Eroi sulle due ruote: Giovanni Valetti da Vinovo, il campione che sconfisse il mito Bartali
È stato definito il primo grande “passista – scalatore” della storia del ciclismo. E, non a caso, è stato uno dei più grandi campioni su strada italiani. Anche se rapidamente è scomparso dalla ribalta, a differenza dei vari Bartali, Cottur e Ricci che sono stati negli anni 1937, 1938 e 1939 i suoi grandi ed irriducibili avversari. Giovanni Valetti è scomparso dalla memoria collettiva sino a quando qualche anno fa Carlo Delfino e Giampiero Petrucci gli hanno dedicato un libro dal titolo “Il campione che sconfisse il mito” . Il mito era appunto quel Gino Bartali di cui ancor oggi si discute appassionatamente per le sue sfide con Fausto Coppi, per la borraccia e tante altre imprese divenute epiche. Al libro, edito con il sopraggiungere nel nuovo millennio, è seguito nel 2014 anche dal docufilm “Il campione dimenticato” firmato da Lucio Lionello e Damiano Monaco. E la sua figura è tornata prepotentemente alla ribalta.
Giovanni Valetti nasce a Vinovo, in provincia di Torino, il 22 settembre 1913, da Margherita Pelassa e Giuseppe Valetti, guardia forestale dell’Ordine Equestre Sabaudo. È il primogenito di cinque fratelli e due sorelle. A sedici anni entra come operaio nella fabbrica della Lancia di Torino, e con i primi stipendi compra la sua prima bicicletta. E’ un giovane snello e di bell’aspetto, taciturno e dall’atteggiamento tipicamente piemontese. E’ piemontese nei silenzi, campagnolo nella resistenza, operaio nella disciplina. Inizia a correre come dilettante nella sezione torinese “GS Vigor” nel 1931. Nei due anni successivi vince diverse coppe minori come il Campionato Piemontese Allievi, il Gran Premio Cerutti, il Campionato Piemontese Juniores e la Coppa S. Ambrogio. Queste belle prestazioni gli valgono la fiducia della GS Vigor che nel 1933 decide di inviarlo a Roma alla partenza del 1° Giro del Lazio, in sostituzione di un compagno di squadra ammalato. Giovanni Valetti vince una tappa e conquista la classifica finale.
Corridore dal fisico potente e slanciato, Giovanni Valetti aveva un’altezza eccezionale per un ciclista di quel periodo. Possedeva grandi capacità di recupero e di gestione dello sforzo ed era adatto pertanto alle corse a tappe, mentre l’assenza di abilità in volata non lo favoriva nelle corse in linea. Grazie alle sue doti sul finire del 1935 ottiene il suo primo contratto da professionista con la squadra torinese Frejus dei fratelli Ghelfi. Esordisce al Giro di Lombardia dello stesso anno. Nel 1936 Valetti partecipa al suo primo Giro d’Italia con la maglia della Frejus. Parte come gregario di Olimpio Bizzi, ma ben presto si impone come capitano della squadra terminando la corsa al quinto posto. Vince Gino Bartali, all’epoca ventiduenne. Dotato di un grande recupero e di qualità non comuni come scalatore e passista si mette prepotentemente l’anno successivo quando, sempre nella corsa in rosa, lotta con Bartali per la vittoria finale: termina al posto d’onore alle spalle di Ginettaccio dopo aver vinto la tappa di Genova.
Nel 1938 Valetti vince il Giro, conquistando fin da subito la maglia rosa e conservandola fino all’arrivo a Milano. Il secondo classificato giunge con 10 minuti di distacco in classifica generale. Ma Bartali, quell’anno è assente. Il duce lo ha voluto al Tour de France per tenere alto il buon nome dello sport italiano all’estero. Sullo slancio “Gioanin” va a trionfare nel Giro della Svizzera e si presenta deciso al confronto con Bartali nel Giro del ’39 che sarà ricco di appassionanti colpi di scena. Lungo le strade della Pensiola, ha infatti luogo uno stupendo ed epico duello: Gino strappa a Valetti la maglia rosa a Trento infliggendogli un distacco di 3’49” in classifica. Mancavano due tappe alla fine, ma nella dura frazione verso Sondrio (con il Tonale), in una giornata avversata dalle intemperie, sostenuto dagli uomini della Frejus, il piemontese contrattacca con violenza e costringe alla resa l’uomo di ferro. Bartali s’impone nell’ultima tappa a Milano. Ma è un successo inutile: termina in classifica con un ritardo di 2’59” da Valetti, dominatore assoluto di tre tappe, fra cui la cronometro sul Terminillo.
Due Giri d’Italia ed uno della Svizzera sono i suoi grandi successi, ai quali non riesce ad aggiungere vittorie nelle classiche in linea. Raramente accetta di andare correre all’estero, se si esclude l’impegno in Svizzera e una partecipazione al Tour nel ’37, dove peraltro è costretto al ritiro. Nel 1940 passa alla Bianchi che vuole vincere a tutti i costi il Giro d’Italia. Ma a vincere sarà la Legnano con la giovane rivelazione Fausto Coppi. La Seconda guerra mondiale fa da spartiacque alla sua carriera ciclistica. Infatti, dopo aver sposato Anna Paschiero nel 1943 apre una latteria a Cesana Torinese. Al ritorno alle corse, nel 1946, non Giovanni non è più all’altezza delle sue prestazioni di sette anni prima. Ci prova ancora in qualche occasione (l’ultima alla Milano-Sanremo del 1948), prima di appendere la bicicletta al chiodo. Decide di andare a lavorare in Fiat come operaio, attività che svolge fino alla pensione. Nel 1955 tenta l’avventura come direttore sportivo alla Carpano, esperienza che però termina precocemente. Muore il 28 maggio 1998. L’anno successivo gli viene conferito il titolo postumo di Grande Ufficiale della Repubblica.