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Il 31 gennaio si celebra san Giovanni Bosco

E’ considerato un grande santo sociale, ma anche il “santo dei giovani” per antonomasia. Il suo sistema educativo era basato su tre “pilastri”: ragione, religione e amorevolezza

San Giovanni Bosco, ancor oggi più semplicemente noto come don Bosco, è venerato in tutto il mondo. Nato a  Castelnuovo d’Asti (ora Castelnuovo don Bosco) il 16 agosto 1815 morì a Torino il  31 gennaio1888. Fu il fondatore delle Congregazioni dei Salesiani (1854) e delle Figlie di Maria Ausiliatrice (1872), quest’ultima con Maria Mazzarello. È stato canonizzato da papa Pio XI nel 1934.

A Porta Palazzo, a San Salvario e in altri quartieri popolari di Torino, entrò in contatto con la dura realtà del diffusissimo lavoro giovanile, un vero sfruttamento di fanciulli e ragazzi, orfani, o abbandonati a se stessi perché le loro famiglie non erano in grado di mantenerli. Don Bosco si attivò per dare loro un’adeguata preparazione professionale, un tetto, pasti adeguati, e l’assistenza spirituale. Si occupò anche del recupero dei giovani già detenuti nel Riformatorio.

Nel 1846 fondò il suo primo Oratorio (la Tettoia PInardi a Valdocco);  nel 1864 venne posata, per iniziativa di don Bosco, la prima pietra del Santuario di  Maria Ausiliatrice. A partire dal 1875 diede impulso alle prime missioni salesiane in Argentina. Fu autore di un’ampia produzione libraria: opere sulla vita dei Santi, dei papi, testi di Storia Sacra, testi scientifici, come L’aritmetica ed il sistema metrico; fu compositore di laudi sacre e autore di brani musicali, nonché di molti testi per la formazione spirituale e morale dei fanciulli, come Il Giovane provveduto.

Fu lo stesso don Bosco a definire il proprio metodo educativo un “sistema preventivo” di crescita e formazione: i giovani, spesso sbandati e abbandonati al loro destino, venivano accolti nella grande famiglia salesiana in un ambiente caloroso e amorevole, e incoraggiati a dare il meglio di sé, nella presa di coscienza delle loro qualità e predisposizioni professionali, ma anche dei propri limiti.

Propongo ora ai lettori di Piemonte Top News una mia poesia in Lingua Piemontese (don Bosco parlava correntemente il piemontese: teneva spesso omelie in piemontese, e ci ha lasciato anche alcune poesie in lingua regionale) dedicata a questo grande Santo. In nota, a pié di pagina, c’è anche la versione in italiano.

Don Bòsch (*)

L’é don Bòsch pròpi ‘n gran Sant: / l’é na stèila luminosa, / dël Piemont ël pì bel vant: / la soa lus l’é strepitosa. // Për mi a resta mach “don Bòsch”, / con la vesta e ‘l colarin / con la brëtta  co’ ’l napin / – l’é parèj ch’i lo cognòss – // la cirià dzora ’l copin, / ël breviari tra le man: / tut ël rest son mach paròle / dite ’d tròp: son veuide e van-e. // Un magìster, confident, / ch’a piasìa tant a la gent, / con d’antorn tante maraje, / tira fòra da le stra: // tuti quant j’ero content. / Con amor, chiel a-j cudiss: / un consèj e ’n bel soris, / ch’a-j risplend sempre sla cera. // A-j anandia sël travaj, / ij sò euj son mach për lor, / l’ha për tuti n’orassion / a la sèira e la matin. // Orfanej e carcerà / manovaj, spaciafornej, / le masnà pì disperà: / j’é don Bòsch ch’a stà davzin. // E dai Bèch, da Castelneuv / a Turin, ant l’Argentin-a / la soa fama, sclinta, fin-a, / l’é spantiasse ant ël Mond Neuv. // Quand che doi fasìo le spluve / con un gieugh da scamoteur, / a tirava l’atension: / e parèj finìo le ruse. // A dì ‘l bin peui j’anvitava / prima ch’as fasèissa sèira. / Chiel savìa cò a l’é fatiga, / ma però, ’s fërmava mai; // a Moncuch come garson / l’é cò stàit sota padron. / Meditava ij sò pensé / ant jë studi fàit a Cher. // Con la guida dël Cafass, / l’ha peui fàit ël sò grand pass: / e così l’hà pijà la còta: / mach la fé l’avìa për dòta. // Dova a-i era l’Oratòri, / (la travà ciamà Pinardi) / tra j’erbass, j’ortije e ij card, / a-i é adess un gran Santuari: / an sla cùpola dla cesa,con rifless color d’aram, / j’é Marìa Ausiliatris, / che Turin a benediss // dal col vej quarté ’d Valdòch. / E chi a passa giù da là / (e don Bòsch, chiel a lo sà) / ëd col Sant a sent ël toch, //sò respir, la soa preghiera, / la presensa viva e vera.

Sergio Donna

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(*) Don Bosco

È don Bosco un grande Santo, / una stella luminosa, / del Piemonte un grande vanto, / una luce strepitosa. // Ma per me resta “don Bosco”, / con la cotta e il collarino, / la berretta col nappino / – è così che lo conosco – // con la chierica alla nuca / ed in mano il suo breviario: / tutto il resto è fanfaluca, / è superfluo e voluttuario. // Un maestro, un confidente, / benvoluto dalla gente, / con intorno i ragazzini, / che sorridono genuini, // prelevati dalla strada. / Con amore, ad essi, bada: / un consiglio ed un sorriso, / che gli splende sempre in viso. // Instradandoli al lavoro, / non ha occhi che per loro, / e per tutti una preghiera, / al mattino, come a sera. // Orfanello, carcerato, / manoval, spazzacamino, / a ogni bimbo disperato, / c’è don Bosco a lui vicino. // Fin dai Becchi e Castelnuovo, / a Torino, all’Argentina, / la sua eco cristallina / s’è diffusa al Mondo Nuovo. // Se tra due c’era un litigio, / con un gioco di prestigio / attirava l’attenzione / e finiva la tenzone: // li induceva alla preghiera, / prima che calasse sera. / Lui conobbe la fatica, / non si risparmiava mica: // lavorò come garzone / a Moncucco, col padrone. / Meditava i suoi pensieri / negli studi in quel di Chieri. // Con la guida del Cafasso, / poi lui fece il grande passo / e divenne sacerdote: / la sua fede come dote. // Dove c’era l’oratorio, / (la tettoia di Pinardi) / tra le erbacce, ortiche e cardi, / ora s’erge un gran Santuario: // sulla cupola di rame, / dai riflessi verderame, / c’e Maria Ausiliatrice, / che Torino benedice // dal quartiere di Valdocco. / E chi passa per di là / (e don Bosco, lui, lo sa) / di quel Santo sente il tocco, / il respiro, la preghiera, /la presenza viva e vera. (S.D.)

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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