Asti, la Chiesa di Santa Maria sulla collina di Viatosto: le prime notizie risalgono all’XI secolo
Un santuario e un borgo di collina che ha vinto tre volte il Palio
In questi giorni di fine estate sono salito sulla collina di Viatosto, dove sorge una chiesa-santuario di origine medievale. Iniziamo col dire che non è chiaro perché porti questo nome; al riguardo vi sono diverse interpretazioni, ma nessuna di esse è certa. Probabilmente Viatosto era un piccolo borgo raccolto intorno ad una chiesa pievana con cimitero annesso. Le prime notizie certe risalgono al secolo XI e identificano la chiesa con il nome di Santa Maria de Riparupta (Rivarotta, un nome che richiama male o negatività, nella accezione longobarda e poi medievale). In riferimento a questo nome, lo storico Stefano Giuseppe Incisa (Asti 1742 – 1819), nel suo testo del 1806 intitolato Asti nelle sue chiese ed iscrizioni, formula l’ipotesi che derivi dalla miracolosa cessazione della peste nell’anno 1340 nella città di Asti, che via tosto (“ayatost”), da quel luogo in poi, si liberò “presto” in tutta la città.
La campagna di indagini archeologiche condotta nel 1994 ha messo in luce la struttura originaria romanica della chiesa di S. Maria de Riparuta a tre navate, con una grande abside che concludeva la navata centrale. Nella cappella sinistra del presbiterio sono stati rinvenuti scheletri risalenti al secolo XI, con sepolture rivolte a oriente.
Immagine archivio Mario Gabinio
Nel XIV avvengono le principali trasformazioni dell’edifico, che assume una decisa impronta gotica: l’abside viene modificata a pianta pentagonale, con piccole semicolonne agli angoli, con realizzazione di volte a crociera in tutta la chiesa. I molti stemmi gentilizi e gli affreschi votivi indicano come la chiesa fosse connotata dalla committenza della nobiltà astigiana a partire dalla prima metà del Trecento.
A quattro chilometri dal capoluogo di provincia, la Madonna di Viatosto sorge in posizione sopraelevata su una collina, orientata verso est. Dal sagrato prospiciente si gode un panorama completo della città, come da nessun altro luogo della zona: nelle giornate serene lo sguardo si può spingere fino al Monviso. La chiesa è citata per la prima volta in un documento del 20 maggio 1194, che riferisce di una controversia per l’attribuzione di decime tra i Canonici di Asti e il Rettore della chiesa di Sanctae Mariae de Riparupta.
L’appellativo Maria Audiuvacita (Ausiliatrice) compare per la prima volta dopo il 1345. Nel secolo successivo, con decreto del Vescovo di Asti Alberto Guttuari dei De Castello (Vescovo dal 1409 al 1439) del 23 luglio 1428, la chiesa (ancora di Rivarotta) viene aggregata ed incorporata, con tutte le sue rendite, alla Cattedrale. Questo prelato, già abate benedettino di San Bartolomeo in Pavia, regge la diocesi in un periodo delicato, quando Papa Urbano II ha da poco creato la diocesi di Mondovì, a discapito di quella di Asti. Il suo decreto è confermato da Papa Martino V l’anno seguente e la parrocchia risulta soppressa.
Nel 1660 Papa Alessandro VII erige qui una Confraternita sotto l’invocazione di Maria Ausiliatrice: sono concesse indulgenze ai fedeli che visitino la chiesa la seconda domenica di maggio e nei giorni della Natività e della Assunzione di Maria. Sappiamo, inoltre, che il livello della pavimentazione interna è stato abbassato durante i lavori compiuti nel 1870.
Nella lunetta esterna, risistemata nel 1932, è dipinta una Madonna con Bambino con i simboli rurali ed eucaristici del grano e dell’uva, opera dei pittori Giuseppe Manzone (Asti 1887 – Torino 1983) e Ottavio Baussano (Asti 1898 – 1970). Segnaliamo che l’artista Manzone, presso la cascina San Michele di Nizza Monferrato, si è dedicato a raffigurare le vigne e le colline con una realistica ed efficace interpretazione della vita contadina.
Sopra la porta del campanile vi è la cosiddetta “leggenda di Viatosto”, un’iconografia rara, simile ad un ex voto, in cui sant’Antonio Abate, invocato contro la peste, presenta tre nobili astigiani alla Madonna.
Entriamo in chiesa. Al suo interno, sulla destra vi è l’affresco noto come la “leggenda di Viatosto”, riferibile alla peste del 1340. L’ex voto raffigura tre giovani inginocchiati davanti alla Madonna col Bambino, con Sant’Antonio Abate che intercede (forse per questo Emanuele Asinari, con testamento del 7 marzo 1343, dona alla chiesa tutti i beni e i diritti che possedeva nella vicina località Valdobone). Al di sopra, nella lunetta, Santa Maria Maddalena, con il vaso degli unguenti fra le mani, incontra nel giardino Cristo Risorto.
Le volte a crociera sono chiuse da chiavi con stemmi delle committenze gentilizie astigiane. Si riconoscono, fra gli altri, gli Scarampi, i Roero, i Malabaila e gli Asinari.
Nella nicchia ricavata al fondo dell’abside è collocata la Madonna di Viatosto, statua lignea del primo Trecento, una delle più alte espressioni artistiche locali di quel tempo. Risultano particolari gli sguardi dei personaggi: quello della Vergine è frontale, mentre gli occhi del Bambino guardano in basso. Inoltre, anche la mano della Madonna ha una posa inusuale.
Un’opera importante e curiosa è la cosiddetta “Madonna delle ciliegie”. Si tratta di una tavola lignea trecentesca dalla storia complessa, probabilmente proveniente dalla scomparsa Certosa di Valmanera, soppressa in epoca napoleonica. All’inizio del Novecento l’opera è segnalata nella cappella privata della famiglia Taschiero, in località Valmanera; negli Anni Sessanta viene donata al sacerdote don Secondo Cantino. Dopo un delicato restauro, è tornata ad essere visibile nel 1994, con evidenti riferimenti al polittico di Incisa Scapaccino, attribuito a un Maestro affine a Niccolò di Voltri.
Viatosto è fra i borghi partecipanti al Palio di Asti. Insieme con il Rione Don Bosco, ha vinto il Palio negli anni 1967, 1971 e 1980. A partire dal 1982, Don Bosco e Viatosto si sono separati e hanno costituito due rioni distinti per la manifestazione.
Ezio Marinoni