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Caffè Torino di Piazza San Carlo, un connubio perfetto tra barocco piemontese e liberty

TORINO. Non posso esimermi, su questo quotidiano on line, dall’accompagnare i miei affezionati Lettori al Caffè Torino, al civico 104 di Piazza San Carlo, nel cuore del “salotto della città”. Sull’aulica piazza porticata si affacciano sì e no cinque o sei portoni e poco meno di un paio di decine di negozi, per cui qualcuno dei miei fedeli Lettori – che a forza di leggermi sulle pagine di Piemonte Top News è ormai entrato con me in una più che naturale confidenza – potrebbe chiedermi: ”Come si spiega  che ai palazzi della piazza siano stati attribuiti dei numeri civici così elevati?”. Semplice, rispondo io: ciò si spiega col fatto che se originariamente i portoni e i negozi della piazza avevano una numerazione autonoma, a partire dagli Anni Trenta del Novecento la numerazione prosegue invece idealmente con quella dei palazzi e dei locali commerciali di Via Roma, in direzione di Porta Nuova: i numeri pari, volgendo la schiena a Piazza Castello, sono posizionati sul lato destro; quelli dispari sono invece destinati ai palazzi del lato sinistro.

Un’immagine del locale di piazza San Carlo del 1963

Detto ciò, il civico 104 è facilmente identificabile per la presenza di un grande toro rampante in ottone incastonato tra le lose del sottoportico. È lì da decine di anni e su di esso sono transitate milioni di suole, spesso inconsapevoli di calpestarlo, soprattutto se quei passanti non rivolgevano lo sguardo a terra, indirizzandolo piuttosto ad ammirare gli scorci della piazza tra portico e portico, a curiosare tra le vetrine, o a inseguire con un’occhiata furtiva l’eleganza delle belle tòte e madamin in transito in quei paraggi.

Poi, però, qualcuno ha cominciato ad affermare che calpestare volutamente gli attributi di quel toro sarebbe stato di buon auspicio per chi lo faceva. E così, un po’ alla volta, quel gesto scaramantico è diventato una moda. E lo dimostra il fatto che il basso ventre del toro è ormai frusto e avallato, e presenta una concavità profonda e marcata. C’è chi ci crede. C’è chi non ci crede, ma ripetere quel gesto non costa nulla e visto che non ci sono controindicazioni, nel dubbio fatelo anche voi. Quando passo di lì, io non manco mai di esimermene.

Quel toro è un punto cospicuo di riferimento, perché è posizionato proprio di fronte al Caffè Torino. Le vetrine del locale sono sempre state magnetiche: fin dal lontano 1903 hanno sempre catturato la curiosità dei passanti e dei turisti. Composizioni artisticamente allestite fanno bella mostra di sé in una girandola di esposizioni che cambia scenografia a seconda delle stagioni: bignòle, scatole di cioccolatini, marrons glacés, giandujotti, caramelle, uova di Pasqua decorate, panettoni rivestiti di glassa, tavolette di cioccolato al latte o fondente, cui fanno corona soggetti da vetrina accattivanti e curati con arte e perizia. E non è certo un caso se alcune foto delle vetrine del Caffè Torino sono state pubblicate su Life, una delle più prestigiosa riviste internazionali.

Alla pari di tanti altre botteghe o caffè storici presenti sulla piazza, il Caffè Torino è uno dei salotti più ricercati della città: un salotto nel salotto. Fu frequentato da Umberto, Principe di Piemonte e da sua moglie Maria José, ma anche da eminenti politici, scrittori e intellettuali, artisti e stelle del cinema: come Cesare Pavese, Luigi Einaudi e De Gasperi. E ancora: James Stewart, Ava Gardner e Walter Chiari, Brigitte Bardot ed attori nostrani come Carlo Dapporto, Carlo Campanini ed Erminio Macario.

L’ambiente suddiviso in una sala più ariosa e in altre tre salette attigue più raccolte, spicca per gli arredi in elegante barocco piemontese: ricco, ma non ampolloso, con armoniche boiserie in noce nostrano di altezza di 1 metro e 20 cm., dai pannelli movimentati in massello, sovrastati da graziose tappezzerie in stoffa, su cui poggiano specchiere dorate, dalle ampie cimase, consolles con i ripiani in marmo macchia vecchia (macia veja) o in marmo nero, con modanature a tratti lineari e a tratti curvilinee: tutto è curato, anche nei minimi particolari, come i graziosi lampadari in stile Maria Teresa, o quell’artistico porta-ombrelli barocco posizionato a lato della porta d’ingresso al locale, che non potrebbe trovare un’allocazione migliore.

Ai soffitti, versi di Dante, curiosi aforismi e salaci epigrammi invitano a riflettere sui valori dell’esistenza, mentre lo scenografico scalone arcuato e sinuoso che porta al piano superiore, con la luminosa e variopinta vetrata di sottofondo, in perfetto stile liberty, è il connubio ideale tra il barocco piemontese del Seicento e l’incantevole stile floreale torinese d’inizio secolo.

Sergio Donna

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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