I magnifici 70 anni di Paolino Pulici, per tutti semplicemente Pupi
TORINO. Chi lo direbbe? Puliciclone oggi compie 70 anni. Non sembra vero. Eppure, i conti tornano, perché Pupi è nato il 27 aprile 1950. Lui stesso si meraviglia di come passi il tempo. Con un sorriso ironico, che forse tradisce un pizzico di malinconia, in una recente intervista al giornalista Gianluca Oddenino, mette però le mani avanti: “Non sono vecchio, sono antico”.
In effetti, nessuno meglio di Paolo Pulici, per l’impegno, la grinta, la volontà, la passione profusa in campo e negli allenamenti, identifica la figura ideale del giocatore di “antico stampo”: leale, instancabile, coriaceo e legato alla propria maglia e ai propri colori per sempre.
Pulici, brianzolo di Roncello, arrivò al Torino che aveva 17 anni, prelevato dal Legnano: divenne subito un beniamino per i tifosi che assistevano alle gare delle giovanili granata sul prato del Filadelfia. Il costo di quel promettente giocatore, dallo scatto alla Speedy Gonzales, fu di nove milioncini di allora. Né troppo, né poco: probabilmente il giusto prezzo per una scommessa sul futuro un giovane di cui si parlava molto bene, ma le cui doti erano ancora in parte da scoprire, e che pure poteva rivelarsi deludente. Scommessa che, invece, si dimostrò quanto mai azzeccata e vincente.
Del resto, poco prima che Paolino approdasse al Torino, Helenio Herrera dopo averlo sottoposto ad un provino per farlo entrare nelle fila dell’Inter, lo aveva drasticamente scartato, ritenendolo più idoneo a correre i cento metri su una pista di atletica che a rincorrere il pallone sul prato di un campo di calcio. Certamente, qualche anno dopo, già se ne sarebbe morsicato le dita.
Paolino Pulici, detto “Pupi”, uno tra i campioni del Toro più amati dal popolo granata dopo Superga, è stato definito l’erede di Gigi Riva: entrambi erano cresciuti nel Legnano, e Pulici gli era subentrato in squadra con la stessa maglia, la n° 11.
Torino-Juventus 2-1 (5/11/1972) Radiocronaca di Enrico Ameri (Tutto il calcio minuto per minuto):
Tra l’altro, l’esordio di Paolino in serie A avvenne proprio contro il Cagliari di “Rombo di tuono”. Era il 23 marzo del 1969: Pupi non aveva ancora compiuto 19 anni. Si racconta che Gigi, che considerava Paolino un fratello minore, all’entrata in campo, accompagnandosi con lui con un braccio sulle spalle, gli avesse detto: “Entra tranquillo e fai quello che sei capace; non cercare di strafare, e vedrai che andrà tutto bene”.
Il suo primo gol in granata in serie A arrivò nel finale di quel campionato, il 6 aprile 1969, in uno scontro contro l’Inter, a San Siro. La partita finì 2 a 2, con gol, nell’ordine, di Giacinto Facchetti, Paolino Pulici, rigore di Mario Bertini e pareggio di Giambattista Moschino.
Con all’arrivo al Toro di Ciccio Graziani, nell’estate del 1973, Gustavo Giagnoni intuì che schierare in attacco, al fianco di Pupi, il promettente giocatore di Subiaco prelevato dall’Arezzo poteva essere una mossa vincente. E così in effetti fu: ne nacque una coppia dirompente, scatenata, amalgamata, tanto che quei due vennero presto chiamati i “gemelli del gol”.
Non mancarono tuttavia momenti di difficoltà e di crisi per Pulici: il sanguigno tecnico sardo col colbacco gli fu amico, confidente, e seppe rigenerarlo nello spirito e nei risultati. Ebbe addirittura il coraggio di tenerlo fuori squadra per un mese, obbligandolo ad esercitarsi ad un dopo-scuola di palleggio e di tiri in porta. “Accadeva infatti – ha più volte raccontato Pupi – che quando avevo la palla tra i piedi, tiravo e basta. Senza riflettere. Quelle esercitazioni forzate e supplementari con Ussello, m’hanno aiutato a capire quanto fosse utile unire la precisione alla rapidità del tiro: quando ritornai in squadra, in effetti, mi sentii un altro”.
E i risultati si videro. Eccome. Paolino Pulici vinse per tre volte la classifica dei cannonieri: la prima volta nel 1972/73, con 17 reti (a pari merito con Savoldi del Bologna e Rivera del Milan), poi nel 1974/75 con 18 reti, e infine nel 1975/76, con 21 gol. Lo stesso numero di reti che nel campionato successivo avrebbe segnato il suo gemello Ciccio Graziani, risultando vincitore della classifica dei marcatori.
Dopo Giagnoni, Edmondo Fabbri continuò a schierare la coppia Pulici-Graziani in attacco, ma tenendo Ciccio e Pupi più distanziati tra loro, con Claudio Sala più arretrato al centro, perno di una forbice ideale. Ma fu con l’avvento di Gigi Radice che i Gemelli del gol, riportati in posizione più centrale, diedero il meglio di se stessi, con l’apporto sapiente dei cross di Claudio Sala e di Salvadori.
In tutto, dal 1973-74 al 1980-81, la coppia di bomber granata mise a segno ben 200 reti (rispettivamente, 103 Paolino e 97 Ciccio). Nella sua carriera granata, Pulici, da solo, realizzò la bellezza di 172 gol. Tra i rimpianti di Pupi, resta soprattutto quello essere stato tenuto un po’ a margine della Nazionale di Bearzot, che preferì schierare Bettega al fianco di Graziani. Fu un po’ lo stesso destino, in fondo, di Claudio Sala e del “giaguaro” Castellini, il cui posto in squadra azzurra era “chiuso” da campioni come Causio e Zoff.
Tra i ricordi più belli di Puliciclone, il pallonetto da trenta metri rifilato a Zoff, in un derby rimasto memorabile, quello del 5 novembre 1972: “Io ero sulla sinistra e Agroppi aveva la palla. Gli chiesi di passarmela. Lui mi fece un cenno lasciandomi intendere che dovevo correre più veloce che potevo. Mi voltai di scatto, sorprendendo Spinosi. Sentii il pallone arrivare: lo vidi davanti a me. La porta si avvicinava, ma c’era anche Salvadore, che stava inseguendomi per cercare di chiudermi. Ho visto Zoff uscire: avevo una frazione di secondo per decidere. E così, decisi di tirare, provando a beffarlo con un pallonetto. Alzai le braccia ancor prima che il pallone entrasse in rete: sentivo che era gol, appena calciata la palla. No: non fu un caso!”.
No, non fu un caso, Paolino. Perché tu eri e sei rimasto un grande. A vent’anni come a settant’anni, un ciclone d’amore per il tuo Toro.