Franco Marmello e la sua infanzia in versi… rigorosamente piemontesi
È tutto spiegato nel sottotitolo: “Poesie del cuore pensate e scritte in lingua piemontese”. Questo il senso e il valore dell’ultima silloge poetica di Franco Marmello, I giugavo ’nsema mi e ti, a cura di Graphot, uscito nel mese di maggio del 2018. Da un lato, il “cuore”, che dà senso a tutto nella vita: in esso sono custoditi (come in uno scrigno prezioso) i ricordi radicati nell’infanzia, fase formativa della personalità di ognuno, che si modella pian piano con la crescita, e che si svela e si rivela poi, nella sua integrale pienezza, nell’età adulta e matura. E dall’altro, la “lingua piemontese”, che con la sua musicalità e la sua assoluta efficacia e completezza espositiva, garantisce un plusvalore di incanto e di malia alla lettura, e al tempo stesso è fortemente rievocativa di un’epoca (quella in cui Marmello era bambino) in cui era molto diffusa e familiare.
Franco Marmello, giornalista, scrittore e poeta, è membro della A.I.F., Associazione Italiana Formatori, responsabile nazionale della Bottega del Cambiamento. Assai noto nell’entourage della cultura e della formazione, contribuisce da decenni, con i suoi scritti e le sue conferenze, a fornire preziosi supporti per formare, perfezionare e indirizzare al meglio quel processo di crescita graduale e naturale, che è insito in ognuno di noi, e i cui primi fondamenti si plasmano nell’epoca della nostra infanzia. Processo che tuttavia ha bisogno di essere costantemente monitorato e indirizzato, affinché ciascuno possa sentirsi al meglio con se stesso e garantisca successo nelle relazioni con il prossimo, in ogni età della vita. L’infanzia di Marmello è stata fortemente formativa: quella casa di ringhiera di Porta Palazzo, con i ballatoi in comune su cui si affacciavano decine di famiglie, che condividevano un’ unica latrina esterna alla turca, è stata crogiolo di incontri, di scambi culturali, di incroci di lingue e di dialetti, di misture di odori di fritto e di bollito, di scoperte di nuovi giochi, di primi litigi, di confidenze, di rivelazioni o di mantenimenti di piccoli segreti infantili, di emozionanti scoperte, di sperimentazioni di sentimenti prima di allora mai provati (passioni, amori, odi, rancori), ma anche di certezze acquisite e di lutti da sedimentare e da elaborare.
Per raccontare tutto ciò, Franco Marmello usa la poesia. La poesia “del cuore”, e lo abbiamo già detto. E ciò sarebbe di per sé già sufficiente per contagiarci e inondarci di emozioni. Marmello ha però pensato, e giustamente, che l’uso della lingua piemontese potesse fornire ai suoi versi (e alla sua particolare poetica) un plusvalore ulteriore, uno smalto aggiuntivo di sincerità, immediatezza, e di fascino. Non si pensi però che questo suo florilegio poetico sia pensato solo per i romantici della piemontesità. No, Marmello − per dare alla “sua” lingua piemontese la forza di un vento gagliardo in grado di spingere la sua poesia al di là dei confini regionali, facendone una koinè idealmente universale − si affida alla penna di Sergio Anrò, a cui fa tradurre in italiano tutte le sue liriche (per ogni poesia, la versione italiana è affiancata, pagina per pagina, a quella originale piemontese), in modo che tutti possano apprezzarne la bellezza e l’intensità.
La raccolta è divisa in quattro sezioni, accomunate da un unico fil rouge: la fluida e avvincente poetica di Marmello, in grado di contagiarci, ad ogni lirica, di profonde suggestioni. Il “Ballatoio” raccoglie le prime emozioni nella casa di ringhiera dove è nato il poeta; il “Cortile” è il “locus”dove Marmello ha trascorso l’infanzia, l’adolescenza e la prima giovinezza; la “Casa in collina” ci coinvolge negli amori del poeta, nei suoi rimpianti e nei suoi tormenti sentimentali; la “Cascina” è la dimora dove ora Marmello vive da diversi anni, tra gioia e malinconia “sostenuto − come lui stesso scrive − dalla benedizione della figlia Muriel, ormai donna”: It divente granda, cita… e tò cel a sarà bleu / na nìvola a peul nen fërmé l’azur”. Fascino e magia di un modo di far poesia che ci incanta.
Franco Marmello, Sergio Anro I giugavo ‘nsema mi e ti, Graphot Editore, maggio 2018, pg. 104, 10 euro
NA CA CON IJ POGIEUJ
Na ca con ij pogeuj, la cort ‘d pera
masnà con ‘l sol ant j’euj e la portiera ch’a rusa s’a fan
un pò ‘d rabel, a crìa, ma peui a l’é dossa come l’amel.
Na ca con ij pogeuj, linseuj tendù
chiel a subia da ‘nt la cort, chila a ven giù
per desse doi basin sota ‘l porton
duminica ‘s vedoma ‘n procission.
A son passà tanti ani …
mi i j’era na masnà
ma ògni tant i penso a cola ca…
Na ca con ij pogieuj, che ‘d personagi
ch’a son passame ‘nt j’euj e coj paragi…
la sèira d’istà a smijava d’esse ‘nt un pais
ant la stra as pijava ‘l fresch ansema a j’amis.
E jer mi i son passà da lì davanti
davanti a col porton im vorìa fermé
ma adess an cola stra a-i é ‘n traffich d l’assident
e ‘n civich a la fame segn ‘d sircolé.
Ciao ca, i l’hai dije, ‘l mond am ciama, i deuvo ‘ndé
arved-se quaiche vòlta ‘nt ij mè pensé.
CASA DI RINGHIERA
Casa di ringhiera, cortile di pietra, bambini con gli occhi di sole
la portinaia che strilla se fanno chiasso, ma in fondo è dolce come miele
Casa di ringhiera, lenzuola stese, dal cortile lui fa un fischio e lei scende
due bacetti sotto il portone: ci vediamo domenica, in processione
Gli anni passano, allora ero bambino
ma spesso penso a quella casa …
Casa di ringhiera, quanti personaggi mi passano negli occhi …
la sera d’estate pareva d’essere in un paese, in strada si prendeva il fresco con gli amici
Ieri sono passato davanti, proprio davanti a quel portone, avrei voluto fermarmi…
ma ora in strada un traffico della malora e il vigile intimava: circolare!
Ciao casa, il mondo mi chiama, devo andare,
ci rivedremo qualche volta nei miei pensieri più belli …