Alla scoperta delle tante anime della città con la “Guida curiosa ai luoghi insoliti di Torino”
Edita per i tipi di Newton Compton, l’ultima fatica letteraria di Sarah Scaparone è dedicata all’antica capitale sabauda
Il volume di Scaparone, giornalista e già autrice di numerose pubblicazioni incentrate su Torino e il Piemonte, si compone di 62 capitoli che si configurano come altrettanti piccoli affreschi di vita torinese: ciascuno di essi coglie un aspetto specifico dell’anima e dell’identità cittadina, accompagnando il lettore in un appassionante viaggio alla scoperta di luoghi, personaggi, fatti storici, tradizioni e eccellenze del gusto, e contribuendo – ancora una volta – a confutare quell’etichetta di “città grigia”, monotona e industriale, che per tanti, troppi anni è stata ingiustamente assegnata a Torino.
Il vero volto della città – elegante, colta e raffinata per i suoi trascorsi di capitale del ducato di Savoia, poi del regno di Sardegna dal 1720 – è stato infatti offuscato dall’imporsi, nel corso del Novecento, della “monocoltura” dell’industria automobilistica legata alla Fiat, che ha avuto un ruolo così pervasivo da condizionare nei minimi dettagli la vita cittadina, tanto che addirittura gli orari dei mezzi pubblici erano stabiliti in base ai turni di lavoro nella grande fabbrica di Mirafiori. Il prorompente sviluppo dell’industria dell’auto ha certamente lasciato un’impronta forte sulla città, ma non è riuscita a recidere le radici che la legano alla grandezza del suo passato regale né a cancellare il senso di appartenenza dei suoi abitanti a un’identità culturale ben definita, forgiata in secoli di storia in cui i destini di Torino si sono intrecciati in modo indissolubile con le sorti della dinastia di Savoia.
Girovagando alla scoperta di una città dai mille volti e dalle tante sfaccettature, capace di stupire chi non la conosce o chi l’ha conosciuta solo superficialmente, Sarah Scaparone tratta numerosi argomenti, facendoci conoscere Torino attraverso diverse chiavi di lettura, di cui vi daremo, in queste poche righe, un piccolo assaggio, sperando di invogliarvi a intraprendere il viaggio, sia idealmente con la lettura del libro, sia fisicamente visitando di persona il capoluogo piemontese.
La prima chiave di lettura della città subalpina è quella dei tanti personaggi sorprendenti che vi sono nati o che hanno dato un contributo alla sua fama, come Bartolomeo Bosco (Torino, 1793 – Dresda, 1863), figura sconosciuta ai più, quasi dimenticato anche in patria, ma che fu illusionista di fama internazionale, considerato uno dei quattro padri della prestidigitazione moderna, alla cui figura è legata una realtà viva e vitale della Torino contemporanea, il Circolo degli Amici della Magia, o Bernardino Drovetti (Barbania, 1776 – Torino, 1852), che fu militare e diplomatico, ricoprendo la carica di console generale di Francia nell’Egitto di Muhammad Alì, ma anche grande collezionista di reperti egizi, che egli acquisì negli anni promuovendo numerose spedizioni di ricerca e alla fine vendette, nel 1823-24, grazie alla mediazione del conte Carlo Vidua, allo Stato Sabaudo del re Carlo Felice, contribuendo così in modo determinante alla nascita del Museo Egizio, il più antico museo dedicato interamente ai reperti di questa antica civiltà e il secondo al mondo per importanza dopo quello del Cairo.
Un’altra chiave di lettura della città offerta dall’autrice è quella che ci conduce a scoprire i luoghi e le testimonianze del potere sabaudo, non soltanto dal punto di vista urbanistico, come nel capitolo “Torino barocca”, omaggio allo stile che ha dominato nell’arte e nell’architettura nel periodo di trasformazione della città da piccolo centro ancora stretto nelle mura romane e medievali in capitale d’uno Stato in espansione, pensata dagli architetti sabaudi per celebrare la grandezza di una dinastia in fase di ascesa, ma anche mettendo in luce le tradizioni e le abitudini di vita che, in diversi ambiti, sono state influenzate dalla presenza della Casa Reale di Savoia, dal settore militare, come emerge dal capitolo “Torino, città di caserme”, a quello enogastronomico, in cui la penna di Sarah Scaparone, appassionata di cucina, si sbizzarrisce, conducendo il lettore a respirare le atmosfere ancora intatte dei numerosi caffè storici, frequentati in passato da nobili e borghesi legati alla dinastia, o ad assaporare le tante specialità alimentari la cui origine appare strettamente connessa alla cucina di corte e alle consuetudini dell’aristocrazia piemontese.
Il quadro che Sarah Scaparone tratteggia è quello di una città che, seppure abbia attraversato periodi travagliati e crisi d’identità profonde, come quella dovuta alla perdita del ruolo di capitale, rivestito per secoli, nel 1864, e, più tardi, gli sconquassi sociali e economici causati dal declino dell’impero industriale della Fiat, è sempre riuscita a rimettersi in piedi, con lo sguardo certamente rivolto davanti a sé, ma traendo ogni volta la forza necessaria dal legame con le tradizioni e con le radici culturali e spirituali saldamente ancorate al suo grande passato.
Ne costituisce esempio il capitolo “Il Piemonte e il piemontese in città”, in cui l’autrice evidenzia la vitalità del patrimonio linguistico locale, rappresentato dalla lingua piemontese, che riflette, nella sua genesi e nel suo sviluppo, le vicende storiche del territorio, derivando dall’innesto del latino sul sostrato dell’idioma celtico, e con successivi apporti delle parlate germaniche e, in seguito, della lingua francese, ma soprattutto quello dedicato a “Il rinnovo dei voti di Superga e la Festa degli Stati di Savoia”, incentrato sul recupero, avvenuto in tempi recenti, di una ricorrenza per lungo tempo dimenticata, connessa ai festeggiamenti per la vittoria della “battaglia di Torino”, che segnò la liberazione della città dall’assedio franco-spagnolo del 1706, prefigurando l’ascesa della dinastia ducale sabauda al titolo regio, con l’assegnazione della Sicilia prima (1713) e della Sardegna dopo (1720). Grandioso segno architettonico che richiama quegli avvenimenti è la basilica di Superga, tra i simboli di Torino, che nacque proprio dalla volontà di Vittorio Amedeo II di Savoia di assicurare l’adempimento del voto solenne cui s’era impegnato per ottenere la vittoria contro gli assedianti franco-spagnoli.
Per concludere con le parole di Sarah Scaparone, Torino “è una città che sorprende, in cui bisogna credere e che è da vedere e da gustare; una città fedele alle proprie tradizioni, ma che ha la straordinaria capacità di guardare sempre al futuro”.