Giovanni Pastrone, un grande astigiano che fu pioniere e maestro del cinema muto
Asti. Se Torino è stata per i primi decenni del Novecento l’indiscussa capitale del Cinema internazionale, molto lo si deve a un grande regista e produttore piemontese: Giovanni Pastrone. Pastrone nacque ad Asti, il 13 Settembre 1883, in Via Alberti angolo Via Ottolenghi, da una famiglia originaria di Montechiaro d’Asti, a pochi chilometri dal capoluogo; morì a Torino il 27 Giugno 1959.
Si diploma in Ragioneria nel 1889, ma frequenta contemporaneamente anche un corso di violino all’Istituto Musicale Giuseppe Verdi di Asti. Grazie alla sua geniale creatività, si costruisce con le proprie mani una viola, e appassionatosi di Aereonautica, progetta tutto da solo un triplano. Si sposa con Anna Maria Prat e si trasferisce a Torino, dove si esibisce in vari teatri come violinista di fila. Accetta un incarico al Comune di Pinerolo come impiegato amministrativo, poi torna a Torino, dove pullulano le Case di produzione cinematografica, e viene assunto dalla Rossi & C., Produzione e commercio di pellicole cinematografiche. Fu qui che ben presto ebbe qui l’opportunità di rivelarsi un duttile attore, e soprattutto, un geniale regista di corti e di mediometraggi di ogni genere, fino ad essere considerato uno dei più celebri pionieri e sperimentatori del cinema muto, e un produttore di film di grande successo.
La lunghezza delle sue prime filmine variava tra i 25 e i 250 metri, in cui il regista esplorava temi storici (Napoleone I, 1907), melodrammatici (Il piccolo spazzacamino, 1908), di attualità (Frontiera russo-giapponese) o le “comiche” (Il cane geloso, 1907): una produzione eclettica che seppe conquistare il curioso e ammirato pubblico contemporaneo.
Quando il fondatore della Rossi & C. pensò di ritirarsi dalla Società, nel 1908 Patrone ne rilevò l’azienda, insieme al socio Carlo Sciamengo, e ne cambiò la ragione sociale, che prese il nome di Itala Film. Capisce che il Cinema, per essere sdoganato da mera forma di spettacolo popolare e trasformarsi in Arte autentica, necessita di cospicui investimenti.
In veste di imprenditore cinematografico, Patrone acquistò ben presto fama mondiale, soprattutto per aver curato la regia di quello che è considerato il primo grande kolossal dell’epoca, il lungometraggio Cabiria (1914), di circa 3 ore, diretto con il nome d’arte di Piero Fosco. Con questo pseudonimo firmò anche altre pellicole di successo come Il fuoco (1915), Tigre reale (1916), Hedda Gabler (1920). Pastrone continuò intanto a produrre esilaranti cortometraggi comici di successo, come quelli interpretati da André Deed nel ruolo di Cretinetti.
Fin dalle prime produzioni, Patrone si dimostrò un regista dalle intuizioni geniali, inventando soluzioni di ripresa e di riproduzione delle pellicole che ancor oggi sono alla base della cinematografia. Patrone è stato il creatore di un nuovo linguaggio rivoluzionario nell’uso della macchina da presa: fu un autentico pioniere nell’utilizzo di panoramiche, gru e carrelli, e sperimentò inquadrature decisamente innovative, come il primissimo piano e l’uso dinamico della profondità di campo. Fu lui, tra l’altro, a inventare e brevettare il fixité, una tecnica per stabilizzare le immagini durante la ripresa. Anche il carrello (o dolly) per le riprese in movimento è frutto della genialità di Patrone, tra i primi a creare dei piani di ripresa definiti, con scene numerate per facilitarne il montaggio e la postproduzione. Oltre che di tecnici e collaboratori qualificati, Patrone si avvaleva, sull’esempio della francese Pathé e di altre case di produzione americane, di un vero parco attori d’eccellenza, da cui attingere – di volta in volta – il cast più idoneo alle diverse necessità sceniche e di ruolo. Tra le sue intuizioni imprenditoriali, ebbe anche quella di creare un circuito di sale cinematografiche per la distribuzione delle sue pellicole.
La Prima Guerra Mondiale arrestò bruscamente l’attività di produzione della Itala Film, peraltro soggetta, come tutte le Case cinematografiche, alla rigida censura dell’epoca. Di questo periodo, oltre al già citato film Tigre Reale (tratto dall’omonimo romanzo di Giovanni Verga), è La guerra, pellicola di genere fantastico, dall’oscuro finale.
Terminato il conflitto mondiale, il ruolo di Pastrone nella Itala Film andò scemando, così come il suo interesse per la regia, e l’azienda venne venduta a nuovi proprietari. Dopo una versione cinematografica dell’opera teatrale di H. Ibsen Hedda Gabler e alcuni altri progetti che non trovarono applicazione, Pastrone firmò il suo definitivo addio al cinema producendo il film drammatico Povere bimbe! (1923), di Gero Zambuto.
Pastrone continuò a dedicarsi a ideare congegni e invenzioni che potessero trovare applicazione in vari campi della tecnologia. Ammalatosi di un tumore al fegato, progettò una macchina elettrica a scopi terapeutici, con la quale si curò a lungo per oltre trent’anni, ma che non riuscì a far produrre su scala industriale.
Morì per le conseguenze di una caduta accidentale nel Giugno del 1959.
Un busto dedicato a Giovanni Pastrone campeggia nella hall del Teatro Alfieri di Asti.
Dal canto suo, il Comune di Torino gli ha titolato una via in Barriera di Milano. Il minimo sindacale per un uomo che ha scritto i primi luminosi capitoli della Storia del Cinema italiano e internazionale.
Sergio Donna