Da carcere a “Eremo del Silenzio”, la metamorfosi di un braccio femminile delle Nuove
TORINO. Era il 2011 quando le ex carceri torinesi “Le Nuove”, in via Paolo Borsellino, si trasformarono in un luogo di pace. Juri Nervo, collaboratore con diverse agenzie che si occupano del settore sociale, e con un bagaglio di esperienza all’interno del carcere minorile Ferrante Aporti, apre le porte della palazzina, costruita negli Anni Ottanta: «Collaboravo con i servizi sociali per raccontare cosa significa essere detenuti agli studenti, ma nessuno aveva idea di cosa fosse realmente un carcere. Quando ho visto il museo del carcere alle Nuove, mi è venuta questa idea, per cui il direttore si è reso subito disponibile».
Il nome dato, “Eremo del Silenzio”, riassume bene la finalità di questo spazio: aiutare le persone a trovare la pace dentro la città, dedicandosi alla propria intimità, intesa come cura interiore del Sé. L’ex zona detentiva femminile, che accoglieva le donne accusate di crimini terroristici, dopo essere caduta in rovina, è stata quindi risistemata, cercando di mantenerne le caratteristiche originali della semplicità e dell’essenzialità. Sono proprio queste due caratteristiche a preservare l’autenticità del luogo, dove, chi vi si reca, può vivere fino in fondo quella “cella” che fa fare i conti con la propria anima, nel silenzio.
Uno dei desideri di Nervo era, tra l’altro, che l’Eremo rimanesse isolato, quasi nascosto, come a simboleggiare una forma di distacco da tutto il resto. A tale scopo e agli attimi di riflessione è dedicata la “Cappella del silenzio”, per meditare, ma esistono, inoltre, alcuni spazi per le discussioni di gruppo. Il bisogno di raccoglimento, è stato accolto, alcuni anni fa, anche da un’altra struttura torinese: l’ospedale Molinette, il primo in Italia a inaugurare la “Stanza del silenzio”, un’area per credenti e non, in cui pensare, pregare, o abbandonare un dolore.
“La cella e il silenzio, e altre piccole occasioni di libertà” è il titolo del libro che ha raccolto l’esperienza dell’Eremo. Si tratta di una raccolta di e-mail tra Juri Nervo e la scrittrice Chiara M., che, in maniera del tutto spontanea, hanno dato vita a una lunga corrispondenza. Dopo la lettura del libro “Righe storte”, Juri ha sentito il desiderio di esprimere via mail le proprie considerazioni alla scrittrice su temi quali l’infinito, il silenzio, la morte, l’amore. Tra le pagine del libro, la cella è vista anche come occasione di libertà, dove affrontare le proprie carceri personali, riscoprendo la semplicità delle giornate. «Più il luogo prendeva forma, […] più scoprivo me, le mie debolezze, le mie paure, le mie passioni. Più mi conoscevo e più ero libero […] », scrive Juri.