Borse griffate originali a 25€, la svendita è totale: le mettono a 1.000€ in negozio

Borse alla moda - Piemontetopnews (Foto X)
Era il fiore all’occhiello dell’export italiano, oggi è un settore in crisi: come e perché la moda si è fatta male da sola.
Eppur si muove. E cresce, seppur lentamente. Le previsioni 2025 per il PIL italiano effettuate dagli analisti lasciano ben sperare. La contrazione seguita ai difficili anni post-pandemia sembra definitivamente alle spalle.
Resta il fatto che l’economia ristagna e che le tensioni internazionali non aiutano, pertanto le previsioni circa la crescita del prodotto interno lordo italiano sono state riviste rispetto alla validazione del quadro macroeconomico stilato nell’ottobre 2024 dal Piano Strutturale di Bilancio.
Dopo lo 0,7% del 2024 si stima un +0,8% nel 2025 e un aumento dello 0,9% nel 2026. Piccoli segnali e in particolare nell’anno iniziato da qualche mese a trainare l’economia italiana sarebbe la domanda interna.
Ma quali sono i settori che contribuiscono in maniera più significativa alla crescita del PIL? Il terziario resta il leader assoluto. La voce servizi, nonostante gli anni durissimi del post-Covid, è riuscita a riprendere a partire dal 2023 quella crescita che era iniziata nel 2014.
Dentro la crisi del Made in Italy
Il settore per il quale invece gli anni di gloria sembrano essere alle spalle è quello industriale. I ruggenti anni ’80 sono lontanissimi anche perché in questo caso la crisi dovuta al Covid è arrivata poco dopo quella, non meno drammatica, del 2009.
A soffrirne è l’intero settore del Made in Italy, uno dei fiori all’occhiello del Belpaese nel mondo. In particolare uno dei comparti che sta conoscendo da qualche anno una crisi mai vista è quello della moda. Il secondo settore manifatturiero italiano dopo la meccanica, con un giro d’affari che sfiora i 100 miliardi di euro, il 5% del Pil nazionale, è letteralmente in ginocchio.
Se la moda si fa male da sola: il rincaro è diventato un boomerang
Quali sono le cause della crisi? A dirlo sono stati gli stessi giganti del settore, che hanno ammesso quanto sia stato sbagliato aumentare i prezzi in maniera esponenziale dopo la crisi dovuta alla pandemia. A pagarne le conseguenze sono state soprattutto quelle 60.000 aziende che rappresentano il cuore pulsante dell’artigianato italiano nel settore. Nel dettaglio il boom di vendite registrato nel periodo post-pandemico ha spinto i grandi brand del lusso ad attuare una politica di rincari aggressiva, con aumenti di prezzo a doppia cifra che hanno riguardato in particolare le borse, ma che si sono rivelati un boomerang. Non è raro, allora, vedere oggi una borsa di lusso costare oltre 10.000 euro, contro i 2800 euro di “una volta”. “Un modello da 1200 euro a noi viene pagato 25” avrebbe confessato un produttore a ‘Il Fatto Quotidiano’.
Il risultato è stato gettare le imprese nella crisi, costringendole al ricorso sempre più frequente alla cassa integrazione. Un colpo rivelatosi durissimo per il Made in Italy, considerando che una parte significativa delle produzioni italiane dei beni di lusso è destinata a brand internazionali. L’export in alcuni mercati chiave come la Cina e la Corea del Sud è crollato. Per il 2025 si prevede una lenta ripresa, ma il recupero del ruolo di nazione leader per i brand dei segmenti del lusso accessibile appare lontano.