Il magico mondo della motocicletta raccontato in una mostra-happening alla Venaria
Dal 18 luglio, una rassegna che non solo indaga sulle varie componenti produttive e stilistiche, ma soprattutto i suoi significati antropologici di “fuga dal mondo”, di “libertà” e di “corsa verso l’ignoto”
VENARIA. Il chopper di Easy Rider, la Triumph Bonneville che Steve McQueen guidava nel film La Grande Fuga. E poi i bolidi da gran premio, la MV Agusta di Giacomo Agostini, la Yamaha di Valentino Rossi e la Ducati di Casey Stoner. Sono solo alcuni degli oltre cinquanta modelli di moto esposti nella mostra Easy Rider, il mito della motocicletta come arte, ospitata nella Citroneria e nelle Scuderie Juvarriane della Venaria Reale dal 18 luglio al 24 febbraio, con orario dalle 10 alle 18. La mostra-happening racconta il magico mondo della motocicletta indagandone le varie componenti produttive e stilistiche, ma soprattutto i suoi significati antropologici di “fuga dal mondo”, di “libertà” e di “corsa verso l’ignoto”.
Vent’anni dopo l’esposizione The Art of Motorcycle al Guggenheim di New York, la Reggia di Venaria compie di fatto quella stessa ambiziosa operazione, del mettere insieme moto e arte. La grande esposizione, curata Luca Beatrice, Stefano Fassone e Arnaldo Colasanti, punta su un allestimento ad hoc, suddiviso in quattro grandi aree tematiche: “Stile, forma e design italiano” (protagoniste Ducati, Gilera, Moto Guzzi), “Sì viaggiare” (dedicata a marchi di moto per lunghi viaggi, come Harley Davidson, Norton, BMW), “Mal d’Africa” (Yamaha, KTM e le “atlete” dei percorsi più duri) e “Il Giappone e la tecnologia” (con Suzuki, Honda, Kawasaki, Yamaha). All’interno di queste aree a sua volta si sviluppano ben nove sezioni all’internod elle quali troviamo anche opere d’arte in dialogo con i bolidi, come Accelerazione = sogno di Mario Merz e Rosso Guzzi e Rosso Gilera di Alighiero Boetti. Notevole, anche, la serie fotografica inedita di Gianni Piacentini, High Speed Memories, con scatti realizzati tra il 1971 e il 1976. E non mancano le suggestioni legate alla Vespa che lo scrittore Giorgio Bettinelli utilizzò per percorrere i 24.000 km che separato Roma da Saigon, esperienza poi raccontata nei suoi libri.