Amarcord torinesi: Macario, il “re della rivista” e l’emblema della garbata comicità subalpina
TORINO. Sembra strano, eppure il nome di Erminio Macario, l’interprete e l’ideatore per eccellenza della rivista all’italiana del Novecento, l’uomo che lanciò decine di famose soubrette sui palcoscenici dei più noti teatri italiani, resta – per le più giovani generazioni – quasi uno sconosciuto. Non così, ovviamente, per coloro che – essendo, ahimè, nati in anni più lontani – hanno avuto la fortuna di applaudirlo nei teatri e di apprezzarne la mimica in televisione e sugli schermi dei cinema italiani, ed ancora rimpiangono le sue gag, le sue esilaranti battute, e la sua garbata ironia di stampo torinese.
Macario è stato un popolarissimo attore comico del cinema, del teatro e della televisione, e può essere considerato l’emblema della comicità subalpina. La sua fama varcò i confini del Paese. Charles de Gaulle, ad esempio, divenne un suo appassionato fan fin dalla sera in cui assistette divertito ad una sua rivista nel corso di una tournée parigina. Capo comico in decine e decine di titoli di diversi spettacoli di teatro, varietà, riviste e commedie musicali, con centinaia di rappresentazioni in tutto il Paese, Macario è stato giustamente considerato il “re della rivista e della commedia musicale” all’italiana. Ed è un peccato dimenticarlo, perché il suo modo divertente e innovativo di far teatro, con le sue deliziose “donnine”, artiste a tutto tondo, con l’impiego di gioiosi e spettacolari corpi di ballo, e sketch di comicità coinvolgente (però mai sopra le righe, in perfetto stile subalpino) ha veramente segnato un’epoca, ed ha firmato un capitolo fondamentale della storia del teatro – impropriamente – definito leggero.
Nato a Torino nel 1902 da una povera famiglia di estrazione popolare, all’età di diciotto anni, Erminio Macario entra in una compagnia di “scavalcamontagne”, termine con cui erano definite in Piemonte le compagnie teatrali itineranti, che si esibivano nelle sagre di paese. Nel 1925, entra in contatto con la soubrette torinese Isa Bluette, che lo scrittura nella sua compagnia come “comico grottesco”. Il giovane attore si costruisce un’accattivante maschera clownesca, con un tipico ciuffo di capelli sulla fronte (il “tirabaci”), occhi resi più tondeggianti da un trucco appena marcato, sovrastati da due sopraccigli arcuati, ed un’andatura un po’ caracollante, che danno al personaggio, fortemente caratterizzato, un aspetto curioso, simpatico, empatico. Macario presto intuisce che il successo di un’opera di teatro leggero, oltre che dalla bravura degli interpreti, dall’originalità delle battute, e dal modo con cui vengono recitate, dipende anche in gran parte dallo charme e dal carisma della “prima donna” dello spettacolo. Nel 1930, fonda una propria compagnia teatrale, che acquista via via maggior successo e notorietà. Nel 1936, recita insieme ad Hilda Springher. Nel 1937, scrittura Wanda Osiris, mettendo in scena una delle prime commedie musicali italiane: “Piroscafo giallo”. Ad ogni stagione, rinnova il cartellone con nuovi titoli di commedie musicali, con la partecipazione di prime donne affascinanti, come Isa Barzizza, Pinuccia Nava, Lauretta Masiero, Marisa del Frate, Valeria Fabrizi, Sandra Mondaini, Lea Padovani, le cosiddette “donnine” di Macario, che dopo aver acquistato notorietà sul palcoscenico della rivista, vengono lanciate con successo anche nel mondo del cinema.
Negli Anni Trenta, Macario si fa notare per la sua comicità non convenzionale e surreale anche sugli schermi cinematografici. Tra i suoi successi, ricordiamo “Imputato, alzatevi “ (1939), e “Lo vedi come sei… Lo vedi come sei?”. A questi film, Federico Fellini collabora come sceneggiatore. Negli Anni Quaranta e fino alla metà degli Anni Cinquanta, Macario continua a sfornare ogni anno riviste di grande successo. Nel 1951, effettua la citata tournée trionfale a Parigi con la rivista ”Votate per Cenere”. Dopo il divorzio dalla coreografa Maria Giuliano, Macario sposa in seconde nozze la giovanissima Giulia Dardanelli, da cui nasceranno due figli: Alberto Macario (1943), pittore, attore e scrittore, e Mauro Macario (1947), che diventerà, scrittore e biografo del padre.
Negli Anni Sessanta, adattandosi al cambiamento del gusto del pubblico, passa dalla rivista alla commedia musicale, con nuovi spettacoli in cartellone, di grande attrazione, con la partecipazione di Sandra Mondaini e di Marisa Del Frate, su testi scritti da Bruno Corbucci e Giovanni Grimaldi. Continua intanto la sua presenza nel cast di molti film comici, di cui ben sette a fianco di Totò, per il quale ricopre il ruolo di spalla di lusso. Negli Anni Settanta, Macario abbandona la rivista e si dedica al teatro di prosa, ricoprendo talora ruoli drammatici e mettendo in scena commedie brillanti, anche in lingua piemontese. Tra i titoli di maggior successo: “Achille Ciabotto, medico condotto” (1971-1972), “Carlin Cerutti, sarto per tutti” (1974), e “Due sul pianerottolo” (1975-1976), accanto a Rita Pavone.
Nel 1977, Macario realizza un proprio teatro, detto “la Bomboniera”, in Via Santa Teresa 10, a Torino, in cui esordisce in una commedia ispirata a Molière, per la regia del figlio Mauro Macario. Il piccolo e raffinato teatro conoscerà tuttavia delle vicissitudini contorte e alquanto sfortunate: chiuso in più riprese, riaperto pro tempore con il nome di Teatro Macario, venne poi riadattato a discoteca, e poi chiuso definitivamente per motivi di sicurezza.
Nel 1974 è protagonista in TV della puntata di Milleluci dedicata al varietà. condotta da Mina e Raffaella Carrà. Nel 1975, è mattatore del varietà televisivo “Macario uno e due”. Nel 1978, gli viene affidata la conduzione di sei puntate televisive di prosa e rivista, col titolo “Macario più”. L’ultima sua apparizione televisiva risale al 1979, nella trasmissione “Buonasera con… Erminio Macario”, per la regia del figlio Mauro. Un mare incurabile stroncò il grande e amatissimo comico torinese nel 1980, quando aveva 78 anni.