Bricco Lu, a Costigliole d’Asti, fra storia e leggenda
COSTIGLIOLE D’ASTI. Uno dei punti panoramici e turistici più belli di Costigliole d’Asti è Bricco Lu, da cui si gode un’incantevole vista su tutto il Monferrato. La storia del bricco, che in dialetto piemontese indica la cima della collina, ha radici antichissime, anzi leggendarie (il toponimo affonda le radici nella storia celto-ligure del territorio), in cui si intrecciano dèi e demoni, un castello e una pieve scomparsi.
L’altura è stata utilizzata come area sacra dai Celti, per accendere i loro fuochi sacri, e dai Romani, che sul Bricco Lu veneravano il dio Silvanus, nume della potenza selvaggia della natura. Il Silvanus delle nostre campagne legate ai culti antichi, era una sorta di dio-caprone, che stabiliva a suo capriccio la riuscita dei raccolti e aveva il vizio di insidiare le ragazze da marito. Per via del suo aspetto, con l’arrivo del cristianesimo viene in parte identificato con il diavolo. Sempre in bilico tra il bene ed il male, continuerà a zampettare per secoli nei boschi, divertendosi a fare i dispetti ai contadini e, ogni tanto, e a qualche graziosa ragazza. Verrà definito “Sarvàn”, ne parla ancora il commediografo astigiano Giovan Giorgio Alione (1) nei primi decenni del XVI secolo.
Nelle vicinanze del monte e del bosco sacro sorge in tempi remoti la Pieve de’ Ponte, nella località oggi detta Cioccaro o Sant’Agnese, forse per non mescolare la cultura e la presenza cristiana con il retaggio di una divinità inquietante, molto simile al diavolo. Chissà se questa presenza ha contribuito alla nascita della leggenda di Bricco Lu?
La storia narra che in un tempo remoto e indefinito, come avviene nelle leggende, nella più bella casa del Bricco viveva una bella fanciulla di nome Gentucca. Non appena raggiunta l’età da marito i pretendenti si affollano; il padre, non sapendo chi scegliere tra i corteggiatori, li convoca tutti e decide di concederla in moglie a chi si fosse presentato con la miglior coppia di buoi, la notte della fiera di San Lorenzo. Possiamo pensare che la leggenda abbia un fondo di concretezza, nella radice e nella povertà contadina dei tempi remoti. La notizia della decisione arriva fino al cascinale più povero, dove abita un tale Poldo. Costui, non sapendo come fare per presentarsi l’11 agosto al cospetto di Gentucca, per la disperazione invoca il diavolo, che gli appare portando due superbi buoi aggiogati ad un carro rosso e gli mette fra le mani un pungolo d’oro. In un balzo Poldo si ritrova in mezzo al frastuono della fiera e Gentucca, la sera stessa, viene promessa sposa a Poldo che, al colmo della felicità, la porta nella sua modesta casa di Bricco Lu, dimenticandosi del patto stretto con il diavolo.
Un anno più tardi, nella notte di San Lorenzo, il diavolo torna a riscuotere ciò che Poldo gli ha promesso: la sua anima. Il giovane non può ottemperare; allora, dopo un boato si apre una voragine che ingoia Poldo, i due buoi ed il pungolo d’oro. Gentucca folle di dolore, muore cercando il suo Poldo e da quella notte, ogni anno a San Lorenzo, il suo spirito mai placato torna a invocare il suo sposo rapito dal demonio.
Dal 2016 Bricco Lu, con i suoi 310 metri e una vista mozzafiato a 360° che dalle terre dell’Unesco – Monferrato, Langa e Roero – corre fino alla catena delle Alpi, ha la sua panchina gigante, disegnata dall’artista americano Chris Bangle. L’opera è stata dedicata alla maestra e poetessa Teresa Mastallone, che ha scritto la leggenda del Bricco Lu e dell’amore di Poldo e Gentucca, nel suo libro Scintille, risalente alla fine dell’Ottocento (1892).
Un tempo qui sorgeva un castello, in funzione di difesa del territorio. Nel 1637 gli Spagnoli, dopo aver distrutto il castello di Agliano, assediano il castello di Bricco Lu e lo fanno saltare in aria con barilotti di esplosivo. Un quadro del Gonin (2), a Palazzo Reale a Torino, rappresenta proprio quel momento, con lo scoppio della torre. E qui si compie il miracolo che farà nascere la chiesa della Madonnina, ma questa è un’altra storia.
Poco al di sotto, si trovano resti di mura e le case a semicerchio che si appoggiano alla cima del Bricco, che potevano formare il borgo con il relativo castello, tutto il sito richiederebbe studi e ricerche storiche per adeguate indagini ed approfondimenti.
Il poeta dialettale Secondo (Dino) Dino Pettiti (3) ha cantato i dodici cipressi qui piantati, in rappresentanza delle dodici frazioni di Costigliole. Riprendiamo alcuni suoi versi che dichiarano l’amore per questa terra, dalla poesia “Ël mè pais”, dedicata a Costigliole:
«…Paisan dla mòda antica,
cerco pa d’andé a Turin:
për mi, ‘l verd dla mia campagna
l’é pì bel che ‘l Valentin!»
Ezio Marinoni
Si ringrazia il fotografo Franco Bello, di Costigliole, per le foto gentilmente concesse.
Note
1. Giovan Giorgio Alione (Asti, 1460-1470 circa – Asti, dopo il 1521). La sua data di nascita non è sicura (tra il 1460 ed il 1470), la data di morte è successiva al 1521. Nel 1508 è scelto tra i dieci membri del Gran Consiglio di Asti inviati a Milano a giurare fedeltà al Duca Massimiliano Sforza. Il suo francesismo gli vale il conferimento da parte di Francesco I, il vincitore di Marignano (ora Melegnano), il 12 marzo 1518, del castello di Monterainero, nel Borgo di Santa Maria Nuova in Asti. Scrive in francese, italiano e piemontese e la sua opera segna il passaggio letterario astigiano tra Medioevo ed umanesimo. Nel 1521 fa stampare in Asti, da Francesco Silva, le poesie da lui chiamate Opera iucunda, parte in lingua maccheronica, parte in francese, parte in dialetto astigiano e in fiammingo. Le poche notizie che si hanno dell’Alione, derivano principalmente da tre testi: Syllabus scriptorum Pedemontii, di D.Andreae Rossotti, Montregali (Mondovì), 1607; Catalogo degli scrittori piemontesi di F.A. Della Chiesa, Torino 1614; Scrittori d’Italia, del conte Giammaria Mazzuchelli.
2. Francesco Gonin (Torino, 16 novembre 1808 – Giaveno, 14 settembre 1889). Pittore, incisore, acquafortista e litografo. Rimangono famose le sue illustrazioni per I promessi sposi e per la Storia della colonna infame, eseguiti su commissione del Manzoni.
3. Secondo (Dino) Pettiti (Costigliole d’Asti, 16 aprile 1897 – Costigliole d’Asti, 15 marzo 1980). Le sue poesie piemontesi sono state raccolte in un unico volume dal titolo Fior fiorìe… smens d’amor…, pubblicate nel 1997 a cura di Camillo Brero. Pettiti stesso si definiva “poeta paisan”, per la sua ispirazione legata alla terra e al mondo contadino.