Festival del Cabaret e delle Arti Comiche, si parte sabato 14 a Chivasso con Giulia Pont
CHIVASSO. E’ l’ora della comicità a Chivasso, grazie a un’iniziativa de “L’Officina Culturale”, guidata da Maria Paola Cena e Gianluca Vitale, per tre sabati Piazza Carlo Alberto Dalla Chiesa (o l’antistante Teatrino Civico in caso di temporali). La città dei nocciolini sarà il centro della risata con il Festival del Cabaret e delle Arti Comiche. Tre spettacoli diversi per altrettanti “attori solisti” che punteranno tutte le loro carte su argomenti coinvolgenti, debitamente trattati con la giusta ironia e un azzeccato brio.
La prima serata, che avrà luogo sabato 14 luglio, con inizio alle 21,30, vedrà in scena una preparatissima e vivacissima monologhista torinese, Giulia Pont. Poco più che trentenne, con all’attivo variegate esperienze teatrali (anche drammatiche o comunque impegnative) frutto di una ben definita formazione (è pure laureata al Dams Teatro) e di un costante aggiornamento, ella presenta al pubblico chivassese un collaudatissimo testo, quel Ti lascio perché ho finito l’ossitocina che la rivelò sei anni or sono con la vittoria al concorso nazionale per monologhi “Uno” di Firenze, trattando un tema che sembrerebbe inflazionato in ambito cabarettistico, ma che in realtà tale non è, grazie al pepe e al sale con cui i singoli attori riescono a “condirlo”, ciascuno a proprio modo: la fine di un amore. Qui la Pont dimostra come l’intreccio di pensieri, emozioni, disastrosi tentativi di riavvicinamento e improbabili consigli di amici e parenti possa determinare significativi risvolti tragicomici. Ecco allora che, sotto le mentite spoglie di uno strampalato spettacolo d’avanguardia, con musiche e scenografie estremamente minimaliste, l’attrice comincia a recitare un testo ermetico che poi prende tutt’altra strada… e così il monologo diventa una pubblica seduta di psicoterapia in cui la protagonista si confessa narrando per filo e per segno la propria crisi sentimentale, tirando in ballo la zia, la madre, la nonna, la supponente Rosy parrucchiera di fiducia, quindi Silvia, l’ “amica in comune” con la causa di tutto l’affare, Stefano, che ha mollato la sua bella per dedicarsi a suonare l’ukulele a tempo pieno.
Ai colmi, alle situazioni surreali e alle spiritosissime battute la Pont, che appare in scena con un paio d’occhiali neri da intellettuale, unisce una gestualità e un’espressività assai eloquenti, quasi “ritmiche” (definizione, quest’ultima, per nulla casuale: infatti l’attrice è anche una fisarmonicista dilettante), che coinvolgono e quasi travolgono l’uditorio.
La regia di questo irresistibile monologo è di Francesca Lo Bue. Vale comunque la pena aggiungere che da pochissimo Giulia Pont ha scritto (a quattro mani con Corrado Trione) e lanciato anche un nuovo spettacolo, “Effetti indesiderati anche gravi”, un viaggio in proiezione futuribile (la vicenda prende le mosse nell’anno 2218, cioè tra due secoli) nei problemi della coppia, con i mille volti di un “lui”-spalla che è Lorenzo De Iacovo. L’auspicio è che anche questo lavoro praticamente appena nato possa rimanere in cartellone almeno sei anni, proprio come “Ti lascio perché ho finito l’ossitocina”.