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Alba e le tre frecce apparse in sogno alla Beata Margherita di Savoia vissuta tra XIV e XV secolo

ALBA. Città di origine celto-ligure e conosciuta per la produzione di tartufi, Alba grazie anche alla fiera creata nel 1928 e diventata oggi un importante momento di incontro internazionale incentrato sul tartufo bianco, è da anni meta di turisti stranieri. Ancora oggi si ricorda con affetto di quando, nel 1959, il noto regista britannico di film di suspense Alfred Hitchcock si lasciò affascinare dalle Langhe, facendosi portare ad Alba per degustare i tartufi, intrigato dal loro profumo e dal sapore particolare.

Alba Pompeia, come veniva chiamata in epoca romana, in onore del console Gneo Pompeo Strabone, era già all’epoca in fase di crescita; fondata nel I secolo a.C., aveva un impianto a griglia, come tutti gli accampamenti romani e le due strade principali, il decumano e il cardo massimo s’incrociavano nel centro della città. La produzione di vino era, con l’olio, di primaria importanza e probabilmente, così come al giorno d’oggi si nota la forte presenza di enoteche tra le solari vie albesi, anche allora si dovevano vedere dei locali dove si vendeva il vino romano, famoso per le innovazioni tecniche che avevano saputo  “inventare”, come ad esempio l’aggiunta di spezie e miele per migliorare il sapore dell’amata bevanda. Nei convivia, i famosi banchetti dell’antica Roma il vino scorreva a fiumi, ma non si beveva puro, si diluiva con acqua in varie percentuali, a seconda anche del ceto sociale di chi beveva (e probabilmente in base alle possibilità economiche).

Anche il Medioevo fu per Alba un periodo interessante, nel quale i governanti che si avvicendarono riuscirono a farla diventare un importante centro politico, commerciale e religioso. Passeggiando per la città non si può fare a meno di notare le numerose costruzioni medievali, spesso ristrutturate e con elementi particolarissimi, come l’agnellino di via Vittorio Emanuele. L’agnus dei, l’agnello di Dio, che rappresenta il sacrificio compiuto da Gesù Cristo per salvare l’umanità, era uno dei simboli che spesso nel Medioevo venivano collocati sulle mura delle abitazioni, per proteggere dalle calamità o richiamare la buona sorte.

La chiesa di Santa Maria Maddalena ad Alba

La facciata dinamica e moderna nasconde all’interno una pianta a croce greca, con una cupola al centro che permette alla luce di entrare e di illuminare affreschi e sculture di artisti locali, tra i quali gli affreschi della cupola, con scene della vita di Maria Maddalena.

La vocazione turistica di Alba si è manifestata anche nella ricerca di qualcosa di diverso, non visibile nelle strade cittadine ma al di sotto: è la città sotterranea, dove si trovano i resti delle vie e delle costruzioni sopra le quali le varie epoche hanno edificato nuove abitazioni ed edifici religiosi, mura, cunicoli e cripte. Anche periodi più vicini a noi hanno le loro storie da raccontare. Nel 1749 venne costruita la Chiesa della Maddalena, esempio di architettura barocca piemontese, progettata dall’architetto Bernardo Antonio Vittone, conosciuto per le sue idee innovative.

La chiesa era già presente a inizio del 1400, come luogo di preghiera dell’Ordine degli Umiliati. Proprio in quegli anni arrivò in città Margherita di Savoia, nata nel 1390 da Amedeo di Savoia e Caterina di Ginevra, e costretta a sposare, a soli 13 anni, Teodoro II Paleologo, all’epoca già quarant’enne, che morì nel 1418. Margherita si era già distinta a Genova, dove risiedeva, nella cura agli ammalati colpiti dalla peste che aveva decimato gli abitanti e decise di proseguire nella sua opera di assistenza ma anche di preghiera.

Per questo si recò ad Alba, ottenendo di avere i beni degli Umiliati, in estinzione e di installarsi, con alcune compagne, nell’edificio, che venne ammodernato e ingrandito. La donna passò il resto della vita nella carità e nella cura degli ammalati, tanto che viene rappresentata con una cerva accanto, che descrive la sua obbedienza all’ordine domenicano. Nel 1664 venne dichiarata beata e le sue reliquie vennero tenute nella chiesa, a parte per un breve periodo a inizio del Milleottocento, prima in un monumento funerario marmoreo e poi in un’urna di legno dorato.

Un altro strano simbolo della beata si trova sulla porta d’ingresso, si tratta di tre frecce, perché, secondo la tradizione, aveva visto in sogno Gesù che le mostrava le tre frecce, che rappresentavano le prove alle quali Margherita sarebbe stata sottoposta: malattia, calunnia e persecuzione. Margherita scelse di affrontare tutte e tre queste prove per salvare le anime dei peccatori, sacrificando se stessa. Non risulta che vi siano altre beate o sante alle quali siano state attribuite le tre frecce.

Katia Bernacci

Katia Bernacci

Katia Bernacci, giornalista pubblicista, saggista e ricercatrice indipendente, è attualmente direttrice editoriale della casa editrice Yume. Da anni si occupa di divulgazione in ambito culturale.

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