Gustavo Rol, il sensitivo senza tempo della Torino degli Anni Trenta
TORINO. Misteriosa per eccellenza, Torino ha dato i natali nel 1903, e salutato nel 1994, una tra le personalità rimasta ancora oggi senza tempo: Gustavo Rol. Riconosciuto come figura spirituale, in vita ebbe facoltà che trascendevano la realtà visibile. Nel 1927, a seguito di una lunga ricerca, e una crisi mistica, raggiunse l’illuminazione, iniziando a manifestare un’ampia fenomenologia detta “paranormale”, classificata in 49 classi differenti, tra cui chiaroveggenza, telepatia, precognizione, telecinesi, bilocazione, levitazione, viaggi nel tempo, poteri terapeutici. Opponendosi a verifiche scientifiche di ciò che faceva, Rol affermava che i suoi “prodigi” non fossero ripetibili a comando.
Di buona famiglia, e con una vasta cultura, era schivo, amava molto dipingere, suonava il pianoforte e il violino, e possedeva un’eleganza impeccabile e modi all’antica da gentiluomo. Naturalmente, come riportato anche da testimonianze raccolte dal Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze (Cicap), c’era chi pensava che il sensitivo fosse solo un abile prestigiatore, ma egli si riteneva un semplice strumento di Dio, «la grondaia che convoglia l’acqua che cade dal tetto», come amava definirsi, e credeva che tutti gli esseri umani un giorno sarebbero stati come lui, immaginando un’evoluzione dell’umanità verso uno stadio di coscienza superiore.
Da una lettera di Gustavo Adolfo Rol del 9 aprile 1970 a Giorgio di Simone (architetto e ricercatore di parapsicologia):
«Lei avrà compreso che a quelle cose [filosofiche e spirituali] si accede a gradi e non v’è preparazione scientifica che possa sostituire l’intuizione anche se la favorisce in misura immensa. Per quanto riguarda invece i miei esperimenti, voglia credermi, Caro ed Egregio Amico, è solamente attraverso una pratica intuitiva che si può giungere a comprendere ed a realizzare quei fenomeni che a nessuno è dato insegnare od apprendere pedagogicamente. Trovo giusto, legittimo ed onesto il Suo desiderio di ricorrere a metodi puramente obiettivi e scientifici e mi auguro che se la cosa è possibile sia per Lei quella la chiave che Le dischiuda la porta di un così ermetico forziere. Me lo auguro, perché a me che ho battuto una via tanto differente, la fatica è stata, glielo confesso, tremenda e solitaria. Per quanto le mie odierne possibilità giustifichino tanto travaglio, non mi sentirei mai di augurare ad un mio figlio o ad un amico un simile destino; è vero che la contropartita è meravigliosa, però saprebbe chiunque accettare l’annullamento della propria personalità?».
Ogni cosa per Rol aveva il proprio spirito, e l’uomo, oltre all’anima, possedeva uno spirito intelligente, provvisto di coscienza e capacità creative, a differenza dello spirito di tutte le altre cose. Da questo presupposto egli diceva di poter entrare in contatto con spiriti intelligenti durante i suoi esperimenti, interagendo con loro con spontaneità, quasi sotto l’impulso di un ordine ignoto. Era in grado di far spostare da soli alcuni oggetti, disegnare su un foglio solo con la mente, predire avvenimenti, sconsigliare di prendere un aereo, ad esempio.
Scriveva il giornalista Remo Lugli alla fine del 1994:
«Da oltre sessant’anni Rol abitava con la moglie in via Silvio Pellico 31, un grande appartamento dalle cui finestre poteva vedere, vicinissimo, il Parco del Valentino: un palazzo signorile, comodo alle passeggiate in riva al Po, con custode valido per filtrare i molti ammiratori. Non è che Rol fuggisse la gente o si nascondesse, tant’è che aveva anche il numero del telefono sulla guida sotto il suo nome. Soltanto cercava di evitare le perdite di tempo, le chiacchiere inutili, i convenevoli. Chi telefonava non sempre aveva la fortuna di trovarlo in casa: si sentiva rispondere dal maggiordomo o dalla guardarobiera o dalla dama di compagnia della moglie: “il dott. Rol è uscito”, oppure “è a Mentone”, “sarà assente per dieci giorni”. In realtà nella sua casa non c’era maggiordomo, non c’era guardarobiera, né dama di compagnia: in certe ore della giornata c’era una cameriera, che non rispondeva al telefono (come non rispondeva mai la signora Elna). Se qualcuno rispondeva era lui, Gustavo, sotto le spoglie del maggiordomo, della guardarobiera, ecc. ecc. Era abilissimo nelle imitazioni; anche gli amici intimi a volte rimanevano incerti. Altre volte al primo pronto che sentiva dall’altro capo del filo, Gustavo rispondeva con la sua voce, con il suo nome. Perché questi diversi comportamenti? Perché gli bastava udire una parola, anche via filo, del suo interlocutore e già conosceva tante cose di lui; magari prima ancora che quello si mettesse a raccontare, Rol gli diceva: vada da un medico, si faccia fare una lastra allo stomaco. Se rispondeva: “sì, sono Rol” era segno che aveva capito che il suo intervento sarebbe stato utile».