paesaggio delle risaie
Da metà aprile nel Piemonte orientale, tra le province di Vercelli, Novara, Biella e in parte Alessandria, è tempo di allagamento delle risaie. L’operazione, molto suggestiva negli effetti che produce sul paesaggio, viene eseguita per proteggere la piantina di riso dagli sbalzi termici tra notte e giorno ed è resa possibile dall’abbondanza d’acqua che caratterizza da sempre il Piemonte.
Tutta la complessa ingegneria della risaia, collocata in un campo particolare, detto campo-risaia, ruota quindi attorno all’acqua nella sua funzione di termoregolatore, indispensabile per la crescita del riso. A partire dalle prime importanti opere idrauliche del XV secolo, come il Naviglio d’Ivrea, voluto da Jolanda di Valois, moglie del duca di Savoia Amedeo IX , per collegare la Dora Baltea al Sesia tra Ivrea e Vercelli, e il Canale del Rotto, fatto scavare dai marchesi del Monferrato, le acque di fiumi e torrenti che scendono dalle Alpi verso le pianure di Vercellese e Novarese sono state irreggimentate attraverso una rete capillare di canali congegnata in maniera tale da sfruttare la pendenza dei terreni, solo in apparenza pianeggianti, ma che in realtà digradano lievemente da nord-ovest verso est/sud-est.
Per consentire un ottimale sviluppo delle piantine il campo-risaia richiede quindi l’apprestamento di un complesso sistema di piccole canalizzazioni e di chiuse, studiate allo scopo di garantire alcune condizioni, come il ricambio costante dell’acqua, che dev’essere sempre ben ossigenata, e la sua distribuzione uniforme all’interno dell’appezzamento, senza dannosi ristagni causati da buche o depressioni.
Pur favorendo il trasporto dell’acqua a fini irrigui, la pendenza dei terreni che caratterizza le pianure orientali del Piemonte ha rappresentato sin dagli albori della coltivazione del riso un problema da risolvere: la camera di risaia va infatti realizzata in piano, per evitare che l’acqua, una volta entrata, scivoli subito via, e inoltre il fondo del campo dev’essere ben livellato, per impedire la formazione di depressioni e avvallamenti che comporterebbero il ristagno delle acque.
L’obiettivo di realizzare una camera di risaia posta in piano in un contesto di terreni in lieve pendenza è stato perseguito dagli agricoltori della zona ricorrendo alla tecnica tradizionale del terrazzamento, la stessa praticata da secoli per coltivare sui pendii scoscesi di montagna e alta collina. Ogni porzione di terreno, destinata a ospitare il campo-risaia, viene quindi spianata e protetta verso valle da terrapieni, con la funzione di trattenere l’acqua.
Si è modellato così, grazie all’impegno profuso da generazioni di risicoltori, il tipico paesaggio delle pianure del riso piemontesi, che nella stagione dell’allagamento si presenta come una successione di specchi d’acqua delimitati da argini e posti ad altezze diverse, disegnando in tal modo una sorta di gradinata che si protende verso l’orizzonte, e che indica la direzione in cui pende la pianura.
Il paesaggio, però, non rimane immutato nel tempo e anche quello delle risaie, sin dall’affermarsi della piantina d’origine asiatica come coltura predominante nelle pianure dell’est Piemonte, cioè dalla seconda metà dell’Ottocento, non è escluso da questa regola. L’affinarsi delle tecniche di livellamento dei campi, un tempo basate sull’impiego di strumenti ottici, poi sostituiti dalle livellatrici laser, ha comportato infatti non solo un miglioramento dell’efficienza agricola, con un minore dispendio d’acqua e una sua più uniforme distribuzione, ma anche un cambiamento significativo nell’aspetto dei singoli appezzamenti, oggi più estesi rispetto al passato, delimitati da argini più alti e con una forma molto più regolare, mentre un tempo, seguendo le curve di livello locali, si presentavano definiti da linee curve che s’intersecavano tra loro.
Dalla semplice osservazione di immagini aeree balza subito all’occhio l’incidenza che l’evolversi di queste tecniche ha avuto sulla modellazione del paesaggio di risaia: oggi i campi, spianati e livellati con mezzi moderni, appaiono più regolari nella forma e più ampi, mentre è quasi del tutto scomparso, salvo rare eccezioni, un tratto caratteristico che un tempo rendeva meno spoglio il paesaggio delle risaie, le lunghe file di alberi frangivento tradizionalmente piantumati lungo i confini dei campi.
Anche le pratiche colturali sono cambiate: fino a poche decine di anni fa la semina della piantina avveniva nei semenzai e solo in un secondo momento veniva trapiantata nella camera di risaia già allagata, mentre oggi si provvede alla semina del riso, tra metà aprile e la prima decade di maggio a seconda delle varietà (anche se si diffonde la tecnica della “semina tardiva”), direttamente nella camera di risaia quando è già sommersa da pochi centimetri d’acqua.
Migliorie e cambiamenti continuano poi a interessare il settore, incidendo sul paesaggio. La recente realizzazione del Lago dell’Ingagna, importante bacino idrico artificiale realizzato nel Biellese al servizio dell’agricoltura, struttura unica nel suo genere in Italia, ha consentito ad esempio una più razionale gestione della risorsa acqua, rendendo i risicoltori serviti da questo invaso meno esposti ai capricci climatici e all’andamento della piovosità. La crisi del settore, dovuta all’abbattimento delle tariffe doganali e all’immissione sul mercato interno di risi coltivati in paesi dell’est asiatico a costi irrisori, rischia poi anch’essa di influire, in negativo, sul paesaggio e sugli assetti ambientali, sia per le riduzione delle superfici coltivate a riso, sia perché oggi una parte delle aziende, per risparmiare sui costi, adotta la tecnica della semina “interrata”, evitando così la prima sommersione e lasciando i campi asciutti sino a fine maggio/prima decade di giugno.